"Il ruolo del Terziario nel mondo economico italiano ed in particolare nella Regione Friuli Venezia Giulia"

"Il ruolo del Terziario nel mondo economico italiano ed in particolare nella Regione Friuli Venezia Giulia"

Trieste, 14 maggio 2007

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14 maggio 2007
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Trieste 14 maggio 2007 - Intervento del Presidente Carlo Sangalli

 

"Il ruolo del Terziario nel mondo economico italiano ed in particolare nella Regione Friuli Venezia Giulia"

 

Cari, amici, signore e signori, autorità, desidero innanzitutto ringraziare il mio amico Alberto Marchiori per avermi invitato a partecipare all’Assemblea Annuale dell’Unione Regionale del Commercio e del Turismo del Friuli Venezia Giulia. Desidero inoltre ringraziare i partecipanti alla tavola rotonda per gli interessanti contributi che sono emersi nel corso del dibattito sul ruolo del terziario, in Friuli Venezia Giulia e in Italia,  e sulle prospettiva di crescita della nostra economia.

 

Perché è vero, siamo in una fase in cui registriamo alcuni segnali di ripresa dell’economia italiana, ma sono segnali che devono essere letti con attenzione.

Ad aprile abbiamo registrato il dato sull’inflazione più basso dal 1999: questo è sicuramente un bene, perché significa che i redditi non vengono erosi e dimostra, inequivocabilmente, un comportamento virtuoso da parte del sistema distributivo.  Ma dall’altro un’inflazione in frenata, evidenzia, anche qui  inequivocabilmente, la debolezza della domanda di consumo delle famiglie, come è purtroppo dimostrato da molti altri indicatori.

Il nuovo strumento di analisi congiunturale messo a punto dal nostro Ufficio Studi, l’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) conferma nel mese di marzo 2007 un ulteriore rallentamento della spesa delle famiglie.

Parlo di ulteriore rallentamento perché è da un anno che, con gli amici del Censis, Confcommercio ha istituito un Outlook sui consumi, un osservatorio che a cadenza trimestrale fotografa l’atteggiamento delle famiglie italiane rispetto ai consumi.

L’ultimo Outllook, presentato meno di un mese fa, conferma la cautela già manifestata dalle famiglie nell’impostare nuovi e più dinamici piani di spesa, ma soprattutto ha evidenziato come sia diminuita ulteriormente la percentuale di chi prevede di aumentare i propri consumi nell’immediato futuro. E cosa che ne spiega molte altre, ben il 12% delle famiglie reputa critica la propria capacità di spesa.

Ecco, questa è la situazione con cui si confrontano oggi i nostri imprenditori, una situazione che vede la domanda interna, la domanda delle famiglie ancora in frenata.

E’ vero, l’export “tira�, come si dice nell’ambiente, ma se non riparte la domanda interna, che rappresenta il 70% del Pil, come possiamo pensare che l’economia possa trovare davvero quell’impulso che consentirebbe di trasformare in stabili e duraturi i segnali di ripresa che si stanno manifestando?

 

Bisogna rafforzare quindi la produttività complessiva dell’economia italiana.

 

Perché ciò avvenga â€" aggiungiamo e sottolineiamo noi â€" bisogna rafforzare in particolare la produttività di quell’economia dei servizi, pubblici e privati, che già oggi vale all’incirca il 63% del PIL e il 67% dell’occupazione.

 

Vorrei anche ricordare che nel 2006 ci sono stati 425 mila occupati in più. Di questi, ben 405 mila sono occupati nel terziario.

Eppure…., eppure, a volte ho la sensazione che questi dati siano “invisibili�, trasparenti, che non vengano presi nella dovuta considerazione.

 

Il dubbio mi viene quando sento parlare di provvedimenti e di interventi che sembrano tarati su un’economia fordista, in cui era netta la separazione tra lavoro fisico e lavoro intellettuale, più che su una società post â€" industriale quale è quella in cui realmente viviamo.

Una società in cui il servizio è il cardine di ogni attività, un elemento trasversale e imprescindibile in ogni settore economico (sempre che valga ancora la distinzione tra settori).

La terziarizzazione dell’economia, insomma, è un fenomeno evidente, sia a livello nazionale che locale, anche in quei territori, come il vostro, che dalla cultura del fare e del produrre ha tratto grandi benefici.

Il nord â€" est (e il Friuli Venezia Giulia non fa eccezione, con un Prodotto interno lordo cresciuto, comunque, nel 2006 del  2,1 %) è stata ed è sicuramente un’area tra le più ricche d’Italia, definita la locomotiva della nostra economia.  

Ma oggi questo modello ha bisogno di cambiare rotta, di  riposizionarsi affinché abbia la possibilità di continuare ad essere trainante.

