ASSEMBLEA ORDINARIA

ASSEMBLEA ORDINARIA

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13 dicembre 2000

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PRIMA PARTE

Quando questo 2000 è cominciato molti hanno pensato che, per il solo fatto che entrassimo in un nuovo millennio, sarebbero potuti accadere fatti significativi ed innovativi.

Forse, si è pensato, è arrivato il momento di cambiare, di sbloccare il nostro bloccato sistema-paese.

 

Ma il 2000 sta volgendo al termine e non  si è sbloccato purtroppo quasi nulla.

 

A cosa mi riferisco quando parlo di sistema bloccato? Esattamente alle cose  a cui state pensando mentre ascoltate queste mie parole.

 

Bloccato, ingessato perché ancora prigioniero di Istituzioni vecchie, bloccato perché nessuna delle riforme che erano state annunciate e che sono essenziali  per lo sviluppo della nostra economia e del nostro mercato è stata realizzata.

Bloccato perché non è affatto cambiato il modo di fare politica e di gestire lo Stato.

 

Mi riferisco all’esasperante, defatigante lentezza, ad esempio, del programma di privatizzazioni che, se attuato in tempi rapidi e con giusti obbiettivi, avrebbe liberato energie e risorse di grande utilità per il mercato. Non è stato privatizzato nulla: l’Enel è sempre al suo posto con raffiche di aumenti tariffari per gli utenti, Telecom impone un aumento del canone del 13%, l’acqua potabile costa il 38% di più, le ferrovie ingoiano sempre più debiti ma non raggiungono un grado minimo di efficienza, il Mezzogiorno continua ad essere senza infrastrutture.

 

E ancora: sistema bloccato perché non è riuscito a ridare competitività alle imprese realizzando una adeguata flessibilità nel campo del lavoro e un sistema fiscale che consentisse finalmente di far ridecollare gli investimenti e produrre nuova occupazione.

 

Bloccato perché resta intatto, in tutta la sua gravità, il problema del mezzogiorno, bloccato perché non è riuscita a fare un passo avanti la riforma delle pensioni in un intreccio di veti e contro veti che sembra non avere mai fine e che sembra essere ancora inossidabile del gioco politico.

 

Troverete, in dettaglio, nel rapporto elaborato dal nostro Centro Studi, consuntivi e previsioni sull’andamento della nostra economia. Richiamo la vostra attenzione solo su tre dati significativi.

 

Il primo riguarda la crescita del nostro prodotto interno lordo che continua a mantenersi al di sotto della media europea e le previsioni per il 2001 non appaiono, al momento, più incoraggianti. Il secondo riguarda i consumi finali interni - + 1,8% nel 2000 – anch’essi al di sotto della media europea. Insomma consumi bloccati anch’essi come il sistema che li circonda.

 

Il terzo riguarda la pressione fiscale che dovrebbe attestarsi alla fine del 2000-2001 sul 42% cioè sulla media europea.

 

Ma bisogna anche dire che gli altri paesi, a fronte di questi prelievi, offrono, come ristorno al cittadino e all’impresa servizi e infrastrutture del 30-40% mediamente superiori a quelle offerte dallo Stato italiano.

 

Il gap quindi è evidente e pesa sia sull’impresa che sul cittadino.

 

Qualche riflessione sull’Europa. Il vertice di Nizza ha prodotto risultati solo minimali: da un lato, non è riuscito a creare, a causa soprattutto dei veti incrociati di Francia e Germania, i presupposti per la costituzione, in tempi brevi, di una struttura politica europea realmente operativa, l’unica che potrebbe dare slancio, credibilità e peso specifico alla moneta europea, dall’altro ha aperto – la scadenza dovrebbe essere il 2004 – le porte dell’Unione ai paesi dell’est europeo, apertura di grande interesse sotto il profilo economico ma che presenta anche molte incognite.

 

Il punto, infatti, è sempre lo stesso: riuscirà il nostro paese ad arrivare a questa scadenza copernicana con un sistema bloccato, finalmente moderno e quindi capace di competere a tutto campo con i nostri maggiori partners?

