Assofermet contro il blocco dell’export di rottami ferrosi

Assofermet contro il blocco dell’export di rottami ferrosi

L’Associazione è preoccupata dalle recenti proposte europee per limitare l’esportazione verso i Paesi extra Ue dei rifiuti destinati al recupero o al riciclo.

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1 luglio 2021

La limitazione delle esportazioni di rottami ferrosi, proposta dalla Commissione europea, porterebbe a un crollo del valore economico dei rottami stessi, compromettendo gli equilibri della filiera del recupero. È questa la posizione di Assofermet (l’Associazione nazionale dei commercianti in ferro e acciaio, metalli non ferrosi, rottami ferrosi, ferramenta e affini aderente a Confcommercio) che invece si augura che la Commissione europea decida di aumentare l’utilizzo del rottame all’interno della siderurgia Ue. “Solo mantenendo la catena del valore a tutti i livelli raggiungeremo gli ambiziosi e fondamentali obiettivi di sostenibilità ambientale che l’Europa si è prefissata e che noi tutti condividiamo”, ha commentato Assofermet.  

Secondo i dati dell’Associazione, a livello europeo solo il 42% della produzione dell’acciaio deriva da forni elettrici utilizzando principalmente rottame ferroso. Per il restante 58%, invece, si utilizzano impianti a ciclo integrato basati sul consumo intensivo di minerale di ferro, una materia prima vergine estratta dal sottosuolo che viene esportata da Paesi extra Ue. Il processo produttivo a ciclo integrato consente di produrre acciaio a basso costo, e per questo viene preferito, ma allo stesso tempo comporta un forte surplus di rottame di acciaio sul mercato Ue.

In Italia, invece, ci troviamo davanti ad una situazione completamente diversa: i forni elettrici nazionali hanno prodotto, nello scorso anno, l’87% dell’acciaio, contro il 15,3% di produzione da altoforno, e nel 2020 l'Italia ha acquistato dai Paesi extra Ue quasi 5 milioni di tonnellate di rottame ferroso. 

La situazione italiana rimane però un caso unico in Europa. Per mantenere e utilizzare tutti i rottami ferrosi europei bisognerebbe invece ristrutturare gli impianti di fusione dell’Ue e questo porterebbe alla chiusura di molti impianti a ciclo integrato a favore di altiforni con forni elettrici. Tutto ciò richiederebbe, quindi, ingenti investimenti e un piano strategico ben definito e a lungo termine.

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