Ufficio Studi Confcommercio su Legge di Stabilità: bene la qualità, dubbi sulla quantità

Ufficio Studi Confcommercio su Legge di Stabilità: bene la qualità, dubbi sulla quantità

Con incrementi Iva effetti depressivi su consumi e Pil

207/14
Roma, 22.10.2014

La Legge di Stabilità 2015 presenta, rispetto al passato, importanti novità sia nell'impostazione generale sia negli specifici contenuti. Alla valutazione complessivamente positiva, soprattutto sul piano della qualità degli interventi, si devono affiancare forti perplessità sulla dimensione quantitativa.

E' da valutare favorevolmente la decisione di espandere il deficit fino alla soglia consentita, peraltro temporaneamente, scelta che appare finalmente coerente con l'idea che se la disciplina di bilancio è un valore è, invece, un errore l'ottusa austerità. In secondo luogo, la ricomposizione delle uscite pubbliche, in favore di provvedimenti pro competitivi e pro crescita, imponendo qualche ulteriore vincolo alla spesa delle amministrazioni centrali e locali, non può essere vista come una declinazione del teorema dei tagli lineari quanto piuttosto come un giusto stimolo verso una maggiore efficienza della spesa.

Auspichiamo si tratti però dell'ultimo intervento dall'alto in materia di enti locali e di regioni: gli strumenti dei fabbisogni e dei costi standard devono essere utilizzati quanto prima per discriminare correttamente tra enti virtuosi ed enti che spendono con scarsa efficienza e con dubbia efficacia.

Sotto il profilo quantitativo, d'altra parte, le risorse messe in movimento, seppure lungo una direzione condivisibile risultano modeste per sostenere la crescita.

Lo stesso Governo ne è consapevole, visto che nella Nota di Aggiornamento al DEF (NdA DEF, del 30 settembre 2014) si chiarisce che, seppure "Il quadro macroeconomico programmatico include l'impatto sull'economia delle nuove misure che saranno più compiutamente dettagliate all'interno della Legge di stabilità", "Gli scostamenti tra la previsione programmatica e quella tendenziale, nulli nel 2014, risultano comunque molto limitati anche nel biennio successivo".  In particolare, la visione del Governo indica per il Pil del 2015 una differenza di appena un decimo di punto passando dallo scenario senza i provvedimenti contenuti nella LdS 2015 allo scenario programmatico che, appunto, li contiene (cioè dal +0,5% tendenziale, si passerebbe, nello scenario impattato dai provvedimenti della LdS 2015, a una crescita del Pil dello 0,6%).

Tab. 1 - Riclassificazione manovra LS 2015 entrate-spese
miliardi di euro

MAGGIORI ENTRATE

 

- Contrasto all'evasione

3,8

- Banda Larga

0,6

- Slot Machine

1,0

- Rendite

3,6

- Riprogrammazione

1,0

A) TOTALE MAGGIORI ENTRATE

10,0

MINORI ENTRATE

 

- Bonus 80 Euro (*)

9,5

- Irap componente lavoro

5,0

- Contratto tempo indeterminato

1,9

- Elminazione nuove tasse

3,0

- Partite IVA

0,8

B) TOTALE MINORI ENTRATE

20,2

Entrate nette (A-B)

-10,2

MAGGIORI SPESE

 

- Misure anticicliche (somma degli interventi)

15,8

C) TOTALE MAGGIORI SPESE

15,8

MINORI SPESE

 

- Spending Review

15,0

D) TOTALE MINORI SPESE

15,0

Spese nette (C-D)

0,8

SALDO COMPLESSIVO MANOVRA=

 

ENTRATE NETTE MENO SPESE NETTE=

 

(A-B)-(C-D)

-11,0

COPERTURA IN DEFICIT 2015

 

- Deficit Spending (da - 2,2% a – 2,9% del Pil)

11,0

(*) Bisogna notare che l'Istat classifica l'intervento bonus 80 euro non come minori entrate cioè come un taglio di imposte ma come incremento della spesa (alla sezione trasferimenti delle AA.PP. alle famiglie); se si volesse adottare questa classificazione la tabella andrebbe  modificata spostando i 9,5 miliardi di euro del bonus 2015 da minori entrate a maggiori spese, con nessuna variazione nel saldo: la manovra ammonterebbe sempre a 11 miliardi di euro in deficit; questo approccio, è mostrato nella tabella seguente, redatta secondo i criteri ufficiali. La tabella 2 permette di identificare la cifra di 36 miliardi di euro, così come evidenziata nella presentazione da parte del Governo della Legge di Stabilità 2015.
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La prudenza del Governo va apprezzata ma si ritiene che qualche decimo di punto aggiuntivo in termini di crescita è davvero alla portata del paese, anche grazie alla manovra attuale. Tuttavia, è da rimarcare che in ogni caso non si possono nutrire attese straordinarie.

Infatti, il taglio fiscale non appare di grande entità. Nella tabella 1 le poste della LdS sono state riclassificate secondo il criterio "entrate vs. uscite".

