CNEL: VERIFICA DEL PATTO SOCIALE

CNEL: VERIFICA DEL PATTO SOCIALE

ROMA, 20 SETTEMBRE 1999 (testo integrale)

DateFormat

20 settembre 1999

            Non si possono analizzare i risultati conseguiti dalla concertazione avviata a dicembre con il patto di Natale al di fuori e senza tener conto del contesto globale dei problemi che sono emersi o si sono accentuati in questi ultimi 9 mesi, problemi che si chiamano ristagno dell’economia, persistenti difficoltà del mercato per la fase di stallo che ancora caratterizza i consumi delle famiglie, crisi occupazionale anch’essa persistente e – non certo ultimo dei problemi oggi sul tappeto – la verificata impossibilità, almeno nel breve periodo, di realizzare una vera politica delle riforme.

 

            Se il nuovo modello di concertazione avviato a Natale ha fino ad ora dato – e poi esamineremo il perché – risultati parziali e che giudichiamo largamente insufficienti su tutte le questioni messe sul tappeto, esso è risultato  nullo o quasi nullo quando si è cercato il confronto sui grandi e più urgenti problemi di questo paese.

 

            Il fatto che il mercato, l’area dei consumi, la produzione, in questo periodo, non abbiano potuto decollare e non abbiano, nella sostanza, mostrato segni tangibili di risveglio e di rilancio, non consente di guardare al futuro con ottimismo,

 

            Le categorie e le imprese che noi rappresentiamo e che accettarono di buon grado di partecipare al tavolo del confronto appaiono oggi deluse, mortificate nelle loro aspettative, poco propense a firmare altre cambiali in bianco.

 

            Concertazione, come modello di confronto, significava e significa tuttora per noi programmazione dello sviluppo, aperto e costruttivo dialogo sui massimi sistemi e sulle cose da fare, da fare ora, per rilanciare la nostra economia e mettere mano a riforme che cambino finalmente questo sistema-paese.

 

            E i risultati raggiunti fino ad ora sono assai modesti, insufficienti.

 

            Attendiamo ovviamente di conoscere i contenuti della Finanziaria, ma abbiamo l’impressione – saremmo lieti di sbagliarci – che essa, alla fine, non andrà molto al di là del piccolo cabotaggio: riduzione ulteriore del debito pubblico – fatto sicuramente positivo e di cui nessuno sottovaluta il significato e la portata – ma poco, troppo poco di sostanziale per consentire un vero rilancio dei consumi e un nuovo decollo del nostro mercato.

 

            Si è parlato a lungo della necessità di mettere mano alla leva fiscale per rilanciare i consumi delle famiglie, ma abbiamo il fondato timore che, alla fine, i provvedimenti che verranno adottati in questa direzione, saranno di troppa modesta portata per riuscire ad essere davvero efficaci ed incisivi.

 

            E qui affiora uno dei nei, dei difetti principali di questa concertazione che fini ad oggi non è riuscita ad affrontare con decisione e sufficiente chiarezza i principali nodi che bloccano il nostro sistema-Paese.

 

            Vorrei qui citarne tre. Il primo riguarda proprio la programmazione della nostra economia e l’utilizzazione delle risorse di cui lo Stato oggi dispone per il rilancio del mercato. Si sono registrate maggiori entrate per più di 25 mila miliardi. Ebbene l’utilizzazione di questa ingente entrata è stata di fatto sottratta a qualsiasi tipo di confronto con le parti sociali.

 

            E che tipo di concertazione è quella nella quale non si riesce a discutere di questo genere di problemi?

 

            Il secondo riguarda le privatizzazioni, anch’esse lasciate fuori da ogni tipo di confronto. Non solo non si discute, non si fa il punto, presente e futuro, su come lo Stato intende utilizzare queste risorse che, almeno in parte, potrebbero essere investite per un rilancio degli investimenti e del libero mercato, ma sfugge anche, al confronto e alla concertazione, il problema di fondo, quello ancora più sostanziale, che riguarda il modello, non lo saprei chiamare altrimenti, che lo Stato intende realizzare per ridurre il peso della mano pubblica a tutto vantaggio di un libero mercato fatto di libere imprese.

 

            L’esempio dell’Enel che privatizza da un lato e poi utilizza i proventi di questa privatizzazione per consolidare la presenza del potere pubblico dall’altro entrando di prepotenza in settori come quello delle telecomunicazioni che nulla hanno a che fare con le sue funzioni istituzionali di ente elettrico dà molto da pensare e preoccupa.

 

            Terzo esempio: in questi giorni, si torna a parlare di nuovi contributi dello Stato per l’acquisto di auto “ecologiche”, una rottamazione bis o qualcosa di simile.

 

            A noi sembra che questo programma di nuovi “ecoincentivi” non è lo strumento più adatto per un riavvio significativo della domanda interna come non lo è stata la prima rottamazione che non ha avuto ricadute positive né sulla crescita del prodotto interno lordo né sull’occupazione. Caso mai è servita ad accentuare la propensione degli italiani ad acquistare auto straniere cioè un risultato che ha prodotto scarsi benefici per il nostro mercato interno.

 

            E poi il grosso nodo delle riforme sulle quali, in questi mesi, - parlo del Welfare ma non solo di esso – si è discusso a lungo ma completamente al di fuori della concertazione e, anche per questo, con risultati che alla fine sono stati purtroppo nulli.

 

            Nessuno intende sottovalutare le difficoltà che il Governo ha incontrato nell’attuare gran parte degli impegni assunti con il patto di natale e sottoscritto da tutte le parti sociali, difficoltà insite in un modello istituzionale che pone mille ostacoli e non conosce tempi rapidi nelle decisioni.

 

            Parlo di quanto, ad esempio, era stato deciso per il rilancio delle politiche attive nel settore del lavoro autonomo: sono stati rifinanziati gli stanziamenti per il prestito d’onore e la formazione continua ma poi il Regolamento attuativo è stato bloccato dalla Corte dei Conti.

 

            Con la legge 144/99 è stato previsto il tirocinio d’impresa con un meccanismo, da noi sollecitato, che dovrebbe servire a favorire forme agevoli di apprendistato, mas anche su questo fronte, la mancanza del decreto attuativo, ha di fatto impedito un rapido decollo della norma.

 

            E ancora è rimasto inattuato, per mancanza dell’autorizzazione della Commissione Europea, il provvedimento che prevede lo sgravio triennale per i nuovi assunti nel Mezzogiorno.

 

            E ancora risulta bloccata la riforma degli ammortizzatori sociali, dell’apprendistato e dei contratti di formazione lavoro.

 

            Potrei continuare con molti altri esempi dello stesso tipo ma finirei col ripetermi.

 

            La verità è che la concertazione si è, in buona parte, arenata sugli scogli di un sistema complesso che conserva il suo potere e lo usa per impedire ogni forma di reale cambiamento.

 

            E così i mesi passano e i problemi – quelli del mercato e quelli delle grandi riforme finiscono purtroppo per restare ancora senza soluzioni.

 

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca