Confcommercio su sciopero della spesa: insieme ai nostri clienti per la riduzione delle tasse

Confcommercio su sciopero della spesa: insieme ai nostri clienti per la riduzione delle tasse

No ad una protesta senza fondamento. Aumentano le spese obbligate, si riduce il potere di acquisto delle famiglie, gli aumenti dei prezzi incidono al massimo per 9 euro a famiglia, nessuna speculazione del commercio, sì a iniziative per ...68/2007
68/07

 

68/07

Roma 13.9.2007

 

No ad una protesta senza fondamento. Aumentano le spese obbligate, si riduce il potere di acquisto delle famiglie, gli aumenti dei prezzi incidono al massimo per 9 euro a famiglia, nessuna speculazione del commercio, sì a iniziative per ridurre le tasse e rilanciare l’economia

 

CONFCOMMERCIO SU SCIOPERO DELLA SPESA:

INSIEME AI NOSTRI CLIENTI PER LA RIDUZIONE DELLE TASSE

 

 

Gli eventuali aumenti dei prezzi di alcuni prodotti interessano solo una parte dei consumi delle famiglie pari al 5%-7% del paniere di spesa complessivo e le forti tensioni all’origine sono destinate a produrre un impatto molto marginale sui prezzi finali dei beni di consumo.

La spesa media mensile per pane e cereali e latte formaggi e uova (l’area interessata dai probabili aumenti) ammonta a circa 145 euro per famiglia. E quindi, anche ipotizzando un aumento del 6% dei prezzi al consumo di questi prodotti nei prossimi mesi, le famiglie si troverebbero a spendere, nel 2008, circa 9 euro in più al mese. A questi aumenti, peraltro, corrispondono, tra gennaio e luglio 2007, riduzioni di prezzo in altri comparti del consumo di beni e servizi (ad esempio il â€"1,8% di ortaggi e legumi freschi).

Se al tema dei prezzi si sostituisse quello della mancata crescita del Paese e dei redditi delle famiglie si eviterebbero dannose polemiche e si potrebbero, invece, condividere con i cittadini contribuenti iniziative per ridurre la pressione fiscale e rilanciare l’economia.

 

Cosa aumenta e perché

 

Derivati dei cereali

Sul versante delle materie prime internazionali si regista, tra agosto 2006 ed agosto 2007, un incremento dei prezzi dei cereali del 31%. Sui mercati italiani i prezzi all’origine dei cerali hanno registrato nello stesso periodo una variazione superiore al 55%. In particolare per il frumento duro ed il frumento tenero gli aumenti negli ultimi 12 mesi sono di oltre il 70%. Va considerato che le tensioni maggiori sono registrate a partire da giugno (con aumenti nell’ultimo bimestre del 40%).

I prezzi al consumo per i prodotti derivati dai cereali fanno segnalare a luglio incrementi molto contenuti e pari al 2,5% rispetto all’anno precedente. Va ricordato come negli ultimi anni molti prodotti di questo segmento abbiano registrato un’evoluzione dei prezzi decisamente più contenuta rispetto al dato medio dell’inflazione: basti ricordare la pasta, i cui prezzi sono aumentati rispetto al 1995 dell’8,5% a fronte del 32,4% del dato generale.

 

Latticini

L’indice dei prezzi alla produzione per questi prodotti fa registrare su base annua ad agosto 2007 una variazione del 10,5%, che per il burro diventa un +57%. Le dinamiche dei prezzi al consumo segnalano, invece, una variazione dei prezzi molto contenuta con un incremento a luglio dell’1,5% (per il burro la variazione è del 2,4%) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

 

No alla guerra di cifre

Alla luce di queste indicazioni sembrano eccessivi gli allarmi lanciati su aumenti indiscriminati dei prezzi, in quanto il paniere di beni interessato è limitato. D’altra parte va anche ricordato come normalmente aumenti dei prezzi all’origine, se di cospicua entità e se osservati per periodi prolungati, si traducano, secondo i normali meccanismi di mercato, in variazioni dei prezzi al consumo.

E’ altrettanto evidente come aumenti nei prezzi di alcuni beni e servizi che non sono destinati solo al consumo finale delle famiglie, ma che rappresentano anche la materia prima per la produzione del servizio, nel caso specifico bar e ristoranti, producano effetti, sia pur limitati, nei prezzi praticati da altri settori.

 

Nessuna speculazione della distribuzione

Gravi e fuori luogo appaiono quindi i rimandi a comportamenti speculativi del commercio incompatibili sia con il pluralismo distributivo che contraddistingue il nostro paese sia con la parcellizzazione delle posizioni di vendita all’ingrosso e al dettaglio.

 

Il vero problema: la bassa crescita economica

La percezione della variazione dei prezzi al consumo da parte delle famiglie e la difficoltà della spesa quotidiana trovano invece una facile spiegazione nelle dinamiche dei redditi reali disponibili delle famiglie italiane. L’osservazione di lungo periodo di tali fenomeni aiuta a comprendere che il vero problema è la mancata crescita delle risorse disponibili delle famiglie per i consumi, sia per quelli di prima necessità che per gli acquisti meno frequenti, questi ultimi tuttavia sostenuti da migliorate condizioni di credito al consumo.

In 16 anni la crescita cumulata reale del reddito disponibile, cioè al netto della variazione dell’indice generale dei prezzi al consumo, è stata in media per ciascun italiano del 7,7%. In termini di variazione media annua questo dato, di per sé eloquente, diventa inferiore allo 0,5%, quindi una crescita modestissima delle proprie capacità di spesa.

 

Aumentano le spese obbligate

Se dal monte dei redditi disponibili si escludono le spese obbligate â€" affitti, acqua, luce, gas, combustibili, spese bancarie ed assicurative â€" si può osservare un quadro di stagnazione delle risorse disponibili. Anche a causa di un’inflazione mediamente superiore a quella generale, dal 1991 al 2006, la percentuale delle spese obbligate rispetto al reddito disponibile è passata dal 19% al 25%, riducendo progressivamente le possibilità di scelta e il benessere dei consumatori.

 

 

 

(Tutti i dati sono elaborazioni dell’Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat, Ismea, indice delle materie prime Confindustria)

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