Commento alle charts "Riavviare la crescita, il ruolo delle professioni nel terziario di mercato"

Commento alle charts "Riavviare la crescita, il ruolo delle professioni nel terziario di mercato"

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12 ottobre 2016

CHART 1 – IL REDDITO DEGLI ITALIANI È TORNATO INDIETRO DI 20 ANNI

La crescita di lungo periodo evidenzia i ritardi e le fragilità della nostra economia che non riesce a ripartire. Il Pil pro capite misurato in termini reali, cioè al netto della variazione dei prezzi, fatto pari a 100 il livello del 1960, è cresciuto ad un buon ritmo sino al 2007, anche più velocemente di quello di Germania e Stati Uniti. Ma dopo la pesante recessione del 2009 è iniziata una fase di regresso, mentre le altre principali economie avanzate hanno riavviato un ciclo espansivo a partire dal 2010. Nel 2015, l'indice del Pil reale pro capite italiano è risultato inferiore di ben 11 punti percentuali rispetto al 2007, attestandosi sugli stessi livelli del 1997: il reddito reale di ogni italiano è tornato indietro di 20 anni.

CHART 2 – IN 50 ANNI IN ITALIA L'OCCUPAZIONE È CRESCIUTA DEL 17%; IN FRANCIA E GERMANIA DI OLTRE IL 30%

Il pesante deficit di crescita ha accentuato i problemi del nostro mercato del lavoro, considerando che in un arco temporale di oltre mezzo secolo la dinamica dell'occupazione si è mossa con tassi assai modesti. Tra l'inizio degli anni sessanta del secolo scorso e il 2015, l'incremento cumulato degli occupati totali è stato solo del 17%, un ritmo di circa 64mila posti di lavoro l'anno. Nello stesso periodo di tempo, Francia e Regno Unito hanno evidenziato un incremento pressoché doppio, al pari della Germania, che tuttavia presenta una dimensione di popolazione maggiore di un terzo. Ovviamente, il confronto con gli USA va fatto tenendo conto della diversa popolazione. Se si sommano gli occupati dei 4 paesi europei, si ottiene un mercato del lavoro confrontabile con quello americano. Negli oltre 50 anni considerati, la crescita cumulata della somma degli occupati dei 4 europei è stata del +30%, contro il circa +120% degli USA, vale a dire poco più di 520mila posti di lavoro l'anno, rispetto ai quasi 1,5 milioni degli Stati Uniti. Si tratta di differenti performance di lungo periodo delle due aree economiche, che riflettono anche i diversi assetti organizzativi e istituzionali secondo il modello economico prevalente.

CHART 3 – L'OCCUPAZIONE CRESCE NEL TERZIARIO: DAL 1960 (33,2%) AD OGGI (72,9%) È PIÙ CHE RADDOPPIATA

Le debolezze strutturali della nostra economia non hanno comunque impedito che dall'anno convenzionalmente considerato come di avvio del boom economico, si realizzasse uno processo spinto e, per certi versi, impetuoso di terziarizzazione del sistema produttivo italiano, in linea con le altre economie avanzate. Il confronto internazionale con Germania e Stati Uniti ne mostra, tuttavia, le sensibili differenze. In sintesi, nell'arco degli ultimi cinquant'anni, l'occupazione agricola si è ridotta a poco più di un decimo della sua quota iniziale, il peso dell'industria si è contratto di circa otto punti e la quota dei servizi (comprensiva della P.A.) si è più che raddoppiata, arrivando a sfiorare il 73%. Un processo quello italiano, dunque, molto più rapido di quello di Germania e USA proprio perché partito da situazioni di maggiore arretratezza. Ma il dato di questi due paesi dimostra, nel contempo, che esistono ancora margini interessanti di espansione dell'economia dei servizi.

