I giovani e il futuro del paese (Forum Giovani Imprenditori, III edizione)

I giovani e il futuro del paese (Forum Giovani Imprenditori, III edizione)

Palazzo "Ca' Corner", Venezia, 17 e 18 settembre 2010

DateFormat

20 settembre 2010

Programma dei lavori

Venerdì, 17 settembre 2010

 

I GIOVANI E IL CAMBIAMENTO

  • Moderatore: Nicola Porro – Vicedirettore, Il Giornale
  • Luis Iurcovich – Amministratore Delegato, Trasversale
  • Flaviano Celaschi – Politecnico di Milano
  • Dibattito
  • Tom Mockridge – Amministratore Delegato, Sky Italia

I GIOVANI E LA POLITICA

  • Moderatore: Nicola Porro – Vicedirettore, Il Giornale
  • Raffaele Bonanni – Segretario Generale, CISL
  • Anna Finocchiaro – Presidente del Gruppo PD, Senato della Repubblica
  • Francesco Rutelli – Presidente, Alleanza per l’Italia; Senato della Repubblica
  • Dibattito

Sabato, 18 settembre 2010

I GIOVANI E IL LAVORO

  • Presentazione dell’indagine sui Giovani 2010
  • Moderatore: Attilio Romita – Giornalista, Rai
  • Michele Tiraboschi – Università di Modena e Reggio Emilia
  • Tiziano Treu – Vicepresidente, Commissione Lavoro e Previdenza Sociale, Senato della Repubblica
  • Francesco Morace – Presidente, Future Concept Lab
  • Edoardo Nesi – Imprenditore e Scrittore
  • Dibattito
  • Intervento del Ministro per le Politiche Europee: Andrea Ronchi

I GIOVANI E L’IMPRESA

  • Moderatore: Attilio Romita – Giornalista, Rai
  • Stefano Zamagni – John Hopkins University, Bologna Center
  • Enzo Rullani – Venice International University
  • Edoardo Narduzzi – Presidente, Techedge
  • Dibattito
  • Intervento del Vice Ministro allo Sviluppo Economico: Paolo Romani 

Conclusione dei lavori

 

La registrazione audio del Forum su Radio Radicale

* * *

Discorso di apertura del Presidente dei Giovani imprenditori, Paolo Galimberti

Cari amici,
grazie, innanzitutto, della vostra numerosa presenza a questa terza edizione del nostro Forum. È certamente un segnale – visto anche il successo delle due precedenti edizioni – di un crescente interesse dei Giovani di Confcommercio nei confronti di temi e questioni che, indubbiamente, stanno molto a cuore proprio e soprattutto a chi fa impresa, a chi vive di impresa.

Il Gruppo Nazionale dei Giovani Imprenditori – spendo solo poche parole di presentazione – è nato nel 1988 e rappresenta circa 250.000 operatori del terziario.

È presente in tutte le Regioni italiane e, attraverso le strutture provinciali, riunisce più di 130 categorie appartenenti ai settori del commercio, del turismo e dei servizi rappresentative delle piccole e medie imprese di Confcommercio.

La base associativa del gruppo è costituita dagli imprenditori “under 40” dei quali circa la metà ha fondato la propria azienda.

Ecco, questi siamo noi ed oggi ci ritroviamo qui a Venezia per dare inizio a questa due giorni di lavori dal titolo “I giovani: il futuro del Paese”, in cui avremo modo di sviluppare – grazie anche ai contributi degli autorevoli relatori che seguiranno – un dibattito ricco di riflessioni, di spunti e di approfondimenti sui temi del cambiamento, della politica, del lavoro e delle imprese. Ma soprattutto con un occhio di riguardo all’analisi dell’attuale situazione economica vista anche nella prospettiva di una crescita ancora lenta e fragile con cui oggi ci stiamo confrontando.

Uno scenario in cui, dunque, non sono ancora stati smaltiti del tutto gli effetti negativi della crisi. Per il 2010 il nostro Ufficio Studi prevede, infatti, un incremento del Pil pari allo 0,7% e dei consumi pari allo 0,4%. E nel 2011 entrambi gli indicatori dovrebbero attestarsi intorno all’1%.

Dobbiamo, dunque, necessariamente intervenire su questa prospettiva di bassa crescita che è il nostro vero tallone d’Achille.

Ma su cosa occorre puntare per imboccare un sentiero di crescita più robusta e duratura?

La risposta, forse scontata, è nota: rafforzare la produttività e sospingere l’innovazione.

Elementi chiave per mettere le imprese, di tutte le dimensioni, in condizioni di poter crescere e competere meglio.

Più produttività, dunque, anche per rafforzare il reddito dei lavoratori e per favorire nuova occupazione.

