"The Store", il commento del presidente Ali Paolo Ambrosini

"The Store", il commento del presidente Ali Paolo Ambrosini

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13 settembre 2017

I libri talvolta sono come un paio d'occhiali che ci permettono di meglio vedere ciò che ci scorre innanzi e questo è sicuramente il caso di The Store il nuovo thriller di James Patterson che arriverà in libreria il 14 settembre per Longanesi.

The Store è il più grande negozio online del mondo che – come recita lo slogan – "sa i tuoi bisogni prima che li sappia tu": non solo può consegnare in tempi brevissimi ogni cosa di cui i clienti hanno necessità grazie all'utilizzo di droni, ma riesce a prevedere e anticipare le esigenze dei consumatori.

Oggi The Store, Amazon,  è una realtà che sta cambiando i comportamenti d'acquisto e che come riportato da recenti notizie di stampa in America sta cambiando radicalmente la struttura commerciale vista la crisi che ha colpito la grande distribuzione organizzata con la chiusura di intere catene e perdita di posti di lavoro.

Dietro il suo successo, c'è sicuramente un elemento di forte innovazione che ne rende più competitiva l'offerta commerciale rispetto agli altri operatori e alla stessa Grande distribuzione; ciò che però per me non è chiaro ai più, e il libro di Patterson in parte lo mette in evidenza, è la conseguenza sulle nostre vite e sul sistema delle imprese e su alcuni importanti principi che sin qui hanno retto le società occidentali.

L'efficienza del suo servizio è infatti frutto anche di:

Condizioni di lavoro: in più occasioni con articoli e libri si è dimostrato che in Amazon i lavoratori devono rinunciare ad alcune delle conquiste ottenute grazie alle lotte sindacali del secolo scorso; tra i lavoratori molto penalizzati sono ad esempio i corrieri che devono garantire tempi di consegna rapidissimi a prezzi sempre più contenuti.

Tassazione: una recente denuncia dei colleghi inglesi, ha dimostrato che nel corso del 2016 Amazon ha aumentato del 54% il suo fatturato in Uk, ma cosa strana ha ridotto di circa il 50% il valore delle imposte pagate, passate da 15,8 mln di sterline del 2015 ai 7.4 mln di sterline del 2016.

La riduzione del costo del lavoro e del livello delle imposte rappresentano due significativi vantaggi competitivi che Amazon oggi ha rispetto al resto delle imprese con le quali si deve confrontare,  vantaggi che le permettono di far pagare meno i suoi servizi e di investire maggiori risorse nello sviluppo delle sue strutture; questo vantaggio competitivo è però pagato da noi tutti con la chiusura  di aziende e la perdita di posti di lavoro, che potranno essere anche ricollocati in Amazon ma con minori tutele sindacali, e quindi con un deterioramento delle condizioni complessive di vita.   Che l'elusione fiscale operata da Amazon, come da altri colossi del web, sia oggi un reale vantaggio competitivo a danno della collettività e della concorrenza di mercato, lo dimostra la recente vicenda che ha visto coinvolta Google Italia che proprio a seguito della transazione con il fisco italiano ( 304 mln di euro) ha dovuto rivedere il suo bilancio 2016 che da attivo ha chiuso in passivo per 60 mln di euro e con un patrimonio netto negativo di 47 mln che ha richiesto un'importante ricapitalizzazione della società controllante per 57 mln, situazione questa che molto probabilmente a detta degli analisti potrebbe ripetersi anche per il 2017.

Oltre a questo però è chiaro che la concentrazione della produzione di ricchezza in operatori che versano meno imposte ha come riflesso meno risorse disponibili per gli investimenti pubblici, con conseguente riduzione di servizi, e ancora quindi con un peggioramento delle condizioni di vita.

E infine il dato per me più preoccupante è  quanto Patterson ci racconta, ovvero che grazie al comportamento del consumatore, Amazon e i grandi store online, conoscono del consumatore i gusti, gli interessi e le inclinazioni e quindi sono in grado di costruire un'offerta commerciale ad hoc.

Alì Baba in Cina, l'altro grande store online, come anche Amazon in Usa, hanno aperto strutture commerciali fisiche nelle quali il mix di offerta tiene conto delle abitudini d'acquisto realizzate nel tempo in un determinato territorio.

Se queste sono le strategie che sottendono agli store online e se quindi al consumatore in un prossimo futuro verranno proposti anche nei negozi fisici acquisti in base ai propri gusti, come possiamo pensare che ci possa essere una crescita, uno sviluppo, se viene a mancare la prima molla per l'innovazione ossia la curiosità, la ricerca del nuovo, del diverso nel nostro quotidiano?

In fondo noi librai, che per primi siamo stati coinvolti dal fenomeno Amazon, possiamo testimoniare come nel tempo il consumatore medio abbia perso la capacità di scoprire il nuovo e si sia rinchiuso nella rincorsa al già visto, al già letto, con una ripercussione preoccupante sul fronte produttivo che questa tendenza ha assecondato;  e solo grazie al nostro lavoro quotidiano fatto di ricerca di nuove voci, nuove idee, queste ancora possono emergere.

Se all'impoverimento culturale aggiungiamo poi che il proprietario di Amazon ha acquistato il più influente quotidiano d'America e che quindi oltre ad indirizzare i comportamenti d'acquisto, può alimentare campagne di stampa magari indirizzate secondo i propri interessi, e che infine Amazon ha un alto valore di capitalizzazione di borsa, ovvero è fortemente sostenuto dal mercato finanziario, abituato, come ben sappiamo a mettere i soldi a fronte di evidenze economiche certe, cosa che non avviene al momento per Amazon, sorge il legittimo sospetto che dietro a tutto questo vi sia un progetto, un'idea di società con al centro i grandi players dell'online che prevaricando tutte le regole della civile convivenza, in primis quelle fiscali e del mondo del lavoro, si arricchiscono alle spalle dei consumatori loro clienti, dando a loro la falsa percezione del risparmio, del vantaggio, ma in realtà privandoli della loro privacy e distruggendo le loro società, quasi come novelli vampiri.

E' tempo credo che le nostre istituzioni aprano gli occhi e cerchino di trovare le misure necessarie per evitare tutto questo, per evitare cioè che oltre alla chiusura di centinaia di migliaia di imprese e oltre alla perdita di posti di lavoro, ad implodere siano le nostre stesse comunità statuali e l'idea di civile convivenza che ne è alla base, con l'affermarsi di organizzazioni sociali rette dai grandi operatori online, o meglio dall'unico grande operatore online," The Store", come Patterson ci racconta nel suo thriller.

 

Paolo Ambrosini, presidente di Ali Confcommercio.

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