Sempre più crisi e fallimenti per le imprese

Sempre più crisi e fallimenti per le imprese

Osservatorio Cerved su "fallimenti, procedure e chiusure di imprese". Nel 2012 sono aumentate sia le crisi di impresa (fallimenti, procedure concorsuali di ristrutturazione di impresa o di altro tipo), sia le liquidazioni: il totale delle chiusure ha toccato quota 104 mila, superando del 2,2% il valore già molto elevato del 2011.

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12 marzo 2013

Nel 2012 sono aumentate sia le crisi di impresa (fallimenti, procedure concorsuali di ristrutturazione di impresa o di altro tipo), sia le liquidazioni: il totale delle chiusure ha toccato quota 104 mila, superando del 2,2% il valore già molto elevato del 2011. Il numero di procedure fallimentari aperte nel 2012 (oltre 12 mila, +2,1%) rappresenta un record, che supera i livelli pre-riforma fallimentare, quando la platea di imprese per cui i tribunali potevano aprire una procedura era più ampia. Nel corso del 2012, i default sono aumentati nei servizi (+3,1%) e nelle costruzioni (+2,7%), mentre la manifattura - pur con un numero di fallimenti che rimane a livelli critici - ha fatto registrare un calo rispetto all'anno precedente (-6,3%). Sono dati del rapporto intitolato "Osservatorio su fallimenti, procedure e chiusure di imprese" stilato da Cerved-Group (costituito nel 2009 dai fondi di private equity Bain Capital attraverso la fusione di Cerved Bi, Lince, Centrale dei Bilanci, Databank; al Gruppo appartengono anche Finservice, Jupiter e Consit). Secondo gli archivi di Cerved Group, tra il 2009 e il 2012 hanno dichiarato fallimento più di 45 mila imprese italiane; il picco di oltre 12 mila fallimenti è del 64% superiore rispetto al 2008, l'ultimo anno pre-crisi (e anno in cui la disciplina fallimentare era stata già riformata). Quasi la metà di questi 45 mila fallimenti (21 mila) hanno riguardato imprese che operano nel terziario, in oltre 10 mila casi hanno dichiarato bancarotta aziende edilizie, mentre i fallimenti nell'industria ammontano a più di 9 mila. Il Nord Ovest è l'area in cui si è concentrato il maggior numero di procedure fallimentari (14 mila), seguito dal Sud e dalle Isole (12 mila), dal Centro (più di 10 mila) e dal Nord Est (poco meno
di 10 mila). In percentuali le procedure sono aumentate nel Nord Ovest (+6,6%) e nel Centro (+4,7%), mentre sono rimaste ai livelli dell'anno precedente nel Sud e nelle Isole (-0,4%). Nel Nord Est i casi sono invece diminuiti (-4,3%), ma sono stati più che compensati dal forte incremento delle liquidazioni, che ha portato il totale di chiusure nell'area a superare quota 20 mila (+8,6% sul 2011).  Da quando nel 2009 la crisi ha colpito l'economia italiana, sono andate, dunque, in default più di 45 mila imprese: il numero maggiore ha riguardato imprese del terziario (quasi la metà), ma i dati dicono che è stata l'industria a subire l'impatto maggiore della recessione: il totale delle società di capitale manifatturiere fallite tra 2009 e 2012 ammonta infatti al 5,2% di quelle che avevano depositato un bilancio valido all'inizio del periodo considerato, contro una percentuale pari al 4,6% nelle costruzioni e al 2,2% nel terziario. I livelli più critici sono stati raggiunti da due settori tipici del Made in Italy, come il sistema casa (7,9%) e il
sistema moda (7,1%). Tra ottobre e dicembre 2012 si contano 3.596 procedure fallimentari, l'1,7% in più dello stesso periodo del 2011. È proseguito l'aumento di fallimenti di società di capitali (+5,1%), mentre sono risultate in calo le procedure sia tra le società di persone (-3,7%), sia tra le imprese individuali e le altre forme giuridiche (-6,7%). Aumentano i nuovi concordati preventivi: nel solo quarto trimestre del 2012 si conta un migliaio di domande, soprattutto nella forma del concordato con riserva. Nell'ultimo trimestre dell'anno si stima che abbiano avviato procedure di liquidazione volontaria 43 mila aziende
in bonis (imprese che non hanno precedenti procedure concorsuali), -0,8% sullo stesso periodo del 2011. Questi dati portano il totale delle chiusure volontarie del 2012 a quota 90 mila (+2,2% sul 2011), un livello superato nel corso del decennio solo nel 2007, anno che aveva visto un incremento delle pratiche legato alla riforma della disciplina fallimentare. Le liquidazioni sono in calo tra le società di persone (-8,5%), mentre nell'ambito delle società di capitale, le chiusure volontarie si riducono dell'11,4% tra le cosiddette  'scatole vuote' (società che non hanno depositato alcun bilancio nel triennio precedente alla liquidazione), mentre risultano in forte crescita tra le 'vere' società di capitale (+16,1%). Dal punto di vista geografico, le liquidazioni seguono una corsa a due velocità: si osserva un boom nel Nord (+31,2% nel Nord Est e +25,1% nel Nord Ovest) e una crescita più moderata nel Centro-Sud (+9,5%).

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