Presentazione del volume "Pratiche di governo per il commercio nelle città"

Presentazione del volume "Pratiche di governo per il commercio nelle città"

Roma, 11 luglio 2007

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11 luglio 2007

Cari, amici, signore e signori, autorità, desidero innanzitutto ringraziare il mio amico Giacomo Errico per aver voluto e realizzato, insieme agli altri componenti della Commissione Politiche per le Aree Urbane questo incontro e il volume che vi è stato presentato dall'Architetto Patrizio.

Un volume per la cui copertina è stato scelto, e non a caso, l'affresco realizzato nel 1349 da Ambrogio Lorenzetti e intitolato "Gli effetti del buon governo sulla città". Consentitemi su questo una breve parentesi, che in realtà mi fornisce lo spunto per poter sintetizzare, utilizzando quello che il passato ci ha trasmesso, i temi che abbiamo affrontato oggi, qui.

Questo affresco, come è noto, fa parte di un grandioso ciclo di affreschi nel Palazzo Pubblico di Siena e fu voluto da Il Governo dei Nove. L'incarico dato all'artista fu di rappresentare da un lato l'Allegoria del Cattivo Governo con quanto esso produceva (carestia, assassinii, saccheggi, violenza, povertà) e, dall'altro, l'Allegoria del Buon Governo con i suoi effetti (città prospere, campagne coltivate, benessere, ricchezza).

Il Governo dei Nove era costituito da una magistratura di "gente di mezzo", e fu la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, ricordata come l'epoca più feconda per la vita civile senese alla quale garantì uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.

In quegli anni, nel 1309 – 1310 fu tradotta in volgare la Costituzione del Comune di Siena «affinché i cittadini poveri e che non sanno il latino e chiunque altro lo voglia possano a loro piacimento consultare le leggi e farne copia per proprio uso».

E c'è un passaggio, nella Costituto Senese che sembrerebbe riassumere in parole quello che il Lorenzetti ha descritto con le immagini: ...chi governa deve avere a cuore "massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini" .

Ecco, in queste poche righe credo che sia riassunta molto di quello che oggi qui ci siamo detti, di quello che si può fare e di quello che si deve fare affinchè le nostre città – e con esse i cittadini che le abitano, i lavoratori e gli imprenditori che vi esercitano la loro attività – possano trovare la dimensione esatta.

È un manifesto politico, semplice ma completo.

È un manifesto che implica un patto fra chi governa e i cittadini, un patto per una buona politica e per le città.

Possiamo dire, e oggi ne sono stati citati alcuni esempi significativi, che questa idea di creare un patto fra chi governa e i cittadini (e le forze sociali) sta diventano una scelta obbligata, anche grazie ad una crescita di consapevolezza del ruolo e della funzione delle città e dei sistemi urbani ed al moltiplicarsi di iniziative volte al sostegno ed al recupero degli stessi.

Perché gli interventi in ambito urbano devono essere guidati da una visione complessiva e condivisa della città, che integri in un unico progetto diversi aspetti, così come era esposto nella costituzione del 1300 e come abbiamo potuto sottolineare oggi nel corso di questo dibattito.

Un esempio fra tutti: coniugare il patrimonio storico, artistico e culturale (avere a cuore massimamente la bellezza della città), con l'offerta turistica, di ristorazione e di intrattenimento (per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri).

Noi abbiamo detto che va valorizzata l'offerta commerciale presente, coinvolgendo gli attori e loro associazioni; che bisogna garantire la sicurezza, la pulizia, qualità dell'arredo urbano, così come la mobilità e l'accessibilità.

Per un obiettivo comune, quello "dell'onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini" .

Certo le nostre città di oggi sono ben diverse dai seppur prosperi e attivi comuni toscani del 1300, e così la nostra economia, e quindi le soluzioni sono certamente più complesse.

L'Italia è in effetti un contenitore di città grandi e piccole che nascono e si sviluppano nei secoli intorno allo scambio delle merci e da sempre il ruolo del commercio è fondamentale per la qualità della vita dei residenti, per l'attrattività turistica dei centri urbani ed in particolare delle zone di interesse storico ed artistico.

Non è quindi certo un caso se il processo di marginalizzazione e di allontanamento del commercio tradizionale dai centri storici e soprattutto dalle aree a questi limitrofe o periferiche, che si è registrato soprattutto negli anni '80 e '90 a seguito del proliferare di grandi strutture distributive in zone sub-urbane, ha comportato anche un progressivo svuotamento di altre funzioni cittadine, come quella residenziale in primo luogo, ed ha, a volte, facilitato un processo di degrado sociale ed economico.

Negli ultimi anni si è finalmente registrato un cambiamento di rotta, si è assistito ai diversi livelli istituzionali ad una crescita di consapevolezza del ruolo e della funzione delle città e dei sistemi urbani ed al moltiplicarsi di iniziative volte al sostegno ed al recupero degli stessi, in una logica di marketing urbano che vede proprio il commercio e le nostre associazioni, territoriali e di categoria, come protagonisti.

L'attenzione che Confcommercio e le sue componenti stanno dedicando a questo tema hanno portato ad una molteplicità di iniziative, sull'intero territorio italiano, che vanno dalla riqualificazione di strade storiche che avevano perso il loro appeal commerciale a vantaggio di aree più decentrate, alla creazione di "percorsi di acquisto" nei centri urbani e di itinerari turistico commerciali; dalla valorizzazione delle antiche botteghe attraverso un brand distintivo allo sviluppo integrato che valorizza le specificità delle singole zone e attività.

D'altronde queste iniziative nascono dalla consapevolezza che il futuro delle città è strettamente interconnesso con quello del terziario, terziario che non è "solo" attività economica, ma parte stessa del tessuto sociale dei centri urbani.

