"NO DAY"

"NO DAY"

Trieste, 20 maggio 2003

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20 maggio 2003
Intervento di Sergio Billè

L’economia - e non certo solo quella di casa nostra perché, anche in Europa, c’è chi, come la Germania, sta addirittura peggio di noi - sta attraversando un momento di particolare difficoltà.

E’ come - mi si consenta il paragone -  se la terra fosse stata improvvisamente colpita da una specie di eclissi solare che, essendosi prolungata oltre il tempo previsto dagli astronomi, sta, per questo, rischiando di produrre effetti negativi sull’intero eco-sistema mondiale.

E’ un fenomeno  che avrebbe dovuto finire nel 2002 e che, invece, rischia di prolungarsi  per buona parte di quest’anno e speriamo tutti che non sia destinato ad andare anche oltre tale termine.

I conti, infatti, sono quelli che sono e non avrebbe proprio senso oggi nasconderli o far finta di non vederli:  non esce dalla fase di stagnazione l’economia giapponese, resta critica quella dei paesi sud americani, non dà soprattutto segni tangibili di ripresa quella statunitense.

In Europa il perdurare di quest’eclissi sta avendo un effetto doppiamente negativo: da un lato, infatti, l’eccessivo apprezzamento della moneta europea sul dollaro sta risultando oltremodo penalizzante per le esportazioni, dall’altro, acuisce i problemi di cui da tempo soffre il vecchio continente: alto debito pubblico, costi produttivi esorbitanti per la mancanza di riforme strutturali, bassi consumi, occupazione costretta a girare in tondo.

Così si sono dovute parecchio ridimensionare le previsioni di aumento, per quest’anno, del prodotto interno lordo: avrebbe dovuto essere, in Europa, almeno del 2,3%: sarà tanto se, alla fine dell’anno, raggiungeremo l’1%.

Questa fase di oscuramento sta avendo sul nostro paese effetti ancora più negativi. Il nostro paese, infatti, è, per quanto riguarda le riforme strutturali, in pieno guado: ha lasciato - e , aggiungo, per nostra fortuna, perché era ormai proprio impossibile restare ancorati a strutture che facevano ormai a pugni con i criteri e le regole della moderna competizione mondiale - la vecchia sponda, ma stenta, soprattutto a causa del deterioramento dell’economia internazionale, a raggiungere la nuova.

Guai ad arrestarsi in mezzo al fiume, ma il guado sta diventando obbiettivamente più difficile perché non sembrano esserci per ora sufficienti risorse per attuare la riforma fiscale cioè l’unica riforma che potrebbe far fare un vero salto di qualità a tutto il nostro sistema economico ed imprenditoriale, resta in nuce quella federalista, non c’è il clima idoneo per affrontare quella delle pensioni, anch’essa, come le altre, ormai ineludibile, mentre il sistema industriale, a causa della caduta delle esportazioni ma anche a causa dell’ancora più sensibile caduta dei consumi interni, mostra segni di reale affaticamento con magazzini pieni di prodotti- mi riferisco soprattutto ai beni durevoli e semidurevoli - che nessuno vuole, almeno per il momento, acquistare.

Solo colpa del governo? Non ho mai, come sapete, lesinato critiche anche all'attuale compagine governativa per il modo con cui ha portato avanti programmi e riforme, ma non me la sento nemmeno di scaricare su di esso tutte le responsabilità di una crisi che viene certamente da lontano e che, difatti, sta mettendo in ginocchio economie che si consideravano “forti” come quella tedesca,  francese o olandese.

Però devo anche dire che è arrivato il momento, anche per il nostro governo, di adottare misure che consentano almeno di affrontare un’emergenza che, per quanto riguarda soprattutto i consumi sua raggiungendo la soglia del vero e proprio “stato di calamità”. Si metta mano alla protezione civile, quella economica s’intende, perché se fosse fondata la previsione che indica, per quest’anno, un aumento del nostro prodotto interno non superiore allo 0,5-0,6%, allora tutto il sistema rischia davvero di imballarsi.

Ovviamente non ho la presunzione di avere ricette, come dire, miracolistiche ma tre problemi, credo, andrebbero affrontati subito ed utilizzando terapie d’urto.

Il primo è quello di fare in modo che le famiglie riacquistando un po’ di fiducia sulle prospettive di ripresa del mercato - fiducia che oggi è purtroppo a tasso zero o quasi - tornino a consumare. E si può spingerli in questa direzione sia utilizzando la leva fiscale sia varando misure che consentano, ad esempio, di abbassare gli interessi sugli acquisti rateali. 

Il secondo è spingere il risparmio che le famiglie stanno accumulando verso investimenti che, dal punto di vista degli interessi, siano per loro più remunerativi. I Bot rendono, al netto, meno del tasso di inflazione, le Borse, visto il momento finanziario, appaiono prive di attrattiva, i depositi in banca fruttano interessi addirittura al di sotto dell’1%. Eppure tutto questo fiume di denaro che oggi sosta sotto i materassi sarebbe estremamente prezioso per il rilancio e l’accelerazione, ad esempio, degli investimenti nel settore delle infrastrutture. Si può fare e non si comprende il motivo per cui, invece, non lo si fa.

Terzo,  accelerare il percorso delle riforme ma facendo in modo che esse trovino, nel paese, una base di consenso maggiore di quella attuale. Continuare, da una parte come dall’altra,  a costruire barricate e ad accendere piccoli e grandi falò per rallentare questo ineludibile processo vuol dire portare il sistema in un vicolo senza uscita. E, per questo, tutti devono cominciare a darsi una regolata: il mondo politico e quello delle imprese ma anche i sindacati parte dei quali continuano ad avere una percezione assai soggettiva e anche assai sfocata sia dell’emergenza che il nostro paese sta vivendo sia sulle strade da seguire per uscirne.

Quarto, cominciare a parlare finalmente molto di economia reale e assai meno del resto. La gente accende la tv, scorre i giornali e resta frastornata. Si parla di tutto ma i problemi dell’economia, dei conti che non tornano, dei consumi che non tirano, delle difficoltà che incontrano cittadini ed imprese per sbarcare ogni giorno il lunario finiscono, quando va bene, nelle pagine degli specialisti, quelle seguite molto dagli operatori di Borsa ma ignorate da tutti gli altri.

Rimettiamo al centro della discussione questi problemi evitando piagnistei e polemiche retrò che, al punto in cui siamo, non hanno più ragione di essere. Cerchiamo soluzioni che ci consentano di sopravvivere a questa fase di eclissi e poi pensiamo a tutto il resto.

E, visto che il governo si accinge a porre le basi del nuovo documento di programmazione economica e finanziaria, facciamo in modo che questo piano corrisponda il più possibile alle esigenze, anzi alle emergenze che oggi sta vivendo tutto il nostro sistema economico. E noi siamo pronti ad ogni tipo di confronto purchè esso poi sia produttivo di risultati. Il tempo stringe. 

 

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