"Un mercato 'contraffatto': un danno certo per le imprese, un rischio per i consumatori"

"Un mercato 'contraffatto': un danno certo per le imprese, un rischio per i consumatori"

Roma, 24 ottobre 2007

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24 ottobre 2007

Cari amici, colleghi, autorità,
ringrazio tutti voi per essere qui con noi ad affrontare un tema, quello della contraffazione, che sta diventando una vera emergenza, per le imprese, per i consumatori, per le istituzioni.

È vero che la contraffazione non è certo solo un fenomeno dei nostri giorni, ma è recentemente però che il fenomeno sta assumendo caratteristiche davvero inquietanti sia sotto l'aspetto quantitativo che per le modalità: la contraffazione è un fenomeno pervasivo, che tocca ormai trasversalmente i settori più disparati, coinvolge gran parte dei Paesi del mondo creando delle "rotte" e dei percorsi "fantasma" che stravolgono il commercio mondiale, altera la concorrenza, sia a livello nazionale che internazionale, mette a rischio la salute e l'incolumità dei consumatori, colpisce e danneggia l'economia, alimenta e nutre le organizzazioni criminali.

Sappiamo che le cifre relative alla portata di questo fenomeno, proprio perché è un fenomeno che nasce "sommerso" e genera economia "sommersa" possono solo essere stimate, ma sono comunque cifre impressionanti.

L'Ocse stima che il commercio di prodotti contraffatti corrisponda al 10% degli scambi mondiali per un valore pari a 450 miliardi di dollari.

In Italia si stima un giro d'affari di poco inferiore agli otto miliardi di euro, e il numero dei prodotti contraffatti sequestrati è cresciuto nell'ultimo anno di oltre il 300%.

Ma preferisco lasciare agli altri autorevoli relatori l'approfondimento di questi aspetti quantitativi, e soffermarmi invece a spiegare le ragioni profonde che ci hanno portato a voler intervenire su questo tema.

Gli effetti negativi prodotti dalla contraffazione sull'economia sono evidenti e colpiscono sia interessi pubblici che privati.

I prodotti contraffatti non solo recano danno al titolare del marchio, rovinando la sua reputazione e provocando una riduzione del volume di affari e delle entrate, ma danneggiano l'immagine di tutto il settore interessato e l'intera economia, in termini di riduzione delle entrate fiscali e di perdita di posti di lavoro.

E poi ci sono le imprese, le nostre imprese, le imprese della distribuzione.

Imprese di un settore che soffre di crescita lenta, lentissima, dell'economia e dei consumi, di una pressione fiscale insostenibile, di una burocrazia pesante, e talvolta addirittura vessatoria e di una criminalità sempre più dilagante .

Imprese che comunque stanno sul mercato, che comunque ne rispettano le regole, e che subiscono una concorrenza, sia diretta che indiretta, sleale e deviante.

Penso ai nostri venditori su aree pubbliche, gli ambulanti, regolarmente autorizzati, che si trovano fianco a fianco con venditori abusivi, improvvisati, e riforniti da canali clandestini.

I "nostri" ambulanti, che diligentemente richiedono le autorizzazioni e rispettano le rotazioni, gli spazi assegnati, le normative e i regolamenti. Che quotidianamente con la fatica del loro lavoro arricchiscono il panorama del pluralismo distributivo Italiano e ai quali sempre più italiani si rivolgono riconoscendo un rapporto qualità prezzo in continuo miglioramento.

Sono loro i primi a subire la presenza dell'abusivismo commerciale, che spesso "invade" i loro spazi e crea turbativa e confusione presso gli stessi consumatori.

Penso ai negozianti, che devono aspettare i clienti all'interno del loro negozio e che pagano affitti molto alti e non possono, come fanno i venditori abusivi intercettarli per strada. Negozianti ai quali si voleva applicare una norma paradossale – ipotesi fortunatamente scongiurata – secondo la quale sarebbero stati tenuti a garantire, pena la chiusura della loro attività, la pulizia del tratto di strada antistante il negozio!

Magari proprio il marciapiede occupato da qualcuno che su un telo vende imitazioni degli stessi prodotti in assortimento nel negozio.

Sono queste le situazioni che non possiamo più accettare, e per le quali chiediamo – a gran voce, così come per le altre forme di microcriminalità che danneggiano, e pesantemente, l'attività delle imprese – "tolleranza zero".

Ma quelli che forse rischiano di subire conseguenze ancora maggiori sono proprio i consumatori, che acquistando prodotti contraffatti subiscono danni non solo di natura economica, nel senso che pagano per un prodotto non originale; ma, fatto ancor più grave, mettono a repentaglio la propria salute o la propria sicurezza.

Penso, ad esempio, all'alto rischio per la salute che possono causare le contraffazioni di medicinali, parti di automobili, giocattoli e prodotti alimentari.

Ma i consumatori se da un lato sono vittime del mercato della contraffazione, dall'altro lo alimentano.

La ricerca che abbiamo presentato oggi focalizza l'attenzione proprio sull'atteggiamento dei consumatori come parte "attiva" di questo mercato parallelo e per fare questo abbiamo scelto di analizzare solo alcuni dei settori toccati dalla contraffazione, quelli che vengono associati allo "shopping", ai beni in qualche modo considerati più voluttuari, come l'abbigliamento, gli accessori e i prodotti multimediali.

L'atteggiamento dei consumatori che emerge dalla ricerca è, in un certo senso, emblematico: fra coloro che dichiarano esplicitamente (e sappiamo essere solo una parte dei clienti di questo mercato) di aver acquistato prodotti contraffatti, il 56% è consapevole che la contraffazione alimenta la criminalità e il 71% che danneggia l'economia italiana ma ben il 62% non si sente in colpa per questo.

