A Padova convegno su rapporto tra moda e studi di settore

A Padova convegno su rapporto tra moda e studi di settore

Il comparto dell'abbigliamento tra crisi dei consumi, una riforma fiscale che non arriva e la "spada di Damocle" degli studi di settore.

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7 marzo 2011

I commercianti del settore abbigliamento e calzature temono che alle difficoltà del settore non si aggiungano anche le difficoltà di una tassazione che rischia di metterli tutti in ginocchio. Da qui la necessità di una riforma strutturale della normativa fiscale che non può più essere procrastinata nel tempo. "Una necessità - ha detto il presidente dell'Ascom di Padova, Fernando Zilio aprendo i lavori del convegno "Moda e studi di settore: quali prospettive?"- se non vogliamo che un settore che comunque continua a "tenere" finisca per alzare bandiera bianca con conseguenze facilmente immaginabili sul piano economico ed occupazionale". In effetti scarsi consumi e difficoltà normative, come ha anche rilevato l'assessore comunale al commercio, Marta Dalla Vecchia, sembrano i principali nemici di un comparto tra i più importanti del commercio sia in ambito nazionale che locale. Ecco quindi come i problemi contabili legati alle rimanenze, l'avvio dei saldi su base regionale, la questione degli affitti "liberi" di affossare anche attività storiche, siano da parificare, in quanto elementi deleteri, ad un calo dei consumi che, come ha detto il presidente nazionale di Federmoda, Renato Borghi, "prima o poi invertirà la tendenza in un Paese finalmente affrancato dal dualismo bunga bunga - annozero". Ma mentre Federmoda e Confcommercio fanno pressing perché i saldi comincino tutti lo stesso giorno in tutta Italia ed invitano l'Agenzia delle Entrate a soprassedere all'obbligo di dover fornire all'amministrazione generalità e codice fiscale di chi compra per più di 3.600 euro, gli studi di settore fanno, a detta di Fabio Zaccaria, responsabile area manifattura e commercio di Sose, ovvero la società del Ministero dell'Economia deputata alla "manutenzione" degli studi di settore, il loro egregio lavoro. Vuoi perché, come ha sostenuto anche Giustina Tollot, Capo Ufficio Accertamento Agenzia delle Entrate, sono uno strumento che non serve solo all'accertamento ma offre anche un'analisi economica delle attività monitorate, ma vuoi anche perché sono il risultato di un grande lavoro di affinamento in grado di renderli il più rispondenti possibile alla realtà. Vanno in questo senso, infatti, gli aggiustamenti favorevoli ai contribuenti (ed applicabili a partire dalla prossima dichiarazione dei redditi) riservati a questioni basilari come il conteggio delle rimanenze e la vicinanza agli outlet. Tutte assicurazioni che hanno convinto, probabilmente in parte, il folto pubblico intervenuto nella sala convegni dell'Ascom che, dopo aver seguito anche l'intervento di Gaetano Basile, rappresentante Confcommercio nell'osservatorio regionale sugli studi di settore (che ha riassunto un lavoro lungo e faticoso, reso comunque possibile dalla "regionalizzazione" degli studi) ha sposato dapprima le preoccupazioni del presidente Zilio in ordine agli esercizi cinesi "tax free" e quindi le tesi conclusive di Franco Pasqualetti, presidente padovano di Federmoda-Ascom che, nel congedare i presenti, ha ricordato l'importanza del lavoro svolto dall'Ascom. "I risultati conseguiti in materia di studi di settore - ha detto Pasqualetti - sono il frutto di un lavoro costante e capillare svolto dall'Ascom a tutti i livelli e teso non solo a difendere il presente ma, soprattutto, a garantire un futuro alle giovani generazioni e, con essi, anche alle imprese".

 

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