Befera: "Redditometro non è stato di polizia fiscale"

Befera: "Redditometro non è stato di polizia fiscale"

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8 gennaio 2013

''Il nostro redditometro consiste in una procedura informatica che, incrociando banche dati e
utilizzando con estrema cautela indicatori di tipo statistico, punta a individuare, con la maggiore attendibilita' possibile, il grado di correlazione fra il reddito che emerge dalle dichiarazioni fiscali di un soggetto e la sua capacita' di spesa, quale risulta invece dai dati di cui il Fisco dispone''. Lo spiega il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, in una lettera al Corriere della Sera in cui difende il redditometro, che ''non significa Stato di polizia fiscale''. ''La funzione del redditometro e' quella di intercettare ipotesi di scostamento assai rilevanti tra il reddito che una persona dichiara al fisco e la capacita' di spesa che dimostra invece di avere nei fatti'', dice Befera. Le ipotesi di discostamento ''vanno sottoposte poi a un doppio vaglio procedurale, per accertarne -in contraddittorio con gli interessati - la reale fondatezza. E' una tecnica per individuare casi reali di 'spudorata evasione fiscale', per citare un'espressione utilizzata dal Capo dello Stato nel suo discorso di fine anno''. In merito all'onere della prova, ''una volta emerso uno scostamento oltre il 20% tra il reddito dichiarato e le spese sostenute, sta poi al contribuente addurre le ragioni che possono comprovare, a suo avviso, questo scostamento'', prosegue Befera. Non e' ''un caso di barbarie giuridica'', aggiunge, perche' ''nessuno, piu' del contribuente stesso, puo' sapere come stiano effettivamente le cose''.

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