Questo deve essere quindi uno spunto di riflessione: se esiste la contraffazione è anche, ribadisco anche, perché esiste "una domanda del falso" ed esiste chi è disposto a comprare i manufatti provenienti da questo mercato.

L'industria della contraffazione, dal canto suo, ha perfezionato la riproduzione degli oggetti, al punto che le imitazioni sono, spesso, talmente perfette che è difficile distinguere i prodotti falsi da quelli originali.

In pochi anni, la contraffazione su larga scala, la sofisticazione delle imitazioni, la difficoltà nei controlli – dovuta alla debolezza della normativa in materia a livello nazionale ed internazionale – le eccedenze produttive, il consumismo (inteso come ricerca di prodotti di marca sostenuti da un'ampia pubblicità) hanno creato il terreno fertile per uno sviluppo colossale della contraffazione di prodotti di lusso e non.

A fronte di questa situazione, certamente allarmante, appare evidente la necessità di intervenire in modo da potenziare gli strumenti di lotta alla contraffazione, sia quelli di prevenzione che di contrasto.

Innanzitutto, per stroncare alla base il fenomeno, occorre sensibilizzare l'opinione pubblica e disincentivare l'acquisto del "falso", diffondendo un messaggio chiaro: è illegale l'acquisto di prodotti contraffatti e gravi sono le conseguenze che derivano dall'alimentare tale mercato.

Allora bisogna mettere in campo risorse e strumenti adeguati. L'ordinamento italiano prevede una sanzione pecuniaria molto elevata per il consumatore che acquista merce contraffatta, una sanzione la cui applicazione provoca però numerosi contenziosi.

Per questo motivo siamo favorevoli alla proposta di abbassamento del limite massimo della sanzione al fine di agevolare l'applicazione capillare della norma e favorire una migliore operatività della disposizione che riveste grande importanza quale strumento per aumentare la consapevolezza dell'acquirente rispetto all'illiceità del proprio comportamento.

Inoltre, è necessario potenziare il livello di protezione del mercato dei prodotti originali, intervenendo a livello legislativo, cercando sinergie tra i vari soggetti incaricati ai controlli, realizzando accordi tra i paesi limitrofi o con forte scambio commerciale.

Sono infatti le disparità presenti negli Stati membri sul livello di protezione della proprietà intellettuale ad incidere sulla localizzazione del fenomeno della contraffazione: l'attività illecita tende infatti a diffondersi nei paesi che reprimono meno efficacemente di altri gli illeciti per poi espandersi su tutto il territorio comunitario.

Per contrastare tale fenomeno, l'Unione Europea ha messo in campo una serie di iniziative, a nostro avviso, apprezzabili, tra cui un Piano d'Azione diretto ad armonizzare le disposizioni legislative e amministrative degli Stati membri e ad istituire meccanismi e organi di controllo unici.

Il raggiungimento di un sistema unico efficiente deve però prevedere come proprio obiettivo un coordinamento massimo ed una uniformità tra gli uffici doganali di tutti gli Stati membri coinvolti nel controllo sul territorio della Comunità.

Anche il sistema di registrazione e di tutela del marchio comunitario è fondamentale per lo svolgimento del mercato unico, in quanto consente con un'unica procedura di registrazione una tutela unificata in tutti gli Stati.

Sosteniamo quindi l'iniziativa del Parlamento europeo per la raccolta di firme finalizzata a sollecitare l'approvazione da parte del Consiglio dell'Unione europea della proposta sulla tracciabilità dei prodotti con l'indicazione del paese di origine (il c.d. "made in"). Uno strumento che garantirebbe non solo il rispetto dell'informazione nei confronti dei consumatori, ma risponderebbe anche al principio di reciprocità nei confronti di altre aree geografiche (come ad es. gli USA) in cui i prodotti europei per poter essere commercializzati devono avere tale marchiatura.

Gli Stati membri, dal canto loro, sono chiamati a mettere in atto misure, che pur essendo dissuasive non siano di ostacolo alla libera circolazione del commercio.

Per far ciò è necessario, in particolare, intervenire sotto il profilo normativo, attraverso una riscrittura delle disposizioni penali comunitarie e nazionali. A questo proposito, si guarda con attenzione all'esame da parte delle istituzioni europee della proposta di direttiva che mira ad armonizzare il diritto penale nazionale per lottare contro la pirateria e la contraffazione.

Anche in Italia l'attività normativa sta dedicando a questo tema una maggiore attenzione.

Il cosiddetto "Pacchetto Sicurezza" non ancora approvato dal Governo e il disegno di legge Bersani, recante "misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali", attualmente all'esame del Senato prevedono una revisione delle norme penali in materia di contraffazione, anche attraverso un inasprimento delle pene, un rafforzamento dei poteri investigativi e degli strumenti di sequestro e confisca dei beni contraffatti.

Insomma, le iniziative in campo sono tante, come abbiamo visto, e come sentiremo dagli altri relatori.

Ma quello che mi preme sottolineare è che Confcommercio crede fermamente che questa guerra debba essere combattuta e che ognuno debba fare la propria parte.

Per questo motivo intendiamo dare il nostro contributo, stimolando iniziative legislative, a livello nazionale e comunitario.

La presenza di Confcommercio al tavolo istituito presso l'Alto Commissario per la lotta alla contraffazione e il protocollo d'intesa siglato a giugno con il Commissario Kessler vanno in questa direzione.

Perché un'economia sana si può reggere solo su un sistema basato su regole chiare, sulla reciprocità, sulla trasparenza, sulla certificazione obbligatoria dei prodotti, sulla tracciabilità dei processi produttivi, in sostanza su una "correttezza" commerciale degli scambi.

Ed è in nome di questa correttezza che si muove il nostro impegno per la lotta alla contraffazione.

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