 

Torniamo quindi al punto iniziale la cui soluzione diviene sempre più urgente e pressante.

 

Sbloccare il sistema vuol dire mettere mano a riforme che consentano stabilità politica, meno costi e più efficienza della Pubblica amministrazione, investimenti nelle infrastrutture, regole diverse per il mercato del lavoro, apparati di sicurezza degni di questo nome, un mercato più libero e trasparente e quindi in grado di affrontare la competizione senza i lacci, le catene e i lacciuoli che il vecchio Stato ad esso ancora impone. E Confcommercio, con tutto il potere di rappresentanza che ha acquisito e che riesce oggi ad esercitare, continuerà a battersi su questo fronte.

 

 

SECONDA PARTE

q       Il punto della situazione

L'Assemblea di fine anno è tradizionalmente l'occasione per il "consuntivo" ed il "preventivo" del nostro lavoro organizzativo e sindacale.

 

Mai come quest'anno vi è però la necessità di delineare  un bilancio non formale, e che sia invece utile per indicarci le linee guida  della nostra azione, partendo dal riconoscimento di ciò che è stato fatto e dall'individuazione delle priorità per il molto che resta ancora da fare.

 

Perché dico "mai come quest'anno" ? Perché, a mio avviso, è ormai nelle cose il cambiamento del nostro modo di essere e fare associazionismo d'impresa. Il cambiamento si è prodotto anzitutto nella "latitudine" della missione sindacale.

 

Oggi, infatti,  si incontra qui un'Organizzazione che è Confcommercio, ma è anche Confturismo, è Conftrasporto e presto - anche  per l'apporto propulsivo degli ingressi delle rappresentanze delle imprese dell'hi-tech - sarà  Confservizi.

 

Ma, ancora, oggi si incontra qui un'Organizzazione che esprime una parte importante del gruppo dirigente del sistema camerale del paese. Gruppo dirigente  per cui si apre ora una stagione di forte impegno sul terreno delle sinergie realizzabili tra camere ed associazionismo d'impresa, a solo ed esclusivo vantaggio dell'imprenditoria italiana.

 

I nostri appuntamenti organizzativi assumono spesso - ed è inevitabile ed anche utile che ciò avvenga - i tratti di un "cahiér des doleànces", come osservava, in occasione del "Black Day", Giulio Tremonti, partecipando all'incontro di Milano.

 

Credo tuttavia che sia metodologicamente corretto  - prima di dettagliare l'analisi delle criticità e delle opportunità - ricordare che dunque un tempo della partita lo abbiamo ben giocato.

 

Questa Organizzazione è in grado di reggere le sfide competitive degli altri sistemi associativi, costituendosi come polo attrattivo per importanti realtà organizzative del sistema imprenditoriale del paese.

 

Questa Organizzazione è in grado di "pesare" e di incidere sempre più puntualmente laddove si compiono scelte di rilievo per le imprese, e più in generale per lo sviluppo territoriale.

 

Sono risultati, dati e fatti inoppugnabili. Li abbiamo conseguiti, perché abbiamo avuto la forza di recuperare i valori storici del nostro modo di concepire una libera associazione di liberi imprenditori, costruendo sulla loro base un messaggio sindacale che è stato condiviso da quanti quotidianamente si trovano a doversi confrontare, nel loro lavoro, con le tante, troppe ambiguità che accompagnano, nel nostro paese, il processo di riaffermazione del mercato e delle sue ragioni, tra vincoli dei poteri forti ed attardanti vischiosità ideologiche.

 

Tutto bene, allora ? Certo che no.

 

Perché i risultati vanno consolidati, le relazioni organizzative con le nuove frontiere della nostra missione di rappresentanza vanno sviluppate territorialmente e ad ogni livello del sistema associativo, mentre la stessa rappresentanza del sistema distributivo del paese - il nostro "core-business" - va rafforzata e presidiata contro tendenze alla frammentazione per classi dimensionali o per segmenti di specializzazione.