Ho letto nel “Rapporto sulla società e l’economia 2006� della Fondazione Nord -Est una descrizione dell’evoluzione  di quest’area territoriale nella quale credo si possano ritrovare molte  delle considerazioni che sono emerse dal dibattito di oggi pomeriggio: “L’effervescenza e la mobilità sociale che quel Nord Est (quello della locomotiva d’Italia, per capirci) aveva prodotto, oggi lascia progressivamente spazio a nuovi fenomeni.� Insomma un Nord -Est “dinamicamente frenato�.

 

Ecco, il dinamismo frenato, aggiungo io, è forse la definizione che calza meglio per descrivere oggi non solo il nord â€" est, ma l’Italia: una realtà nella quale ci sono risorse, professionalità e volontà di fare â€"che voi, qui, oggi, rappresentate con l’orgoglio del vostro lavoro e della vostra presenza -   ma che è frenata: da una spesa pubblica non selettiva, che si traduce in mancati investimenti in settori strategici; dalla  burocrazia, dal peso dell’apparato pubblico che si traduce in una pressione fiscale insostenibile, da una miopia, lasciatemi banalizzare, che spesso non consente di guardare oltre il proprio naso.

 

La Fondazione Nord â€" Est, ritorno ora a voi, ma anche a noi,  individua una serie di interventi,  di cui vado a citarvi i principali, per imprimere una accelerazione ai cambiamenti in atto su questo territorio: “dalle infrastrutture stradali e informatiche, alla formazione del capitale umano; dalla logistica, alle aggregazioni fra le imprese; dai servizi alle imprese allo sviluppo del turismo; dal rapporto fra banche e territorio al federalismo fiscale,  e così viaâ€�.

 

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Apro una brevissima parentesi per soffermarmi solo uno degli interventi richiamati: le infrastrutture.

Non voglio entrare nel merito del dibattito sul “Corridoio 5â€�, ma una cosa è certa: l’Italia ha pagato e continua a pagare il prezzo del gap che la separa dal resto d’Europa per le dotazioni infrastrutturali â€" non solo in termini di trasporti -  e questo è un prezzo che non possiamo più permetterci. Dobbiamo cominciare a ragionare, senza contrapposizioni sterili e improduttive fra paladini ambientalisti e fautori del cemento e delle grandi opere, e individuare quelle opere, e quegli interventi, che servono davvero;  e soprattutto, una volta deciso, realizzarli.

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Chiudo questa parentesi e torno all’analisi delle ricette necessarie a sbloccare il “dinamismo frenato�.

 

Sono formule semplici, quasi ovvie, ma che non si discostano molto da quello che Confcommercio da tempo sostiene si debba fare per aumentare la competitività del sistema economico italiano.

 

Un sistema che diventerà tanto più competitivo, e qui mi riallaccio alle cifre che ho citato prima sulla terziarizzazione dell’economia, quanto più e quanto prima si smetterà di contrapporre il modello manifatturiero alla realtà di un’economia terziaria in continua espansione. È necessario piuttosto lavorare verso l’integrazione di questi due comparti  così come è già avvenuto nelle economie più mature e più avanti nel processo di globalizzazione. E come sta avvenendo proprio qui, nel Nord â€" Est, in Friuli Venezia Giulia.

 

Ecco, è questo che chiediamo alla politica: mettere al centro dei lavori la questione delle imprese del terziario come una grande opportunità di competitività e di crescita per la nostra economia.

A queste imprese, alle nostre imprese, deve essere riconosciuto il ruolo che gli spetta, e deve finalmente arrivare il momento di sfatare il pregiudizio che talvolta ancora ci perseguita, quello della marginalità e dell’evasione fiscale. A dicembre abbiamo sottoscritto un protocollo sugli studi di settore: man mano che i punti del protocollo andranno in attuazione, ci aspettiamo che l’Amministrazione Finanziaria faccia la sua parte dedicando tutta l’attenzione possibile alle difficoltà quotidiane che incontra l’impresa. Ma allora, mi chiedo, come è possibile quello che sta accadendo, come è possibile che si faccia chiudere un negozio per non aver rilasciato tre scontrini da pochi euro?

Non voglio cercare giustificazioni, né introdurre battaglie inutili nei settori produttivi, ma insomma, sono così dure le sanzioni per le altre aziende? A me sembra di no.

 

E allora, non solo all’amministrazione finanziaria, ma a tutta l’amministrazione, centrale e locale, che è il primo interlocutore di chi lavora, chiediamo soprattutto una cosa: che le imprese del terziario possano operare in un contesto che sia efficiente e funzionante, con delle strutture e degli interlocutori attenti e disponibili, che sappiano rispondere con tempestività e competenza: perché solo così si può aumentare il livello di produttività dei servizi, nell’interesse non solo del sistema imprenditoriale, ma dell’intera economia e della collettività.

 

Grazie.

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