Ripartire dal terziario per rilanciare il Mezzogiorno

Ripartire dal terziario per rilanciare il Mezzogiorno

L'Università Federico II di Napoli ha ospitato l'Assemblea pubblica di Confcommercio Campania sulle prospettive del terziario in Campania tra post pandemia e crisi energetica. Sangalli: "Inflazione e crisi energetica sono la nuova pandemia, rischio chiusura per 120 mila imprese".

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5 ottobre 2022

L'Università Federico II di Napoli ha ospitato l'Assemblea pubblica di Confcommercio Campania sulle prospettive del terziario in Campania tra post pandemia e crisi energetica alla presenza del rettore Federico II, Matteo Lorito e il commissario di Confcommercio Campania Giacomo Errico. Il direttore dell'Ufficio Studi Confcommercio, Mariano Bella, ha presentato il report sull'economia della Campania di Mariano Bella direttore centro studi Confcommercio (guarda le slide in pdf). Secondo Bella, "la questione demografica è la più importante delle transizioni, dal 2007 a oggi sono scomparse dal Sud 800mila persone; fino agli anni novanta l’emigrazione da Sud a Nord allargava la base produttiva delle regioni italiane più ricche e produttive, oggi dal Nord stesso si emigra verso altri Paesi". "L’investimento in istruzione sui giovani italiani, soprattutto meridionali - ha osservato Bella - contribuisce prospetticamente a incrementare il PIL di altre nazioni". "Con le politiche che abbiamo avuto in questi ultimi anni tutto sommato abbiamo reagito bene - ha detto ancora Bella - come paese e anche come società. Tutti abbiamo fatto la nostra parte: ora bisogna continuare. È importante, quindi, non deviare dal sentiero intrapreso, con il PNRR che costituisce un solido progetto collettivo di riforme e investimenti"

Dopo la presentazione del report ci sono stati gli interventi dei presidenti provinciali di Confcommercio Carla della Corte (Napoli), Lucio Sindaco (Caserta), Oreste La Stella (Avellino) e del direttore generale Pasquale Russo che ha sottolineato che "sul caro energia bisogna intervenire in un unico modo: il Governo deve assolutamente fare una battaglia in Europa per consentire che si fermi la speculazione. Nell'attesa che si arrivi a un'intesa a livello europeo che è difficile e non è breve, è dal nostro punto di vista indispensabile immediatamente mettere risorse per aiutare le imprese". A seguire hanno preso la parola il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e l'assessore al lavoro del Comune di Napoli Chiara Marciani. Le conclusioni dei lavori sono state affidate al presidente nazionale di Confcommercio Carlo Sangalli.

Leggi anche la pagina dedicata all'economia del Mezzogiorno

Sangalli: "Inflazione e crisi energetica sono la nuova pandemia"

"Questa assemblea è un momento di passaggio importante per il ruolo della Campania nel nostro sistema di rappresentanza. I temi sono tanti e cercherò la sintesi, partendo  dall’attualità, le elezioni politiche che si sono svolte il 25 settembre. Come sapete tutti, Confcommercio è un’associazione di rappresentanza delle imprese che svolge un ruolo politico, ma non certo partitico. A chi governerà ed a chi eserciterà il ruolo dell’opposizione, vanno quindi i nostri auguri di buon lavoro. Ed, insieme agli auguri, rinnoviamo anche la richiesta di una comune responsabilità che viene dalla portata delle sfide in campo e dalle scelte conseguenti.  Noi vogliamo contribuire a queste scelte, convinti come siamo dell’assunto che il politologo Gianfranco Pasquino riassume così: “Una buona società civile è la premessa di una buona politica e viceversa”. Del resto, serve responsabilità condivisa soprattutto in questa stagione di grandi cesure storiche, di crisi su crisi, persino di guerra dentro l’Europa".

"Dopo due anni di profonda crisi da Covid-19, oggi inflazione e crisi energetica sono “la nuova pandemia” che mette a serio rischio sopravvivenza le imprese del terziario. Da qui alla prima metà del 2023, secondo le nostre stime (avete sentito Mariano Bella poco fa), almeno 120mila piccole imprese potrebbero cessare l’attività con la perdita di oltre 370mila posti di lavoro. Sono emergenze che si sommano alla debolezza strutturale della crescita e dei consumi unita ad una eccessiva pressione fiscale, che caratterizza la nostra economia. Tre sono quindi le grandi emergenze che il nuovo governo si troverà ad affrontare da subito, anche in raccordo con l’Europa: fronteggiare l’emergenza energetica, contenere l’inflazione e contrastare il pericolo recessione.  E per fare questo servono interventi strutturali, a cominciare dal cosiddetto “energy recovery fund”, dalla fissazione di un tetto al prezzo del gas e dalla revisione dei meccanismi e delle regole di formazione del prezzo dell’elettricità. Dunque, subito, ripeto subito occorre sostenere le imprese sul versante del costo insopportabile delle bollette, con misure legate a questa emergenza. Ma occorrono anche interventi mirati e più robusti sul cuneo fiscale e contributivo, detassando gli aumenti dei rinnovi contrattuali e rafforzando le misure in tema di credito alle imprese. 