 

Non è dunque casuale che sia stata Confcommercio a promuovere, assicurandone il coordinamento organizzativo, il tavolo di lavoro di "Excél", che vede a confronto i grandi players della distribuzione : Faid e Federcom, ma anche Coop e Conad.

 

Lo abbiamo voluto, proprio perché siamo convinti del fatto che il pluralismo e l'equilibrio tra i diversi "format" della distribuzione commerciale restano un problema aperto, ben lungi dall'essere stato risolto dalla riforma "Bersani", e che le buone ragioni della piccola e media imprenditoria commerciale possano essere utilmente fatte valere anche in un confronto diretto - talora difficile, ma sempre franco - con sistemi d'impresa caratterizzati da un diverso ordine di economia di scala.

 

Lo abbiamo voluto, ancora, perché pensiamo che la distribuzione commerciale italiana possa giocare un ruolo attivo nel contesto di un mercato interno, il cui profilo coincide ormai compiutamente con quello della sovranità monetaria dell'euro.

 

Ma questo lavoro faticoso di consolidamento e sviluppo ha le sue radici - ricordiamocelo - nelle scelte sindacali di questa nuova Confcommercio, e nella sua capacità di rendere gli imprenditori che vi si riconoscono protagonisti della formazione di queste scelte.   

 

Il metodo del percorso rifondativo di Confcommercio -  rifondativo sulla base dei valori della sua storia  - non può dunque non tenere insieme scelte di politica sindacale e modelli di struttura ed azione organizzativa. Su questo metodo può e deve convergere - con giusta distinzione di ruoli e di responsabilità - l'impegno della dirigenza politica e quello della dirigenza tecnica.

 

1.      Le azioni in corso

La fase di "indagine" intorno alle criticità del nostro sistema organizzativo può considerarsi sostanzialmente conclusa. Il percorso di conoscenza ed analisi che abbiamo compiuto, tra Abano e Fiuggi, ed i connessi deliberati degli Organi confederali, si sono ora tradotti in un piano d'azione che detta con precisione gli obiettivi di breve e medio periodo :

 

·          regole per il sistema, funzionali alle esigenze di consolidamento e sviluppo della rappresentanza;

 

·          efficienza perseguita attraverso una più forte applicazione del principio di sussidiarietà territoriale e la riorganizzazione delle specificità categoriali per sintesi settoriali;

 

·          riassetto conseguente delle strutture centrali della Confederazione per rafforzarne la capacità di supporto progettuale  e coordinamento organizzativo delle componenti del sistema associativo, attraverso un permanente e condiviso processo di monitoraggio di fabbisogni e priorità d'azione;

 

·          impegno per le tecnologie ed i servizi dedicati al sistema associativo;

 

·          formazione continua e dedicata per i quadri del sistema.

 

C'è, a mio avviso, una condizione essenziale per garantire che queste linee d'azione - tanto sul versante dell'architettura organizzativa, quanto su quello delle risorse umane e tecnologiche - siano perseguite con determinazione e coerenza. Occorre che ad esse corrispondano specifici gruppi di lavoro - costruiti con l'apporto delle più significative esperienze del nostro sistema associativo - che, con responsabilità precise e dichiarate,  assumano il compito dell'implementazione progettuale, della realizzazione, del monitoraggio su tempi e metodi, riferendo e rispondendo del proprio operato agli stessi Organi confederali.

 

Torna, quindi, la questione di un'Organizzazione che sappia mettere a sistema il patrimonio di impegno, di esperienza, di intelligenza diffuso al proprio interno. E che sappia farlo con tempestività e flessibilità in ragione degli obiettivi e dei progetti organizzativi che riconosce come urgenti e prioritari.