E più innovazione che, se in passato era appannaggio solo delle grandi imprese, oggi con la terziarizzazione dell’economia appartiene anche, e soprattutto, alle Pmi e si manifesta con modalità nuove e diverse. Tuttavia, le Pmi sono troppo poche anche per via di un ricambio generazionale che risulta difficile.

Affinchè questo sistema di imprese pesi di più, è necessario mettere in condizione le imprese di micro e piccole dimensioni di salire di un gradino nella scala dimensionale. Condicio sine qua non è il capitale imprenditoriale. Ed è questo che chiede e di cui ha bisogno l’economia dei servizi. Perché più capitale imprenditoriale significa più giovani imprenditori e più opportunità di lavoro.

Altrimenti, anche alla luce dell’invecchiamento della popolazione, il vivaio di giovani imprenditori rischia di ridursi e, pertanto, va coltivato in modo appropriato per far emergere le eccellenze e per permettere di introdurre linfa vitale nel nostro sistema economico.

Ma non voglio dilungarmi oltre anche perché a questo proposito e sul tema più generale della ripresa e degli scenari economici ascolteremo adesso il Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che desidero davvero ringraziare – a nome dei Giovani Imprenditori di Confcommercio-Imprese per l’Italia e della Confederazione tutta – per avere accettato l’invito ad intervenire a questo nostro Forum.

È un ringraziamento sentito e che vorrei provare a motivare con qualche considerazione introduttiva.

Dicendo, dunque ed anzitutto, dell’interesse particolarissimo con cui noi giovani imprenditori abbiamo seguito, in questi anni, la Sua riflessione sulla fine della fiaba della globalizzazione come “cornucopia” del XXI secolo, sul tempo della grande crisi come attraversamento di “terra incognita”, sulla rifondazione della politica europea sul piano della morale e dei principi.

Interesse particolarissimo, perché i giovani che fanno impresa avvertono fortissima l’esigenza di interrogarsi su ciò che verrà: sulla necessità di una politica e di istituzioni adeguate rispetto alla sfida del governo della globalizzazione, ad esempio, così come sull’affermazione di un modello di crescita e di sviluppo fondato sulla rivalutazione delle ragioni dell’economia reale e del lavoro.

Interesse particolarissimo, ancora, perché i giovani che fanno impresa hanno ben presente che – come ha spesso ricordato il Ministro dell’economia – il debito divora il futuro e che, dunque, un futuro più giusto e più prospero non può essere costruito sulla base di un maggiore debito.

Così, nel tempo della crisi, l’Italia ha scelto di esercitare una politica di bilancio sobria ed attenta all’andamento dei conti pubblici, concentrando i propri margini d’intervento sugli strumenti di protezione del capitale umano e sugli strumenti volti a facilitare l’accesso al credito da parte delle imprese.

Oggi, però, è il tempo del ritorno alla crescita. Una crescita da irrobustire, da consolidare, da accelerare, e peraltro ancora esposta a molte incertezze di scenario.

È il momento, in Europa, di un Patto di Stabilità e di Crescita più rigoroso, ma che si apre anche alla prospettiva di una più compiuta politica economica europea finalizzata al perseguimento degli obiettivi di “Europa 2020”.

Perché – cito da una recente intervista resa a “Repubblica” dal Ministro Tremonti – “la stabilità è assolutamente necessaria, ma non è da sola sufficiente”.

Rafforzamento della competitività italiana nel quadro del rafforzamento della competitività europea: ecco, allora, il tema del giorno.

Molto compete alle scelte delle imprese e dei lavoratori, e particolarmente alla loro capacità di fare definitivamente decollare un assetto delle relazioni sindacali e della contrattazione, che metta al centro impegni condivisi per il rafforzamento della produttività e, conseguentemente, per il miglioramento della dinamica salariale.

Ma certamente le politiche pubbliche, le scelte di riforma giocano un ruolo determinante per il rafforzamento della competitività complessiva del sistema-Paese.

Fra tutte, ne cito due, sulle quali, ancora di recente, il Ministro Tremonti è tornato: la riapertura del cantiere della riforma fiscale in parallelo all’avanzamento dell’azione di contrasto e recupero dell’evasione ed al farsi del federalismo fiscale; il Mezzogiorno – a partire dalla sua infrastrutturazione creditizia, tanto più necessaria (o almeno a noi così sembra) nella prospettiva di Basilea 3 – come grande questione nazionale.

Noi – Signor Ministro – la nostra parte cercheremo di farla, nel convincimento che più giovani imprenditori, più giovani imprese significhino, per il Paese nel suo complesso, più crescita, più occupazione, più sviluppo.

A Lei, dunque, la parola, ed ancora grazie per avere accettato il nostro invito.

