MIC - Misery Index Confcommercio: una valutazione macroeconomica del disagio sociale

MIC - Misery Index Confcommercio: una valutazione macroeconomica del disagio sociale

Ad agosto l’indice di disagio sociale si attesta a 21,9 (-2,6 punti su luglio). La disoccupazione estesa si attesta al 17,4%. I prezzi dei beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto si mantengono negativi (-0,2% su base annua).Dopo un’estate in recupero le prospettive per l’autunno si confermano difficili

Il MIC di agosto 2020 si è attestato su un valore stimato di 21,9, in ridimensionamento di 2,6 punti rispetto a luglio. Pur se in miglioramento, la situazione è connotata da molti elementi di fragilità, con una ripresa che appare ancora non particolarmente diffusa e che stenta a estendersi a molti settori dei servizi, soprattutto quelli ricettivi, della ristorazione e per la fruizione del tempo libero. La quota di lavoratori il cui reddito è sostenuto dalla cassa integrazione e dai fondi di solidarietà, principalmente tra coloro che operano nelle piccole imprese, rimane elevata. Non vanno, però, trascurati i segnali gli importanti segnali di vitalità del sistema espressi dalla ripresa della fiducia tra imprenditori e famiglie e crescita dell’occupazione indipendente.

Il tasso di disoccupazione ufficiale si è attestato al 9,7%, in diminuzione di un decimo di punto su luglio. Il dato riflette un ulteriore recupero dei livelli occupazionali (+83mila unità su luglio) associato ad una diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-23mila unità in termini congiunturali). Seppure nel confronto con febbraio rimangano ancora gap importanti (-359mila occupati e +69mila disoccupati), il mercato del lavoro sembra avviato ad una “normalizzazione”, almeno per quanto riguarda la distribuzione tra le forze di lavoro e gli inattivi.

Includendo una parte dei sottoccupati tra i disoccupati, fermo restando il complesso delle persone presenti sul mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione risulta più elevato di 2 punti (11,7%) ed in aumento rispetto a luglio. Nonostante il sostanziale ritorno alla normalità ed il recupero sul versante delle persone occupate, si rileva ancora un deficit di ore lavorate pro capite nel confronto annuo. Il numero di scoraggiati si stima sia tornato ai livelli di inizio anno.

Ad agosto 2020 le ore autorizzate di CIG sono state oltre 186 milioni a cui si associano oltre 107 milioni di ore per assegni erogati da fondi di solidarietà. Del totale il 95% aveva causale Covid-19, confermando la situazione già rilevata nei mesi precedenti. In termini di ore di CIG effettivamente utilizzate destagionalizzate e ricondotte a ULA, si stima che questo corrisponda a oltre 800mila unità lavorative standard. Il combinarsi di queste dinamiche ha portato il tasso di disoccupazione esteso al 17,4% (tab. 1).

In agosto i prezzi dei beni e dei servizi ad alta frequenza d’acquisto hanno registrato un calo dello 0,2% su base annua, accentuando la tendenza deflazionistica.

La figura 1 mostra le due componenti del MIC (in rosso l’inflazione dei beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto ed in blu la disoccupazione estesa), mentre l’ingrandimento riporta l’andamento complessivo del disagio sociale negli ultimi dieci mesi.

Tabella 1: Prezzi, disoccupazione e Misery Index Confcommercio (MIC) in Italia

anno

disoccupazione
ufficiale (%)

disoccupazione
estesa (%)*
Δ% prezzi-alta
frequenza di
acquisto
MIC*
2007 6,1 8,7 2,9 13,2
2014 12,6 18,1 0,3 23,1
2018 10,6 14,6 1,8 19,8
2019 9,9 13,8 0,8 18,1
2020-I trim 9,1 13,6 0,9 17,9
2020-II trim 8,5 22,1 0,3 28,1
2019-Novembre
2019-Dicembre
2020-Gennaio
9,5
9,5
9,5
13,5
13,6
13,4
0,4
1,0
1,3
17,3
17,9
18,0
2020-Febbraio 9,3 12,7 0,8 16,7
2020-Marzo 8,5 14,7 0,6 19,0
2020-Aprile 7,4 22,3 0,8 28,8
2020-Maggio 8,7 24,5 0,0 31,0
2020-Giugno 9,4 19,4 0,1 24,6
2020-Luglio 9,8 19,4 -0,1 24,5
2020-Agosto 9,7 17,4 -0,2 21,9

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio-Imprese per l’Italia su dati ISTAT ed INPS. 
Legenda: per le definizioni si veda la nota tecnica. * I dati degli ultimi tre mesi sono frutto di stime (cfr. la nota tecnica in fondo).