Se è vero che 20,2 miliardi di euro rappresentano tagli di imposta - con qualche cautela rispetto alle voci "contratto a tempo indeterminato" ed "eliminazione di nuove tasse" - non si può dimenticare che nuove imposte e tasse sono elevate per un importo di 10 miliardi di euro, ove sono ricomprese risorse pari a 3,8 miliardi derivanti dalla lotta all'evasione (sacrosante, ma che rappresenta trasferimento di risorse dal settore privato a quello pubblico).

Secondo l'elaborazione dell'Ufficio Studi di Confcommercio, dunque, la somma tra le minori entrate (minori imposte e tasse) e le maggiori entrate (maggiori imposte e tasse) fornisce il taglio netto di tasse, che risulta poco sopra i 10 miliardi di euro.

Procedendo in modo analogo sulle spese, e al di là dei positivi effetti di ri-composizione della spesa, è corretto sottolineare che ai tagli derivanti della spending review (15 miliardi) corrispondono incrementi della spesa pubblica pari a 15,8 miliardi (incrementi in certa misura inevitabili).

Dunque, sommando i tagli netti di imposta,10,2 miliardi, agli 0,8 miliardi di maggiori spese, si arriva agli 11 miliardi di risorse da coprire. In sostanza, i tagli netti di tasse e imposte sono totalmente finanziati in deficit, il che porta, come attestato dalla NdA al DEF, a un peggioramento dell'indebitamento netto in rapporto al Pil di circa sette decimi di punto nel 2015, dal -2,2% al -2,9%, che vale, appunto, all'incirca 11 miliardi di euro.

Nella tabella 2 si è seguito l'approccio di riclassificare la manovra sotto il profilo del reperimento delle risorse e dell'utilizzo delle stesse.

In tal modo emerge la dimensione del "movimento" riconducibile all'insieme dei provvedimenti adottati, che vale appunto i 36 miliardi indicati nelle slides di presentazione della LdS 2015.

Nella tabella 2 il bonus degli 80 euro è classificato tra le "maggiori spese", rappresentando un trasferimento dalla pubblica amministrazione al settore privato.

In ogni caso, la sostanza non muta. I conteggi portano, in questa metrica, a una sostanziale parità tra maggiori entrate e minori entrate (taglio fiscale netto pari a 0,7 miliardi) e a un eccesso di spese pari a 10,3 miliardi di euro, sempre con la necessità di sviluppare deficit per 11 miliardi. In questo caso esso è determinato dalle maggiori spese piuttosto che, come in tabella 1, dalle minori entrate nette. Si tratta solo di una questione contabile: collocare i 9,5 miliardi necessari per il bonus degli 80 euro tra le minori entrate oppure tra le maggiori spese. L'impatto espansivo della manovra resta comunque limitato agli 11 miliardi di maggiore deficit.

Tab. 2 - Riclassificazione manovra LS 2015 risorse-impieghi
miliardi di euro

Reperimento risorse (A+B)

25,0

MAGGIORI ENTRATE (A)

10,0

- Contrasto all'evasione

3,8

- Banda Larga

0,6

- Slot Machine

1,0

- Rendite

3,6

- Riprogrammazione

1,0

MINORI SPESE (B)

15,0

- Spending Review

15,0

Uso risorse (C+D)

36,0

MINORI ENTRATE (C)

10,7

- Irap componente lavoro

5,0

- Contratto tempo indeterminato

1,9

- Elminazione nuove tasse

3,0

- Partite IVA

0,8

MAGGIORI SPESE (D)

25,3

- Misure anticicliche (Somma degli interventi)

15,8

- Bonus 80 Euro

9,5

Variazione netta entrate (E=A-C)

-0,7

Variazione netta spese (F=D-B)

10,3

Variazione dell'indebitamento netto (G=E-F)(*)

-11,0

(*) A scopo di precisazione contabile va chiarito che nella sequenza del conto, si è seguito il criterio di un bilancio civilistico, con tutte poste positive, a differenza del conto riclassificato del bilancio delle AA.PP., nel quale le minori entrate e le minori spese andrebbero indicate precedute dal segno meno, proprio per evidenziare con il segno meno un miglioramento e con il segno più un peggioramento dell'indebitamento netto.
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Presidenza del Consiglio dei Ministri

E' possibile, infine, procedere a una terza riclassificazione che metta meglio in evidenza i flussi tra settori istituzionali, in particolare le famiglie e le imprese da una parte e la pubblica amministrazione dall'altra.

Con un certo grado di approssimazione è possibile pervenire allo schema della tabella 3.

Il settore privato godrebbe di maggiori risorse per 5,8 miliardi di euro.