* * *

INDAGINE SUI GIOVANI

In collaborazione con Format ricerche di mercato
Sintesi per la stampa

I giovani italiani hanno fiducia in ciò che l’avvenire riserva loro. Quasi il 60% di essi ritiene, infatti, che entro i trenta anni riuscirà a svolgere il lavoro che gli piace, quello per il quale hanno studiato, e per il quale si stanno impegnando. Nonostante l’altissimo numero di disoccupati, in particolare in alcune regioni del Mezzogiorno, e degli inoccupati, la gran parte dei giovani, ritiene che in un futuro non necessariamente lontano riuscirà ad avere forse uno status sociale migliore rispetto a quello della propria famiglia di origine, un lavoro di maggiore prestigio, a guadagnare di più rispetto a quanto non guadagnassero i propri genitori.

C’è comunque chi, ed è oltre un quarto dell’universo giovanile (26,5%), al contrario, non sa se e quando riuscirà ad affermarsi nel lavoro e nella professione a cui aspira. Un dato che indica un disagio giovanile certamente da non sottovalutare ma, comunque, meno ampio rispetto al modo con il quale viene spesso dimensionato e dipinto.

In questa visione positiva del futuro circa il lavoro atteso e le prospettive di carriera, quasi un giovane su due (49,4%) fonda queste aspettative su fattori legati alla famiglia e ai propri genitori e, per il 42%, alla rete di relazioni e conoscenze personali o della famiglia; poco più di un giovane su tre (35,6%) ritiene utile, a tal fine, la formazione scolastica e universitaria. Molto basso (15,9%) è, invece, il livello di fiducia nei politici e nella possibilità della politica di influire concretamente sul proprio destino lavorativo o professionale o di contribuire in qualche modo a migliorare la propria condizione sociale.

Proprio nei confronti della politica, la maggior parte dei giovani vive, infatti, un rapporto distante che, per oltre un quarto di essi (26,6%), diventa di assoluta indifferenza.

Anche i giovani imprenditori, non diversamente dagli altri giovani, mostrano una certa distanza dalla politica tant’è che più del 77% di questa categoria è del tutto disinteressato a svolgere attività politica vera e propria.

Una vera e propria disaffezione degli under 30, insomma, che si evince anche da alcuni “comportamenti” significativi: quasi il 63% dei giovani non segue i dibattiti politici, oltre il 40% non parla mai di politica, oltre il 35%, infine, non si informa sulla politica tramite i media, in quest’ultimo caso, soprattutto per mancanza di interesse (55,4%) e di fiducia nella politica (28,8%).

In ogni caso, tra le principali emergenze del Paese, quasi l’80% dei giovani chiede più lavoro, il 32% più meritocrazia.

E a proposito del tipo di lavoro desiderato, una volta entrati nel mondo del lavoro, è ancora il “posto fisso” a riscuotere la maggiore preferenza dei giovani (46,2%), segue la possibilità di svolgere un lavoro autonomo (37,7%) e quella di svolgere un lavoro interessante e in linea con le proprie aspettative (28,5%).

Per quanto riguarda l’intenzione di “fare impresa”, quasi il 16% dei giovani, tra quelli che non sono ancora imprenditori, desidererebbe aprire una propria impresa entro i prossimi cinque anni. Si tratta di un desiderio forte, associato all’idea di mettersi in gioco e di far valere ciò che si è e ciò che si è imparato, spesso con l’esperienza sul campo.

In questo caso, tra i settori in cui si intende avviare la propria attività spiccano quello dei servizi (36,6%), del commercio (18,4%), del turismo (16,7%).

Tra i principali motivi per cui non si intende dar vita ad una propria impresa, la stragrande maggioranza dei giovani indica al primo posto la mancanza di un’idea imprenditoriale (61,6%); molto meno sembrano incidere la mancanza di risorse finanziarie (15,6%) o il timore di mettersi in gioco (13,6%); ancora meno, ed è l’ultima delle motivazioni, l’incertezza economica del paese (2,1%).

Infine, tra le rinunce e i sacrifici che i giovani sono disposti a fare per svolgere il lavoro desiderato o per poter fare carriera, il 38,5% sarebbe disposto a ridurre il proprio tempo libero, il 35% a trasferirsi a tempo indefinito, il 29,8% a rinviare il matrimonio, il 29,7% a spostarsi geograficamente per un periodo limitato, il 24,5% a posticipare l’età in cui avere dei figli.

Scelte in linea, peraltro, con un dato che sembrerebbe smentire la fama di “bamboccioni” dei giovani d’oggi, ovvero quello secondo cui quasi la metà dei giovani (il 45%) è convinto che entro i 30 anni lascerà la propria famiglia di origine per andare a vivere da solo.

* * *

   

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca