Pil "appeso" ai consumi
Pil "appeso" ai consumi
Analisi del direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio Mariano Bella su Il Foglio: "Finalmente il governo ha individuato nel gap tra reddito e consumo ciò che manca al Pil per passare da una crescita dello zero virgola alla crescita dell'1%".
La domanda interna dovrà essere il traino del Pil. Lo dice il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp), che è la cornice con cui il ministero dell'Economia e delle Finanze predispone la manovra per il triennio 2026-2028 e presenta gli scenari macroeconomici per l'Italia. "Finalmente si individua nel gap tra reddito e consumo ciò che manca al Pil per passare da una crescita dello zero virgola alla crescita dell'1%" commenta al Foglio Mariano Bella, direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio. Il governo evidenzia due forze opposte sull'economia italiana: da un lato i dazi americani e la frammentazione commerciale che frenano gli scambi e aumentano l'incertezza. Dall'altro, un ruolo centrale della domanda interna, con un ciclo monetario meno restrittivo che incentiva gli investimenti e i consumi. Non a caso, secondo il documento governativo, la domanda interna al netto delle scorte contribuisce alla crescita del pil reale di 1,0 punto nei 2025, mentre l'apporto della domanda estera netta è negativo e flette il pil di 0,7 punti nel 2025 e di 0,4 punti nei 2026. La crescita del Pil sarà, secondo il Dpfp, dello 0,5% quest'anno. Ma l'apporto della domanda interna continuerà a essere centrale per l'Italia. Secondo il Mef, il contributo sarà dello 1,1% nel 2026, assestandosi poi a un contributo di 0,7 punti nel 2027 e nei 2028. Da notare anche che i prezzi al consumo mostrano in Ue e in Italia effetti deflazionistici a causa dei dazi: -0,1% sui prezzi al consumo nei 2025, -0,4 nel 2026 e -0,2 nei 2027. I dati Istat pubblicati ieri sulle "Spese per consumi delle famiglie (anno 2024)" raccontano di un'Italia prudente: spesa media mensile pari a 2.755 euro, sostanzialmente stabile (+0,6%) rispetto al 2023. "E' un'indagine campionaria, serve di più per comprendere questioni di distribuzione del reddito e dei consumi che non per fare una valutazione macroeconomica", commenta Mariano Bella. Per capire dunque come connettere i due piani - quadro macroeconomico e consumi delle famiglie - l'esperto di Confcommercio parte da un dato che è un campanello d'allarme: dalla metà del 2023 alla metà del 2025 il reddito disponibile per le famiglie è cresciuto più dei consumi. "Questa discrepanza si spiega con una sfiducia di fondo - nota Bella. Nel secondo trimestre di quest'anno abbiamo raggiunto un picco di propensione al risparmio, sui massimi degli ultimi trent'anni, al 9,5%". Poi Bella continua: "Il reddito disponibile da lavoro, capitale e trasferimenti è in crescita e sta per toccare i massimi dei 2007, con inflazione sotto controllo e occupazione ai massimi". Eppure i consumi non decollano: "L'unica spiegazione per leggere il mancato contributo al pil da parte dei consumi è una sfiducia delle famiglie italiane", aggiunge, citando uno studio della Bce che evidenzia in Italia il massimo scarto tra famiglie che sottostimano il proprio reddito effettivo e quelle che lo sovrastimano. "In altre parole, in Italia stiamo meglio di quello che percepiamo", sottolinea Bella. Il Mef scommette sulla domanda interna per i prossimi tre anni, tanto da auspicare tagli ai tassi di interesse nel Dpfp. Ciò che però emerge è chiaro: se i consumi non cresceranno almeno di pari passo al reddito reale, la variazione del pil rischia di avvicinarsi ulteriormente allo zero. Al momento il Dpfp prevede una crescita dello 0,7% l'anno prossimo. Ma per il direttore dell'Ufficio studi di Confcommercio, l'economia italiana ha i fondamentali positivi: "Se si rimette in moto la fiducia, anche attraverso una riflessione sulla pressione fiscale, gli altri ingranaggi potrebbero tornare a funzionare e la crescita potrebbe superare lo 0,5 per cento di quest'anno". La legge di Bilancio è il veicolo con cui sbloccare il potenziale: "Per ora abbiamo il Dpfp, che fa da cornice - afferma Bella-. Mi aspetto, tra le altre cose, misure pro impresa, interventi a favore delle famiglie (deduzioni e detrazioni per i figli), e la riduzione della pressione fiscale". Poi suggerisce: "Bisogna passare attraverso lo studio socioeconomico dei ceti e delle rispettive figure socio-reddituali: premiare il ceto medio può sbloccare la sfiducia. Auspico una riduzione del carico tributario sui redditi tra 28 e 50 mila euro, senza la neutralizzazione per i redditi più elevati che costerebbe tra 500 milioni e 1 miliardo". Con minore sfiducia e meno pressione fiscale sul ceto medio, magari si ripristinerebbe il funzionamento degli altri elementi di base dell'economia, cercando di arrivare all'1% e interrompendo la striscia di anni consecutivi senza toccarlo (il 2025 sarà il terzo).
tratto da Il Foglio
a cura di Domenico Mattone






























