"Federalismo sì ma tra Regioni che dialogano"

"Federalismo sì ma tra Regioni che dialogano"

Secondo il vicepresidente di Confcommercio, Sergio Rebecca, il federalismo fiscale "è ormai sentito come necessario da gran parte delle componenti politiche e sociali". "Un'opportunità per rendere più forte il principio di responsabilità".

DateFormat

29 settembre 2010
IL FUTURO DELLE SOCIETA’ CALCISTICHE: SEMPRE PIU’ AZIENDE

“Erano tempi, erano bei tempi…” così recita il testo di una canzone di Roberto Vecchioni. E, nel nostro caso non possono essere che tempi di federalismo fiscale, ormai sentito come necessario da gran parte delle componenti politiche e sociali, perché rappresenta un’opportunità, difficile ma possibile, per rendere più forte, a ogni livello istituzionale e amministrativo, il principio di responsabilità.

D’altronde, pensiamoci bene, in questa fase economica che stiamo vivendo, chi potrebbe essere contrario a una riforma che consenta uno stretto collegamento tra spesa pubblica e leva fiscale? E che fissi la sostituzione della spesa storica, basata sulla continuità dei livelli di spesa raggiunti l'anno precedente, con la spesa standard? Tutto questo, se supportato da meccanismi gestionali adeguati, potrebbe generare, indubbiamente, maggiore efficienza: se non altro, perché quando si tocca la leva fiscale, chi spende è costretto a metterci “la faccia”. Ciò, però, non basta, poiché un sistema istituzionale che s’incammina sulla strada del federalismo, come quello immaginato, necessita, a parere di chi scrive, di un alto tasso di dialogo tra le regioni che lo compongono. Per alcuni motivi che evidenzierò, qui, a seguire.

Sarò chiaro nei confronti di chi legge: non si può immaginare lo sviluppo di opzioni istituzionali di tipo federale, senza creare le condizioni di uno stretto coordinamento, soprattutto fra le regioni che sono confinanti, relativo a tutte quelle scelte che riguardano la vita economica e sociale dei territori e che è opportuno non siano duplicate, creando inutili danni a qualcuna delle compagini in campo.

Un primo esempio per comprendere ciò che s’intende affermare. E’ recente il grido di allarme del Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, con riferimento al moltiplicarsi di manifestazioni fieristiche in Lombardia, come quella equina e quella del vino presso la Fiera di Milano, aventi lo stesso oggetto di quelle tradizionalmente organizzate dalla Fiera di Verona. Situazioni, quale quella citata, dimostrano come sia indispensabile una supervisione che eviti il ripetersi di identiche iniziative, in regioni vicine, e che permetta di scongiurare la produzione di risultati negativi per quegli enti fieristici che, nel tempo, hanno investito e hanno fatto crescere le singole manifestazioni.

Un’altra questione, rispetto alla quale, emerge la necessità di maggiore dialogo e organizzazione fra le diverse compagini regionali, ha origine dal fatto che la determinazione delle date di inizio e termine dei saldi, o delle vendite di fine stagione, spetta a ogni singola regione. Negli anni, purtroppo, le scelte di ciascuna regione si sono palesate in modo, sempre più, disomogeneo, generando confusione sia tra gli operatori, sia tra i consumatori. Questo, inoltre, ha determinato, nelle aree di confine tra regione e regione, il fenomeno, molto preoccupante, dello spostamento dei consumatori alla ricerca delle zone nelle quali i saldi iniziano prima: ne è derivato un mancato introito per quelle attività commerciali ubicate laddove l’inizio dei saldi è posticipato. S’impone, quindi, l’opportunità che, relativamente a quanto rilevato, le regioni, dialogando, armonizzino la scelta delle date, in maniera tale da superare la confusione sopra citata.

L’esigenza di un coordinamento, innanzitutto fra le regioni confinanti, assume un’innegabile rilevanza con riferimento alle politiche urbanistiche e di programmazione commerciale. Nel passato, si è scelto di insediare, nelle periferie delle città, grandi centri commerciali, “cittadelle artificiali” che, dopo aver innescato fenomeni di “pendolarismo” dei consumatori, talvolta fra regione e regione, e di ridimensionamento socio-economico dei centri storici, che hanno visto chiudere i negozi di servizio e vicinato, oggigiorno, a causa della saturazione del mercato, rischiano di diventare cattedrali nel deserto.

Ne deriva la necessità di superare quest’idea di programmazione commerciale, dalla quale originano, per esempio, progetti quali Veneto City e il nuovo Outlet di Grisignano di Zocco, per approdare alla realizzazione di mini centri commerciali nel cuore della città, recuperando zone industriali dismesse, come insegna l’esperienza di Klagenfurt.     

A ben pensarci, quanto affermato si connette alla concezione di un utilizzo dissennato del territorio che ha permesso, e ancora oggi permette, di edificare, senza una reale programmazione, strutture produttive commerciali e di servizi. Vista da un elicottero, allora, l’alta Italia rischia di apparire, sempre di più, una successione di capannoni. Questo è ciò che desideriamo diventino i nostri territori? Non c’è bisogno di rammentare quello che scriveva il grande poeta veneto Andrea Zanzotto per maturare una risposta.                 

 

 

Sergio Rebecca

(Presidente Confcommercio Vicenza e Vice-Presidente

 Confcommercio Nazionale)

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca