Confcommercio Como: "Anche nel 2013 confermata la crisi dei pubblici esercizi"

Confcommercio Como: "Anche nel 2013 confermata la crisi dei pubblici esercizi"

La differenza fra nuove aperture e chiusure registra ancora una volta, per il 2013, un numero preceduto dal segno meno, ma di minore consistenza rispetto a quello del 2012. È quanto evidenzia un rapporto dell'Ufficio Studi Fipe-Confcommercio Como.

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4 aprile 2014

 

La situazione nel comparto dei ristoranti non è rosea, le cose vanno ancora male, anche se in modo meno "invasivo". La differenza fra nuove aperture e chiusure registra ancora una volta, per il 2013, un numero preceduto dal segno meno, ma di minore consistenza rispetto a quello del 2012. È quanto evidenzia un rapporto dell'Ufficio Studi Fipe-Confcommercio Como. "A livello complessivo il 2013 è stato per le imprese della ristorazione un anno ancora negativo sul fronte della movimentazione – dice il direttore di Confcommercio Como Graziano Monetti - alla fine dei conti sono venute a mancare sul mercato varie realtà non sostituite da nuove". Ciò rispecchia il dato nazionale dove il numero delle imprese è 315.665, ripartito in 148.164 bar (46,9%), 164.519 ristoranti (52,1%) e 2.982 (0,9%) mense e catering. La Lombardia è la regione che conta il maggior numero di società (15,4%). "Per quanto riguarda la forma giuridica, la ditta individuale rappresenta il 51,1% del settore; il 35% opera come società di persone, mentre la quota di società di capitale è del 12,9%" sottolinea il rapporto redatto dall'Ufficio Studi di Confcommercio Como. Altre peculiarità si trovano nell'analisi dei singoli comparti: il bar, che presenta una forte correlazione con la popolazione residente, ha visto restringere la concorrenza e analoga situazione la si ritrova nei ristoranti il cui numero continua a essere superiore a quello dei bar. "Qui va registrata una curiosità nell'andamento differente fra la ristorazione tradizionale di servizio al tavolo e il take-away – ricorda Monetti – laddove si registrano più aperture rispetto alle chiusure, anche se per poche unità,  ciò riguarda essenzialmente le attività per il take-away". Aggiunge il presidente dell'Associazione Pubblici Esercizi Fipe Confcommercio Como che "la crisi porta i consumatori a privilegiare offerte più economiche, così i ristoranti tradizionali stanno soffrendo molto più dei take-away, sebbene ci siano anche altre ragioni, come la struttura dei costi sempre più onerosa che ha ridotto produttività e margini, liberalizzazioni sbagliate che stanno dequalificando il settore, stili di vita che hanno cambiato il rapporto con il cibo, nuovi adempimenti, anche di natura fiscale e  tributaria, che hanno penalizzato soprattutto i ristoranti tradizionali, a partire dall'IMU e dalla Tares o Tari che sia".

 

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