 

Si tratta allora di darci un modo di lavorare assai più strutturato, continuativo ed impegnativo di quello tradizionalmente sperimentato, ad esempio, con l'articolazione delle Commissioni consiliari o con un Comitato consultivo dei Direttori. Perché, in definitiva, un reale coordinamento organizzativo richiede certo momenti di confronto "politici" e generali, ma ha soprattutto bisogno, in una fase di cambiamento profondo ed accelerato, di operare in presa diretta sui processi in corso.

 

Fermo restando, tuttavia, che partecipazione e condivisione non possono tradursi in unanimismi paralizzanti. E che una dirigenza, tanto politica quanto tecnica, ha sempre la responsabilità di scegliere, ma anche, quando occorre, di  "forzare".

 

2.      Le regole e l'architettura organizzativa

Con la recente riattivazione della Commissione per la riforma dello Statuto, si è avviato il processo di "riscrittura" delle regole fondamentali del nostro sistema associativo. E' un compito impegnativo - e ne è ben consapevole l'amico Sangalli, che ha accettato di presiedere tale Commissione - perché si tratta né più né meno che di "codificare" i cambiamenti già intervenuti nei fatti, ma soprattutto di assicurare a tutte le componenti del sistema certezza di diritti e di doveri all'interno di un processo evolutivo destinato ad incidere profondamente sia sugli istituti dell'architettura organizzativa sia sull'attribuzione di ruoli e funzioni tra le stesse Associazioni costituenti.

 

Per queste ragioni i lavori della Commissione non si limiteranno ad un'attività per così dire "interna" e "normativa", ma si svilupperanno secondo un percorso organizzato di verifica del contributo dell'intero sistema associativo, con sessioni dedicate a macro-aree territoriali e settoriali.

 

Sotto il titolo che potremmo dire "verso Confimpresa", si tratta insomma di assicurare piena "cittadinanza" - anche sotto il profilo delle regole statutarie - alle nuove realtà organizzative di Confturismo e Conftrasporto, ma anche, a breve, di Confservizi.

 

Realtà organizzative, dicevo. E dunque soggetti associativi compiuti ed operativi, profondamente diversi - per identità, per spessore politico, per compiti e capacità propositive - dai tradizionali organismi consultivi di settore. Sono, al contempo,  l'espressione organizzativa della più ampia missione associativa della nuova Confcommercio, e strumenti per la nostra sfida competitiva con gli altri sistemi associativi.

 

Sfida - ricordavo in apertura - che richiede però altrettanto impegno sul terreno della rappresentanza della distribuzione commerciale : con maggiore efficienza settoriale, con  una più puntuale interlocuzione con i nuovi governi territoriali, con migliori servizi per le imprese.

 

Federazioni di settore ed Unioni regionali sono così gli altri nuovi soggetti al centro della revisione statutaria, che viene dispiegandosi in parallelo al confronto di merito, già avviato in queste settimane per macro-aree territoriali.

 

Sul primo punto - le Federazioni di settore - il lavoro di analisi ed i primi risultati del confronto evidenziano non soltanto la condivisione del modello, fondato sulla ricerca di una sintesi organizzativa che assicuri maggiore snellezza operativa,  più efficienza gestionale e più efficacia propositiva, ma anche l'urgenza di uno schema di convergenza tra categorie e settori che, con tempi certi e modalità concertate, costituirà una parte di rilievo delle regole di transizione definite in sede statutaria.

 

Più complesso appare il confronto sul profilo delle Unioni regionali. Qui vorrei sgombrare il campo da possibili equivoci. Non discutiamo e lavoriamo in astratto, ma partiamo dalle situazioni concrete e fortemente differenziate presenti all'interno del sistema associativo.

 

E' infatti profondamente ed ovviamente diverso il processo di costruzione delle Unioni regionali in aree in cui il sistema delle Associazioni territoriali è già fortemente strutturato, ed è talora in grado di mettere a fattore comune competenze ed eccellenze, da aree in cui si registra una difficile tenuta, o addirittura un'evidente crisi nella capacità di rappresentanza e risposta alle esigenze dei sistemi d'impresa dei bacini territoriali di riferimento.