Tab. 3 - Flussi dal settore privato alle AA.PP. e altre spese
valori positivi indicano maggiori risorse per il settore privato; miliardi di euro

contrasto all'evasione

-3,8

banda Larga

-0,6

slot Machine

-1,0

rendite

-3,6

riprogrammazione

-1,0

bonus 80 Euro (*)

9,5

Irap componente lavoro

5,0

partite IVA

0,8

famiglie

0,5

totale

5,8

 

 

altre spese

 

eliminazione nuove tasse

3,0

contratto tempo indeterminato

1,9

ricerca e sviluppo

0,3

spese a legislazione vigente

6,9

ammortizzatori

1,5

scuola

0,5

patto di stabilità per i comuni

1,0

giustizia, Roma-Milano, tfr, cofinanz., riserva

5,1

totale

20,2

 

 

totale da coprire (5,8+20,2) mediante…

26,0

1) spending Review

15,0

2) deficit (a saldo)

11,0

totale coperture

26,0

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La posta "eliminazione di nuove tasse" non compare nel flusso a favore del settore privato perché in quest'ottica importa vedere come il reddito disponibile crescerebbe nel 2015 rispetto al 2014 e non rispetto a ciò che sarebbe accaduto se le nuove tasse - per circa 3 miliardi di euro - fossero state elevate nel 2015. La posta relativa alla decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato confluisce nelle "altre spese" in ragione del fatto che è maggiore reddito per le imprese se e solo se alle prospettate assunzioni si dovesse procedere. Gli altri interventi, di cui molti sono di natura anticiclica, sommano a 20,2 miliardi in modo tale che le coperture derivanti dalla spending review, pari a 15 miliardi di euro, lascino un vuoto esattamente pari a 11 miliardi, che rappresenta la chiusura dei conti mediante ricorso a maggiore deficit.

Nel complesso, sarebbe stata preferibile una maggiore dose di coraggio in tema di spending review, proprio al fine di sviluppare una manovra shock di entità netta ben superiore agli attuali 11 miliardi di euro di maggiori risorse nette, peraltro semplicemente in deficit.

Nella prospettiva di più lungo periodo, si osserva, con disagio, che nella LdS 2015, una manovra proposta come orientata al taglio delle tasse, ci sono purtroppo previsioni di incrementi netti d'imposta. Infatti, a partire dal 2016, è stabilito un generalizzato aumento delle aliquote Iva, sia di quella ridotta del 10% sia di quella ordinaria del 22%. Le percentuali di incremento - che decorreranno dal 1° gennaio 2016 e dal 1° gennaio 2017 - non sono ancora indicate. Si ricorda che tale misura sostituisce il dispositivo della precedente legge di stabilità che prevedeva la razionalizzazione delle cosiddette "spese fiscali" tale da assicurare maggiori entrate pari a 3 miliardi nel 2015, 7 miliardi nel 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017. Con la modifica introdotta, tali importi verranno garantiti, esclusivamente, dall'incremento delle aliquote Iva e dall'incremento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina (salvo per il 2015, anno per il quale il meccanismo è stato sterilizzato da altre coperture).

E' opportuno sottolineare che l'incremento dell'Iva, spalmato tra il 2016 e il 2018, porterebbe le aliquote dal 10 al 13% e dal 22 al 25,5%, consegnando all'Italia il podio anche nella graduatoria internazionale delle aliquote delle imposte sui consumi. Approssimativamente, questo innalzamento delle aliquote legali produrrebbe un maggior gettito complessivo di circa 19 miliardi nel 2018 rispetto al 2015, con un impulso superiore ai sei miliardi già nel 2016. Al di là degli effetti negativi su Pil e consumi, come già accaduto in passato, questi incrementi d'imposta deprimeranno anche il gettito atteso ex ante, attraverso una verosimile accelerazione dei processi di evasione ed elusione.

Se ti tiene conto anche dei conseguenti incrementi della pressione fiscale, tanto apparente quanto legale, nel medio termine, risulta fortemente depotenziato - se non annullato - il portato espansivo della presente Legge di Stabilità, come anche il suo effetto in termini di riduzione delle imposte e delle tasse.

Inoltre, guardando al solo 2015, se da un lato viene introdotta la deduzione totale del costo del lavoro dipendente a tempo indeterminato dalla base imponibile Irap, che comporterà un significativo risparmio di imposta per le imprese con dipendenti, dall'altro, gli effetti positivi di tale misura vengono ridotti dall'aggravio d'imposta sulle altre componenti della base imponibile Irap (utili, interessi passivi): infatti, dal 2015 l'aliquota Irap torna al 3,9%, dopo essere stata ridotta, nel 2014, al 3,5%. Per le imprese senza dipendenti, dal 2015, si verificherà, dunque, un incremento netto di Irap: queste imprese non usufruiranno della deduzione del costo del lavoro dalla base imponibile Irap mentre pagheranno l'aggravio dell'Irap.

Infine, tenuto conto che in Italia manca un meccanismo di efficace coordinamento dell'imposizione fiscale tra diversi livelli di governo, è lecito avere dubbi sugli effetti dei presunti tagli fiscali: presunti perché, già di modesta entità, potrebbero essere neutralizzati non solo dai previsti incrementi dell'Iva e delle accise ma addirittura, e da subito, da eventuali incrementi di tributi stabiliti dalle regioni e dagli altri enti locali.

Banner grande colonna destra interna

ScriptAnalytics

Cerca