E, naturalmente, occorre mettere a terra riforme ed investimenti del PNRR. Solo così si potranno rilanciare occupazione, redditi e consumi, rilanciando anche un clima di fiducia che è indispensabile al buon andamento dell’economia. La fiducia, guardate, non è però solo importante per il mercato, ma è fondamentale anche per il circuito della rappresentanza. Nelle ultime elezioni, abbiamo osservato con preoccupazione la crescita dell’astensionismo di quasi 10 punti percentuali. Un trend che era già evidente nelle ultime tornate amministrative e che oggi è quasi sconcertante: 36%, con punte di astensionismo del 50% in Regioni proprio come la Campania e sull’astensionismo è come se in questi anni una parte del Paese si fosse “chiusa” alla partecipazione, come se fosse entrata -lasciatemelo dire così- in un “lockdown civico”, quasi con l’idea che non si possa più fare la differenza davanti ai fenomeni globali. E questo atteggiamento individuale ha una ricaduta forte anche per le aggregazioni sociali come le associazioni di rappresentanza, come noi. Quante volte in questi anni abbiamo visto nascere dall’esasperazione comitati e aggregati – per lo più virtuali, sempre improvvisati– che approfittano della protesta senza la capacità di proposta. C’è un’enorme differenza tra una rappresentanza ancorata a precisi interessi economici e territoriali e una rappresentanza astratta, svincolata da qualsiasi radicamento. E, alla fine, svincolata da qualsiasi responsabilità. Per questo l’impegno di organizzazioni come la nostra deve essere in un certo senso quello di “ancorare” la rappresentanza. Ancorarla agli interessi reali, agli interessi dei nostri settori e a quelli delle città che rappresentiamo economicamente. Ancorarla ad una storia collettiva e ad un grande sistema plurale, capace di traguardare l’interesse particolare in quello generale. Il nostro ruolo deve essere quello di ancorare la rappresentanza a nuove competenze, continuando nel ruolo di filtro e spugna. Filtro per filtrare le istanze dal basso della società trasformandole in istanze aggregate, collettive, perciò politiche.  E, dall’altra parte, spugna per assorbire la complessità –che come dice l’amico professore, Giuseppe De Rita- è segno di una società moderna. Infine, e forse soprattutto, la nostra deve essere una rappresentanza ancorata alla responsabilità. La “respons-abilità”, la capacità di dare risposte.

In questo senso, la nostra articolazione sui territori è fondamentale, come si vede anche dal momento di stamattina dedicato alle “province a confronto”. Perché questa è la dimensione territoriale in cui mettiamo a terra la nostra rappresentanza. Davanti ad una diffusa e profonda condizione di incertezza, nelle identità e nelle appartenenze, l’orizzonte della rappresentanza è ripartire dalle comunità più vicine ai cittadini. Dai quartieri attraverso ai comuni fino alla Regione. Permettetemi un accenno al ruolo della Regione, approfittando della presenza del Presidente De Luca. Per noi la Regione resta un interlocutore fondamentale come istituzione intermedia tra amministrazioni locali, Stato centrale ed Europa.  Lo abbiamo visto concretamente nell’emergenza – penso alla drammatica stagione della Pandemia- e lo vedremo sempre di più nell’applicazione del PNRR.  E questa “alleanza” tra comunità locali e regionale è, del resto, la chiave di lettura anche di questa stagione della Confcommercio della Campania".

"La vostra non è un’assemblea come un’altra. E’ un’assemblea che segna un percorso di svolta nella esperienza recente della Confcommercio in Campania. Non a caso oggi ci troviamo qui, in un contesto che mette insieme innovazione, ricerca, università. Dove cioè si pensa e si mette a terra il nuovo, puntando sulle in particolare sulle nuove generazioni. La nuova Campania per la Confcommercio è stato un lungo cammino, certamente complicato.  C’è stato un ingente investimento in uomini e risorse da parte della Confederazione, convinti come siamo della centralità del “sistema Campania” nel panorama economico e sociale del Paese

Come emerge dai dati, la Campania è una Regione del Sud Italia e ne condivide le criticità, ma ha una forza reattiva particolare, che le permette di andare meglio di altre regioni del Mezzogiorno. Il Commissariamento della Confcommercio Campania è stato dunque per noi una scelta di metodo e di senso. È stata una scelta di metodo, perché è stata affrontata consolidando la base associativa, all’insegna di un recupero nel versante della sostenibilità economica, dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi. Ma è stata anche una scelta di senso, perché si messo in pista un nuovo modo di stare insieme, di fare rappresentanza. Concludo, ricordando un grande economista campano, nato vicino Salerno e morto a Napoli, quasi 310 anni fa, Antonio Genovesi. Genovesi diceva che l’economia doveva dare due tipi di contributo, il primo alla pubblica felicità e il secondo alla “civiltà”.

Due ambizioni che mi sembrano modernissime. Perché la “pubblica felicità” è la ricerca di quell’interesse generale che ci impone di trovare sintesi, visione e collaborazione. L’idea di contributo alla civiltà mi fa tornare in mente quella che oggi chiamiamo “Economia civile” che fa della sostenibilità il suo mantra. Sostenibilità dal punto di vista ambientale, certo, ma anche sociale, che implica rispetto del lavoro, dei propri collaboratori e quindi delle comunità. Sostenibilità, infine, anche economica, dove l’investimento in tecnologie ed innovazione permette di produrre e consumare meglio, in modo autosufficiente e collaborativo, e dove l’equità è il timone delle scelte giuste. In tutti questi sensi, e anche noi come organizzazione dobbiamo essere sostenibili". 

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