 

E' una diversità che incide sui conseguenti e possibili livelli di decentramento di funzioni confederali, sul versante politico-legislativo ma anche organizzativo e strutturale. E' una diversità che pesa sul ruolo attribuibile alle Unioni regionali quali nodi di diffusione territoriale di iniziative ed attività innovative e punto di accesso alle stesse.

 

La risposta a queste "diversità" richiede un approccio fortemente sperimentale, graduale e che concentri le risorse disponibili per lo "start-up" delle Unioni regionali, partendo da alcune aree-pilota e proseguendo con un programma poliennale di "capitalizzazione" e diffusione di tali esperienze.

 

Complessità e diversità non possono essere però alibi per l'immobilismo, né escludono che, fin d'ora, alcuni principi e tratti unificanti del processo possano essere colti e dichiarati. Provo a sintetizzarli :

 

·          le Unioni regionali saranno soggetti politici compiuti del sistema confederale, dotati di diritti elettorali attivi e di una rappresentanza di diritto in seno al Consiglio confederale, poiché esse costituiscono lo snodo essenziale per il rafforzamento del confronto e della capacità di proposta indirizzata ai nuovi "governi" territoriali;

 

·          le Unioni regionali si fondano su una volontà costitutiva di tutto il nostro sistema associativo, ed in esse esercitano dunque una piena "cittadinanza" Organizzazioni territoriali ed Organizzazioni di settore;

 

·          le Unioni regionali hanno necessità di meccanismi di finanziamento ordinario, stabile ed adeguato, alla pari degli altri soggetti costitutivi della Confederazione;

 

·          le Unioni regionali richiedono risorse umane dedicate, con peculiare  qualificazione e specializzazione.

 

E' pertanto a questi principi che dovrà fare riferimento, già nel prossimo anno, l'intervento della Confederazione, anche sotto il profilo del cofinanziamento degli "start-up".

 

3.      Servizi e  tecnologie, comunicazione e formazione

Tra i campi su cui applicare un nuovo e più ricco modo di lavorare insieme - dall'analisi dei fabbisogni e delle esperienze in corso, dall'implementazione progettuale al monitoraggio della realizzazione - vi è certamente quello dei "servizi".

 

Da questo punto di vista, l'obiettivo della Confederazione - per evidenti ragioni economiche ed organizzative, oltre che politico-sindacali - è sostanzialmente quello di operare a supporto della qualità del diretto rapporto tra Associazioni ed imprese, intervenendo soprattutto sul versante della costruzione delle "convenienze", laddove soluzioni normative, economie di scala e strumenti tecnologici rendano utile il suo coordinamento organizzativo nella relazione tra centri di produzione dei servizi, reti associative ed imprese.

 

Ciò vale per tutti i servizi : per quelli che definiamo tradizionali, ma anche per i nuovi collegati all'incontro tra domanda ed offerta di lavoro, ai fabbisogni previdenziali ed assicurativi, alla progettazione ed al finanziamento dello sviluppo d'impresa, all'innovazione tecnologica.

 

Per far questo ci siamo dotati di adeguate competenze professionali, di una sorta di laboratorio per i servizi e l'innovazione - la nuova Axiter - il cui ruolo non è certamente quello di operare come produttore diretto di servizi, né  come struttura di coordinamento organizzativo per la loro distribuzione ed erogazione.

 

Axiter è piuttosto la struttura consulenziale e di "expertise" da utilizzare come strumento operativo del coordinamento organizzativo per la politica dei servizi, ed anzitutto di quei servizi dedicati a dar corpo - almeno come "bouquet" di base - ai messaggi del marketing associativo.

 

Messaggi, questi ultimi, che hanno la necessità di maggiori articolazioni territoriali e settoriali;  di una possibilità di amplificazione e diffusione che faccia leva anche su reti parallele o, come nel caso che si sta testando su Roma, su reti di punti associativi in "franchising"; di un "front-office" affidato ad un "call-centre" e di un "back-office" conseguente.