E per consentire a queste attività di crescere insieme alle città, come dicevo, ci vuole un unico progetto condiviso che contempli diversi aspetti, fra i quali ve ne sono due che non devono essere assolutamente sottovalutati e che sono prioritari sia per i cittadini che per gli operatori: la sicurezza, da un lato, e la mobilità e l'accessibilità dall'altro.

Le questioni della mobilità urbana e dell'accessibilità si riflettono infatti direttamente sulle attività commerciali. L'accessibilità al punto vendita è uno degli elementi che maggiormente incide sulla redditività d'impresa.

Accessibilità al punto vendita significa sia garantire ai clienti la possibilità del parcheggio, sia il controllo dei costi del trasporto e dell'immagazzinamento delle merci.

Troppo spesso, per quanto riguarda i clienti, alla chiusura del centro storico o alla nascita di isole pedonali non si accompagna un adeguato sistema alternativo di mobilità pubblica.

Così come – nonostante i cantieri che vediamo aprire sempre più spesso – siamo ancora lontani da un approccio europeo ad una politica della sosta che consenta, in una logica di partenariato pubblico – privato, di trovare spazi e soluzioni adeguate al problema del parcheggio.

Né bisogna dimenticare che il commercio è l'ultimo anello di una catena, di una filiera complessa che prevede molti passaggi e di conseguenza modalità diverse di trasporto. Modalità che possono trovare difficoltà proprio nell'ultimo miglio, quello che consente alle merci di arrivare in negozio.

Eppure le soluzioni ci sono: sistemi intermodali basati su parcheggi di scambio delle merci stesse dai mezzi pesanti a veicoli di minori dimensioni, dotati di propulsori a basso impatto ambientale o ibridi, che ottimizzino la fase di consegna delle merci, lavorando, all'interno del centro storico o in altri ambiti urbani, per una molteplicità di imprese.

Nulla di futuribile, ma solo soluzioni ampiamente sperimentate e collaudate, realizzabili grazie alla volontà di lavorare insieme, operatori e amministratori, per il comune interesse di rendere le attività economiche "accessibili" e vivibili le città.

Ma c'è un altro aspetto di particolare rilevanza nel governo delle città che influisce sulla vivibilità del contesto urbano e che impatta fortemente sulle attività commerciali: ed è quello legato alla sicurezza. Accanto a centri storici che migliorano la vivibilità (sia pure nel caos del traffico delle grandi città e nella insufficienza di gran parte dei servizi), permangono grandi aree urbane degradate, spesso dimenticate. Lì c'è una frontiera, e i commercianti costituiscono spesso l'avamposto di prima linea di questa frontiera, come purtroppo le cronache continuano a testimoniare.

L'intervento pubblico dovrebbe, innanzitutto, essere in grado di assicurare comunque un accettabile livello di vivibilità, attraverso il costante presidio territoriale della sicurezza e della legalità.

Sono importanti – a questi fini – tutte le iniziative di collaborazione tra le istituzioni e le associazioni imprenditoriali volte alla promozione della cultura della legalità e per il contrasto della sfida della criminalità.

Ma affrontare e risolvere il problema della sicurezza significa anche rafforzare le azioni di prevenzione e di repressione del fenomeno dell'abusivismo commerciale, che costituisce un pesante elemento di "concorrenza sleale" che mina il tessuto commerciale.

Un tessuto commerciale che sta vivendo sicuramente delle trasformazioni significative, trasformazioni che sono state in parte subite, ma in larga parte anche e soprattutto cercate e volute dagli imprenditori. Gli imprenditori del commercio, del piccolo commercio, ma mi piace di più definirlo negozio di vicinato, di prossimità, hanno saputo affrontare la sfida della liberalizzazioni – lo ha ricordato, già un anno fa e lo ha ribadito alla nostra Assemblea anche il Ministro Bersani: "il commercio ha già dato!" – non senza sofferenze ma sapendosi rimettere in gioco utilizzando un patrimonio di professionalità, qualità, inventiva che è proprio del settore.

Tuttavia la cosiddetta riscossa del piccolo commercio al dettaglio è un fatto ancora da consolidare e da verificare nelle sue modalità: le difficoltà sono ancora moltissime, ma la vitalità del settore è reale. Sopravvivere e ristrutturarsi, insomma, non vuole dire ancora fare profitti.

Quindi solo se si ha una visione unitaria e complessiva dei problemi di natura sociale, ambientale ed economica presenti nelle città si possono realizzare programmi di rigenerazione urbana, che prevedano interventi di riqualificazione fisica delle città e dei territori, capaci di dare sostanza ad azioni mirate alla coesione sociale, alla promozione dello sviluppo economico, alla sostenibilità ambientale.

Il momento è particolarmente propizio per dare concretezza a queste parole. Il nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali 2007-2013 è ormai al via, e tanto le linee direttrici tracciate dalla Commissione Europea, quanto il Quadro Strategico Nazionale che il governo italiano ha presentato, senza non poche tribolazioni, alla Commissione riconoscono nelle città e nei sistemi urbani uno dei principali propellenti dello sviluppo economico, dell'innovazione produttiva, sociale e culturale del paese e dell'Europa.

Così come un'opportunità importante è il rifinanziamento della legge 266 per gli interventi regionali per il commercio, secondo criteri che dovrebbero essere definiti in sede di delibera Cipe.

È un treno che non possiamo permetterci di perdere e sul quale occorre far salire tutti gli attori: istituzioni, forze politiche e sociali, le imprese e le loro associazioni, valorizzando, attraverso le più opportuno forme di collaborazione tra amministratori ed imprenditori, il quid di valore aggiunto che può derivare ai diversi livelli dal partenariato pubblico-privato.

Grazie

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