L’occupazione nei servizi nel secondo trimestre 2020

A partire da questo numero all'interno del report mensile relativo all'andamento del MIC viene pubblicato, con cadenza trimestrale, un approfondimento sulle dinamiche occupazionali nei servizi, sulla base delle risultanze della Rilevazione sulle forze di lavoro di fonte Istat.

Il brusco ridimensionamento degli occupati (-841mila unità nel confronto annuo) registrato nel secondo trimestre del 2020, periodo nel quale molte delle attività sono state impossibilitate ad operare, ha coinvolto in misura particolarmente accentuata il settore dei servizi (-810mila unità; tab. 2).

Tab. 2 - Occupati - dati grezzi in migliaia

  2019 I trim. 2019 II trim. 2020 var.tend.
Servizi 16.409 16.601 15.791 -810
di cui:        
commercio ingrosso e dettaglio, rip, mezzi di trasporto 3.287 3.304 3.112 -191
trasporto e magazzinaggio 1.143 1.130 1.111 -19
servizi di alloggio e ristorazione 1.480 1.527 1.280 -246
servizi alle imprese 2.708 2.721 2.617 -104
totale economia 23.360 23.554 22.713 -841

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio-Imprese per l’Italia su dati ISTAT

All'interno dell'aggregato i settori che hanno conosciuto l'espulsione più significativa di forza lavoro sono stati il commercio, con una riduzione di 191mila unità nel confronto annuo, e i servizi di alloggio e ristorazione (-246mila, pari al 16,2% degli occupati). Significativo è stato anche il calo all’interno dell’aggregato relativo ai servizi alle imprese (-104mila). Una certa tenuta si è registrata per il trasporto (-19mila unità), comparto la cui attività è risultata cruciale per l’approvvigionamento dei prodotti essenziali e per le consegne a domicilio.

I dati riflettono diversi fenomeni sottostanti. La chiusura di piccole aziende ha portato a un calo degli indipendenti, soprattutto nel commercio e a mancate assunzioni dei dipendenti a tempo determinato, in particolare nei settori come quello dei servizi di alloggio e ristorazione che in primavera ed estate hanno normalmente bisogno di mano d’opera aggiuntiva.

Se si guarda all’andamento registrato dalla componente dipendente dell’occupazione (tab. 3) si rileva come tutta la riduzione registrata nel secondo trimestre (-622mila unità su base annua) sia concentrata tra i servizi (-613mila unità).

Tab.3 - Occupati dipendenti - dati grezzi in migliaia

  2019 I trim. 2019 II trim. 2020 var.tend.
Servizi 12.508 12.661 12.048 -613
di cui:        
commercio ingrosso e dettaglio, rip, mezzi di trasporto 2.099 2.104 2.025 -79
trasporto e magazzinaggio 1.017 1.005 976 -29
servizi di alloggio e ristorazione 1.069 1.101 887 -214
servizi alle imprese 1.584 1.586 1.507 -80
totale economia 18.048 18.180 17.558 -622

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio-Imprese per l’Italia su dati ISTAT

n particolare, il settore che ha conosciuto la riduzione più significativa nel confronto annuo è quello dei servizi di alloggio e ristorazione (-214mila unità). Per il commercio, il confronto tra l’andamento del totale degli occupati e quello dei soli dipendenti evidenzia come la contrazione più significativa sia rilevabile tra gli indipendenti, a conferma dello stato di estrema difficoltà che si sono trovate a vivere molte piccole imprese.

Guardando alle tipologie contrattuali dei dipendenti (tab. 4) si osserva come la tendenza al ridimensionamento abbia interessato, nel secondo trimestre del 2020, in misura preponderante la parte di coloro che hanno un contratto a tempo determinato. Dato che non sottintende solo la fine di un rapporto lavorativo già in essere, ma anche, e soprattutto, il mancato avvio di nuovi contratti soprattutto quelli stagionali.

Quest’ultimo aspetto ha fortemente inciso sugli assetti occupazionali del commercio e dei servizi alberghieri e ricettivi. Se lo scorso anno poco meno di un quarto dei dipendenti di questi settori operava con un contratto a termine nel secondo trimestre del 2020 la quota è scesa a poco più del 18%, in termini assoluti ciò equivale a 266mila occupati in meno.

