Come e' cambiato il Pil delle Regioni italiane negli ultimi anni: cresce il contributo del Centro alla ricchezza nazionale, resta il divario Nord-Sud

Come e' cambiato il Pil delle Regioni italiane negli ultimi anni: cresce il contributo del Centro alla ricchezza nazionale, resta il divario Nord-Sud

A livello generale, Pil a +0,7% nel 2010 e +1% nel 2011

Cresce la ricchezza prodotta dalle regioni del Centro Italia con una quota, rispetto al totale nazionale, che passa dal 21% del 1995 al 21,6% del 2007 e con una previsione al 2011 pari al 22,1%; nello stesso periodo, a dinamiche sostanzialmente stabili sia del Mezzogiorno che del Nord-Est, si accompagna una riduzione della quota di Pil proveniente dal Nord-Ovest che passa dal 32,7% del 1995 al 31,6% previsto per il 2011; un calo complessivo dell’1,1%, dunque, che corrisponde esattamente a quanto “guadagnato” dal Centro anche per effetto di una maggiore presenza dei servizi di mercato che caratterizza questa macroarea; e se il biennio di crisi 2008-2009 ha investito, in particolare, le regioni dell’ex triangolo industriale e quelle più orientate all’export riducendone il Pil, in termini di ricchezza prodotta si conferma il divario Nord-Sud sintetizzato dal dato della regione meno produttiva del Nord, la Liguria, che registra un Pil pro capite superiore di un quarto a quello della regione più produttiva del Sud, l’Abruzzo; in termini assoluti, Val d’Aosta, Lombardia, Trentino ed Emilia Romagna sono le regioni con il maggior prodotto pro capite (in tutti i casi oltre i 32.000 euro), all’estremo opposto Campania e Calabria con meno di 17.000 euro; un gap, quello del Mezzogiorno rispetto al resto del Paese, derivante anche dalle debolezze strutturali di quest’area che, sebbene risulti quella con la maggiore riduzione di Pil nel 2008 (-1,7% rispetto al –1,3% nazionale), è quella che, però, nel 2009, ha limitato gli effetti della crisi (-4,1% rispetto al –5% nazionale).

Questi i principali risultati che emergono dal Rapporto dell’Ufficio Studi di Confcommercio-Imprese per l’Italia “Aggiornamento delle analisi e delle previsioni del Pil nelle regioni italiane”.

La prima evidenza di lungo termine è il rafforzamento della quota di Pil proveniente dalle regioni del Centro (fig. 1). Nonostante il prodotto medio per occupato nel macro-settore dei servizi mostri una dinamica piuttosto piatta, è evidente che nelle aree del Paese nelle quali è preponderante il peso del terziario di mercato, quindi anche a prescindere dalla presenza dei servizi erogati dalla Pubblica Amministrazione, le performance aggregate del sistema economico sono superiori rispetto alla media. Ciò accade anche durante i momenti critici: nel periodo 2008-2011, cioè il periodo recessivo che origina nel 2008, cui segue la debole ripresa del 2010-2011, il Pil del Centro passa in quota sul dato nazionale dal 21,6% al 22,1%, oltre un punto in più rispetto al 1995.

I dati regionali evidenziano risposte complesse e performance diverse delle economie territoriali rispetto al biennio recessivo. Alcune tendenze di sviluppo differenziale si erano già manifestate nel corso degli anni novanta, come per esempio una maggiore dinamicità presso le regioni della dorsale adriatica e del Centro, testimoniata dalla crescita media annua 1996-2007 del Pil reale pari all’1,7% del Nord-Est e all’1,6% nel Centro contro l’1,3% nel Nord-Ovest e nel Sud (tab. 1).

I decimali di differenza cumulandosi per dodici anni indicano cambiamenti notevoli nel contributo produttivo regionale al totale nazionale, in contrasto con l’idea che i territori si muovano in modo sostanzialmente analogo sotto il profilo economico.

La regione con il maggior prodotto pro capite è la Val d’Aosta, che però negli ultimi quindici anni ha palesato tassi di crescita tra i peggiori nell’ambito dei diversi territori (tab. 2). Al secondo posto si colloca la Lombardia, seguita dal Trentino e dall’Emilia Romagna. Poi il Lazio, che supera il Veneto.

In fondo alla graduatoria si trovano senza sorprese le regioni del Sud. Lo stacco è notevole in quanto la regione meno produttiva del Nord - la Liguria - ha comunque un prodotto pro capite di oltre il 24% superiore a quello della regione più produttiva del Mezzogiorno (l’Abruzzo). La produttività media del Mezzogiorno risulta pari al 56,2% di quella del Nord-ovest, ma spostando il confronto a livello regionale la situazione è anche peggiore: il Pil pro capite della regione meno produttiva (la Campania), non riesce ad andare oltre il 50% del reddito medio di quella più produttiva (la Val d’Aosta). La dicotomia Nord-Sud, quindi, c’è e rimane.

La crisi ha colpito i territori in modo differente e con qualche articolazione di non facile interpretazione.

La dimensione del crollo delle esportazioni si vede bene dalle riduzioni di Pil tanto nel 2008 quanto nel 2009, che ha interessato le regioni dell’ex triangolo industriale e quelle maggiormente orientate ai mercati esteri, con forte presenza di distretti dedicati al made-in, come nel caso delle Marche.

Il Mezzogiorno a causa delle note debolezze strutturali ha perso di più nel 2008, ma la presenza di un’elevata frazione di occupati dipendenti in generale e nella Pubblica Amministrazione in particolare, ha limitato l’impatto della crisi nel 2009. Nel biennio 2010-2011 il Mezzogiorno mostrerà comunque tassi di variazione del prodotto lordo inferiori a quelli della media Italia.

Il Lazio, la Toscana, l’Emilia Romagna e la Lombardia dovrebbero rispondere un po’ meglio delle altre regioni in termini di intensità della ripresa, comunque debole, fattore che accomuna tutte le aree del Paese. Anche nel 2011 si dovrebbe confermare la maggiore vivacità del Centro, trainato dalla maggiore presenza di terziario di mercato rispetto al resto dell’Italia.

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