CHART 4 –  IN ITALIA 1/4 DEGLI OCCUPATI COMPLESSIVI SONO LAVORATORI AUTONOMI; IL DOPPIO RISPETTO A FRANCIA E GERMANIA 

Se dunque l'occupazione è incontestabilmente terziaria, è altrettanto vero che sotto il profilo occupazionale la componente del lavoro autonomo riveste nel nostro paese un ruolo ancora molto incisivo. Nella graduatoria con la gran parte dei paesi UE (esclusi i minori) e con gli Stati Uniti relativa al 2015, l'Italia si colloca al quarto posto, con oltre il 25% degli occupati come lavoratori indipendenti, circa 6,2 milioni di persone. È una quota più che doppia di quella di Francia, Germania e Regno Unito e vale circa quattro volte quella degli USA. Se poi all'interno dell'ampio segmento degli occupati indipendenti si focalizza l'attenzione sui liberi professionisti, relativamente alle branche dove risultano maggiormente presenti, il confronto con Germania e Regno Unito mostra due evidenze: 1) la minore numerosità in termini assoluti e relativi dei professionisti in Italia, che valgono solo il 18% degli occupati indipendenti, contro quasi il 74% della Germania e il 63% circa del Regno Unito; 2) una struttura quasi atomizzata dei professionisti nel nostro paese secondo la dimensione per classi di addetti, con quasi il 48% sotto forma di impresa individuale (0-1 addetti), laddove invece per Germania e Regno Unito si hanno percentuali al di sotto del 10%. Esistono, dunque, ampi spazi per un'espansione dell'area delle professioni e per trasformazioni nell'organizzazione produttiva delle imprese individuali verso forme associative più articolate ed avanzate.

CHART 5 – CRESCONO I PROFESSIONISTI, SOPRATTUTTO I NON ORDINISTICI (+48,8% IN 5 ANNI), IN CONTROTENDENZA RISPETTO AL CALO DELLE ALTRE COMPONENTI OCCUPAZIONALI 

Se dall'analisi basata sui confronti internazionali si passa ora a focalizzare l'attenzione sullo specifico italiano, il fatto che sussistano ampi margini di espansione per il settore delle professioni è dimostrato dall'andamento dell'occupazione secondo la posizione lavorativa (cioè dipendenti e indipendenti) proprio durante la lunga fase di recessione-stagnazione a partire dal 2008. Tutte le componenti dell'occupazione hanno evidenziato una forte contrazione tra il 2008 e il 2014: oltre 800mila posti di lavoro persi nel complesso, di cui poco meno di metà - cioè oltre 430mila - tra i dipendenti e quasi 380mila tra gli indipendenti. Per contro, i liberi professionisti hanno evidenziato un andamento anticiclico, con una crescita di quasi 130mila unità nel periodo considerato, che ne ha aumentato l'incidenza sul totale di quasi un punto, portandola al 5,8%. Ma il dato davvero interessante e per certi versi sorprendente è che l'85% della crescita dei professionisti è ascrivibile ai cosiddetti non ordinistici (+111mila unità), ossia quasi il 49% in più in termini cumulati rispetto al 2008. Complessivamente, per delineare l'ampiezza di questo segmento occupazionale all'interno dei professionisti, si è fatto riferimento a quei soggetti che esercitano abitualmente un'arte o una professione secondo la definizione dell'art. 50 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sul Reddito) e che risultano iscritti, per gli obblighi previdenziali, alla Gestione Separata dell'INPS. Nella nostra analisi sono stati utilizzati i dati fornitici dal Dipartimento delle Finanze derivanti dalla dichiarazioni fiscali, che risultano di un ordine di grandezza assolutamente compatibile con quello degli archivi INPS e che vale poco meno di 340mila soggetti nel 2014.

CHART 6 – NELLA STAGNAZIONE IL REDDITO PRODOTTO DAI PROFESSIONISTI NON ORDINISTICI E' L'UNICO AD ESSERE CRESCIUTO SIGNIFICATIVAMENTE  (+ 15,6%)

Anche riguardo al reddito prodotto, si delineano evidenze simili a quelle del fronte occupazionale. Tra il 2008 e il 2014, il reddito da lavoro e impresa ha accusato una flessione di oltre sei punti percentuali, in realtà tutta determinata dalla pesante contrazione del reddito di  impresa (-12,0%), poiché sostanzialmente le retribuzioni dei dipendenti sono rimaste invariate (+0,1%). Nell'ambito del reddito dei professionisti, anch'esso stabile nel periodo, la componente degli ordinistici è risultata penalizzata dalla crisi, con una flessione di quasi due punti percentuali, mentre il segmento dei non ordinistici si è mostrato come l'unico fortemente dinamico, al punto da accrescere il reddito complessivamente prodotto di quasi il 16%, passando dai 4,9 miliardi del 2008 ai 5,6 miliardi del 2014, con un lieve incremento di incidenza sul totale dei redditi da lavoro e impresa.

CHART 7 – IN FLESSIONE IL REDDITO PRO CAPITE DEI PROFESSIONISTI NON ORDINISTICI (- 22% IN 5 ANNI) CHE È CIRCA 1/3 DI QUELLO DEGLI ORDINISTICI

Nella produzione del reddito in termini aggregati, pur avendo fornito i professionisti non ordinistici un contributo ampiamente positivo e, soprattutto, in solitaria controtendenza rispetto alle altre forme di occupazione, sotto il profilo invece delle performance individuali, cioè in termini pro capite, la situazione si manifesta in modo assai meno brillante. Il reddito individuale dei non ordinistici nel 2014 è stato pari a poco più di 16.600 euro, circa un terzo di quello dei professionisti ordinistici e oltre quattro volte inferiore a quello medio di impresa. Posto pari a 100 il reddito medio individuale da lavoro e impresa, quello dei non ordinistici risulta inferiore di circa il 60%. In realtà, nel periodo tra il 2008 e il 2014, contrassegnato da alternanza di fasi recessive e di bassissima crescita, tutti i redditi pro capite si sono contratti, tranne le retribuzioni dei dipendenti, e in particolar modo quello dei liberi professionisti (-10% circa cumulato), con i non ordinistici ad evidenziare una flessione a due cifre (-22%). Su questo dato, probabilmente, hanno pesato proprio il descritto incremento, quasi esplosivo, nella numerosità di questa forma occupazionale, anche come settore-rifugio rispetto alla prolungata e acuta fase di crisi. Di fatto, si è determinato un aumento della pressione concorrenziale in un ristretto segmento del mercato del lavoro privo di barriere all'entrata e all'uscita, che ha costretto ad una riduzione dei prezzi unitari delle prestazioni professionali al fine di non perdere posizioni acquisite, traducendosi inevitabilmente in una contrazione dal lato dei redditi individuali.

CHART 8 – IL 99% DEI PROFESSIONISTI NON ORDINISTICI LAVORANO NEI SERVIZI 

Se queste sono le performance economiche dei non ordinistici complessivamente considerati, è interessante procedere a qualche considerazione in ordine sparso sulla loro distribuzione all'interno delle principali branche produttive dei servizi, in termini di numerosità e di reddito individuale. Sicuramente si può affermare che circa il 99% dei professionisti non ordinistici si collochi all'interno dei servizi. Il comparto a presenza maggioritaria è proprio quello della Sezione M Ateco, cioè le attività professionali, scientifiche e tecniche, che ne assorbono più del 53%, paria quasi 180mila soggetti e con la maggior variazione assoluta rispetto al 2008, ossia più di 55mila unità. In termini relativi, invece, il maggior incremento, +78% circa, è della Sezione Q, quella di sanità e assistenza sociale, la seconda comunque in ordine di numerosità (quasi 52mila professionisti), corrispondente ad una quota di oltre il 15% del totale.

CHART 9 – L'IMMOBILIARE E L'INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE SONO I SETTORI PIÙ REMUNERATIVI PER I PROFESSIONISTI NON ORDINISTICI (OLTRE 20MILA EURO DI REDDITO PRO CAPITE) 

Sotto il profilo, invece, dei redditi individuali, il primato spetta alla Sezione L, delle attività immobiliari, con quasi 21mila euro di reddito pro capite nel 2014, subito seguita dalla Sezione J (servizi di informazione e comunicazione), con un reddito pro capite di oltre 20mila euro. Poco superiore ai 18mila euro è, invece, il reddito pro capite delle attività professionali, scientifiche e tecniche (Sezione M). Posto pari a 100 il reddito pro capite medio di tutti i professionisti non ordinistici, le Sezioni J, L e M sono le uniche a risultare superiori alla media di 16.600 euro, con uno scarto positivo del 25% delle attività immobiliari, mentre le rimanenti branche evidenziano tutte valori dei redditi individuali inferiori, con il settore dell'istruzione fanalino di coda, con un reddito pro capite inferiore ai 10mila euro, pari ad appena il 55% della media nazionale.

CHART 10 – TRA LE VARIE TIPOLOGIE DI PROFESSIONISTI NON ORDINISTICI, I CONSULENTI D'IMPRESA, AMMINISTRATIVO-GESTIONALI E PIANIFICAZIONE AZIENDALE GUADAGNANO DI PIÙ (OLTRE 24MILA EURO DI REDDITO PRO CAPITE)

Infine, si può provare a gettare uno sguardo esemplificativo su alcune profili specifici dei professionisti non ordinistici, tra quelli di maggiore interesse per Confcommercio Professioni, indicando approssimativamente all'interno della voce più aggregata Ateco quale potrebbe essere il reddito prodotto in termini individuali, come nel caso dei valori più elevati, superiori ai 21mila euro per progettazione e personalizzazione di software, database e pagine web e per attività degli studi commerciali, tributari e revisione contabile (tributaristi) o superiori ai 24mila euro per attività di consulenza gestionale come consulenti d'impresa, amministrativo-gestionali e pianificazione aziendale.

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