 

Axiter - come incubatore tecnologico di Confcommercio - è inoltre incaricata dello sviluppo dei progetti a "rete" dedicati al nostro sistema d'impresa :

 

·          "e-cash", cioè l'evoluzione, come punto di connessione alla rete ed ai suoi servizi, di quel che è stato il tradizionale registratore di cassa;

 

·          "e-sud", ossia la connessione in rete - attraverso un contratto di programma in cui siamo partner di Seat, Telecom e Mediocredito Centrale - di una ampia e significativa campionatura del dettaglio indipendente del Mezzogiorno.

 

Attraverso Axiter si realizza, inoltre, la partecipazione societaria di Confcommercio a Nuovacomm, il portale per il commercio elettronico per le imprese socie, la cui operatività si avvierà ai primi del nuovo anno.

 

"Internet è per me la priorità : la numero uno, la numero due, la numero tre". Così diceva, già un paio d'anni fa, Jack Welch, il più ammirato e temuto manager statunitense, amministratore delegato di General Electric, la più grande azienda mondiale ed una delle poche ad avere saputo utilizzare concretamente - cioè per ridurre i costi, aumentare i ricavi e massimizzare i profitti - la "rete".

 

Condividendola, prendo in prestito la sua espressione. Per osservare, subito dopo, che il nostro assetto "intranet" è ancora assai lontano dall'essere quel quotidiano strumento di comunicazione e informazione, di assistenza, consulenza  e formazione, che costituisce la sostanza delle migliori  esperienze applicative in realtà assimilabili alla nostra.

 

Tra le tante ragioni per fare, anche qui,  di più  e meglio ve ne sono due che mi stanno particolarmente a cuore:

 

·          intranet può aiutarci a conoscerci meglio, a sapere cosa fa (o non fa) quotidianamente la Confederazione, a sapere che iniziative hanno avviato - spesso in situazioni simili alla nostra - amici e colleghi di altre realtà territoriali. Il tutto, forse, anche  con il vantaggio di ritrovarci, alla fine, con un po' di conflittualità interna in meno e un po' di coesione in più;

 

·          intranet può aiutarci a costruire un sistema di formazione dedicato al sistema associativo, diffuso e permanente, tanto più importante quanto più profondi sono i cambiamenti che interessano l'attività d'impresa non meno che i compiti delle pubbliche amministrazioni.

 

4.      Conclusione

Come avete sentito, anche io non mi sono sottratto al "cahiér des doleànces". Spero, tuttavia, che ne siano emerse con sufficiente chiarezza le direttrici del lavoro per l'Organizzazione nel corso del prossimo anno.

 

Sui conti della Confederazione, sul loro ordine, sulla quantità e qualità, interverrà - dopo di me - l'amico Poli, al quale - ancora una volta - va il mio ringraziamento per la paziente e quotidiana opera di verifica e controllo.

 

Per parte mia, desidero soltanto sottolineare che le risorse  per gli interventi a sostegno del sistema associativo -  rese disponibili dal sostanziale completamento dell'opera di risanamento - verranno compiutamente destinate agli interventi per la nuova architettura organizzativa del sistema, per i servizi e le tecnologie, per la comunicazione e la formazione, che ho fin qui delineato.

 

Le risorse sono, quasi sempre e per definizione, "scarse", comunque non adeguate ai fabbisogni. Dunque altre ancora ne dovremo "liberare", anzitutto continuando a razionalizzare l'attività della Confederazione.

 

A questa Confederazione, il sistema associativo chiede oggi più qualità. Quella qualità che nasce da un più sistematico modo di lavorare insieme e da un costante coordinamento organizzativo.

 

E' una richiesta giusta ed impegnativa. Ad essa occorre dare tempestivamente risposta, intervenendo sul modo di operare di tutte le funzioni strategiche della Confederazione : dalla comunicazione al Centro Studi, dai servizi tecnici e legislativi alle relazioni con il sistema associativo

 

Sono convinto che possiamo farcela. In ogni caso, il nostro impegno non mancherà.

 

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