Tab.4 - Incidenza lavoratori dipendenti a tempo determinato
sul totale

  2019 I trim. 2019 II trim. 2020
Servizi 16,5 16,5 13,6
di cui:      
commercio, alberghi e ristoranti 24,6 24,7 18,1
altre attività dei servizi 13,7 13,7 12,2
TOTALE 17,0 17,2 14,0

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio-Imprese per l’Italia su dati ISTAT.

A conferma di come nella fase di esplosione della pandemia, caratterizzata da forti restrizioni produttive e personali, le fasce più penalizzate all’interno del mercato del lavoro siano state le più deboli, si evidenzia la riduzione della quota dell’occupazione femminile (tab. 5)

Tab.5 - Incidenza occupazione femminile

  2019 I trim. 2019 II trim. 2020
servizi 50,9 51,1 50,7
di cui:      
commercio ingrosso e dettaglio, rip. mezzi di trasporto 41,5 40,6 40,9
Trasporto e magazzinaggio 20,6 21,1 20,0
servizi di alloggio e di ristorazione 50,6 51,2 50,0
servizi alle imprese 48,8 49,5 48,5
Totale economia 42,3 42,4 41,9

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio-Imprese per l'Italia su dati ISTAT.

Il fenomeno, seppure sostanzialmente diffuso, appare abbastanza accentuato nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione (la quota è scesa al 50% dal 51,2% dello stesso periodo del 2019) e dei servizi alle imprese. Questi settori, al pari del commercio, rappresentano un importante bacino per l’occupazione femminile, per il quale il nostro Paese sconta un gap significativo nel confronto con le altre economie industrializzate.

Nota tecnica sul calcolo del Misery Index Confcommercio (MIC)

Il Misery Index (MI) tradizionale è dato dalla somma di tasso di disoccupazione e tasso d’inflazione. I pesi assegnati sono identici e pari a 1.

Il Misery Index Confcommercio (MIC) è calcolato in modo da leggere con maggiore precisione la dinamica del disagio sociale, misurato in una metrica macroeconomica. Le due componenti del MIC sono il tasso di disoccupazione esteso e la variazione dei prezzi dei beni e dei servizi acquistati in alta frequenza (fonte ISTAT): le dinamiche di prezzo di questo paniere influenzano in modo più diretto la percezione dell’inflazione da parte delle famiglie, correlandosi direttamente con le preoccupazioni (disagio) sul potere d’acquisto.

Studi scientifici (si veda Di Tella, MacCulloch ed Oswald, 2001), hanno dimostrato come il costo della disoccupazione in termini di soddisfazione di vita sia superiore a quello dell’inflazione. Ricerche sociali evidenziano come la prima preoccupazione dei cittadini sia la questione del lavoro, e quindi la paura della disoccupazione. Il Misery Index tradizionale, che assegna pesi uguali ai due mali, tende, dunque, a sottostimare i costi economici, psicologici e sociali - diretti ed indiretti - della disoccupazione. Il MIC assegna pesi diversi alle due componenti, disoccupazione ed inflazione, rispettivamente 1,2647 e 0,7353. La quantificazione dei due pesi adottata si basa sulla regressione 1 della Tabella 2 contenuta in Becchetti, Castriota e Giuntella (2010), in cui si stima che, per lasciare indifferente un cittadino medio europeo, l’aumento di un punto di disoccupazione deve essere compensato da una diminuzione di 1,72 punti di inflazione. Di conseguenza, i pesi della disoccupazione e dell’inflazione valgono, rispettivamente, (1,72/2,72)x2=1,2647 e (1/2,72)x2=0,7353. I pesi sono moltiplicati per due in modo da lasciare la loro somma uguale a due per consentire una lettura non ambigua dei risultati (anche nel calcolo del Misery Index tradizionale la somma dei pesi è pari a due).

A differenza del Misery Index tradizionale nel MIC viene calcolata una versione più estesa della disoccupazione. Al numeratore del tasso di disoccupazione esteso compaiono parte dei sottoccupati, gli scoraggiati, come definiti più sotto, e i cassaintegrati equivalenti a zero ore. Questo concetto si esemplifica facilmente: se le ore di cassa integrazione sono otto in un giorno, quattro per una persona e quattro per un’altra persona, i cassaintegrati equivalenti sono pari a uno dal momento che un dipendente a tempo pieno lavora otto ore. In questa nuova metrica del MIC si è scelto, facendo anche riferimento a studi internazionali (si veda Sorrentino, 1995; OECD, 1995; Martin, 1994), di considerare solo parzialmente occupati alcuni dei lavoratori in part time involontario. All’interno di questo aggregato si è scelto di inserire una quota dei sottoccupati - persone che lavorano part time ma che vorrebbero lavorare un numero maggiore di ore e dichiarano di essere disponibili a lavorare più ore entro le due settimane successive – tra i disoccupati. Sulla base della distribuzione degli occupati per ore lavorate si è calcolato il rapporto tra le ore lavorate da coloro che lavorano settimanalmente tra le 2 e le 20 ore e la media delle ore lavorate per occupato. Sulla base di questo rapporto, circa il 40% è stato mantenuto tra gli occupati, mentre il 60% circa è confluito tra i disoccupati. Gli scoraggiati correggono anche il denominatore, estendendo il concetto tradizionale di forze di lavoro a coloro che hanno svolto l’ultima azione di ricerca da due a tre mesi fa e che, quindi, sono più facilmente assimilabili ai disoccupati che agli inattivi; i sottoccupati e i cassaintegrati equivalenti non compaiono al denominatore perché già conteggiati tra gli occupati dall’ISTAT.

Il tasso di disoccupazione esteso è il termine in parentesi quadra a destra nella seguente formula:

MIC=0,7353 × (infl. AF) + 1,2647 × [(disocc. + sottoccupati + scoraggiati+ CIG)/(occ.+disocc.+scoraggiati.) × 100]

Di seguito la descrizione delle singole variabili e le fonti:

  • Tasso di inflazione dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto: dati mensili di fonte ISTAT, variazione tendenziale;
  • Tasso di disoccupazione, occupati e disoccupati: dati mensili destagionalizzati di fonte ISTAT;
  • Sottoccupati: dati trimestrali di fonte ISTAT mensilizzati e destagionalizzati con TRAMO-SEATS;
  • Ore CIG: dati mensili INPS sulle ore effettivamente utilizzate (tiraggio, confronti omogenei); tale stima costituisce un’approssimazione dal momento che le comunicazioni delle aziende all’INPS non sono sempre contestuali al periodo di fruizione del sussidio da parte del lavoratore. I dati sono destagionalizzati con TRAMO-SEATS;
  • CIG: numero di CIG-teste, calcolate dividendo le Ore CIG utilizzate per 2000 ore annue (166,6 al mese);
  • Scoraggiati: sottoinsieme di inattivi che (1) si dichiarano in cerca di lavoro, (2) sono disponibili a lavorare nelle prossime due settimane e (3) anche se non lo hanno fatto nelle ultime quattro settimane, affermano di aver compiuto una o più azioni di ricerca da 2 a 3 mesi prima dell’intervista. Dati trimestrali di fonte ISTAT mensilizzati e destagionalizzati con TRAMO-SEATS.

Per il presente numero

  • I dati sulle ore di CIG effettivamente utilizzate sono stati destagionalizzati e, per gli ultimi due mesi, stimati con TRAMO-SEATS;
  • I dati sui sottoccupati e sugli scoraggiati per gli ultimi cinque mesi sono stimati applicando ai dati trimestrali un modello di previsione che tenga conto delle ciclicità stagionali (le elaborazioni sono state effettuate con TRAMO-SEATS). La previsione è stata poi mensilizzata.

Riferimenti

  1. Becchetti L., Castriota S., Giuntella O. (2010), “The Effects of Age and Job Protection on the Welfare Costs of Inflation and Unemployment”, European Journal of Political Economy, Vol. 26, pp. 137-146.
  2. Di Tella R., MacCulloch R., Oswald A. (2001), “Preferences over Inflation and Unemployment: Evidence from Surveys of Happiness”, American Economic Review, Vol. 91, pp. 335-341.
  3. Constance Sorrentino (1995), “International Unemployment Indicators, 1983-93”, Monthly labor review, U.S. Department of Labor, Bureau of Labor Statistics.
  4. OECD Employment OUTLOOK (1995) “Supplementary measures of labour market slack an analysis of discouraged and involuntary part-time workers”, Chapter 2.
  5. John P. Martin (1994) "The extent of high unemployment in OECD countries," Proceedings - Economic Policy Symposium - Jackson Hole, Federal Reserve Bank of Kansas City, issue Jan, pages 5-48.

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