Caro energia, la mobilitazione di Confcommercio Umbria

Caro energia, la mobilitazione di Confcommercio Umbria

All’insegna dello slogan “NON spegnete l’Italia, NON spegnete il Futuro”, il 5 settembre in tredici città è andata "in scena" la protesta degli imprenditori.

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6 settembre 2022

Dalle piccole alle più grandi, non c’è attività del commercio, turismo e servizi che non debba fare i conti con gli aumenti vertiginosi delle bollette di luce e gas.  Sono aumenti che hanno un impatto tale sul loro futuro da indurle alla protesta plateale. Così, il 5 settembre scorso gli imprenditori di commercio, turismo e servizi hanno animato un presidio in contemporanea in tredici città umbre, aderendo all’iniziativa di Confcommercio Umbria “NON spegnete l’Italia, NON spegnete il Futuro”.

Perugia, Terni, Assisi, Bastia Umbra, Castiglione del Lago, Città di Castello, Foligno, Gubbio, Gualdo Tadino, Marsciano, Norcia, Spoleto e Umbertide sono stati i luoghi di una protesta simbolica, che ha voluto rappresentare un livello di esasperazione e preoccupazione altissimo. Ben in evidenza cartelli con alcuni esempi di aumenti di bollette: i costi sono mediamente triplicati rispetto agli stessi mesi del 2021, ma in alcuni casi gli aumenti sono ancora più clamorosi.   
E poi in ogni piazza - in collegamento con la conferenza stampa del presidente di Confcommercio Umbria Giorgio Mencaroni – c’è stato il falò delle bollette, momento clou di una iniziativa che è nata davvero dal “basso”, dall’angoscia di imprenditori che temono fortemente per il futuro della propria attività.    

La protesta prevede anche lo spegnimento di luci e insegne delle imprese, escluse quelle in attività, nelle ore notturne dalle 20 di lunedì 4 fino a venerdì 9 settembre.

“Con aumenti dei costi dell'energia del 300%/400% e un’incidenza sui costi di gestione altissima lavorare è impossibile. Molte imprese - ha sottolineato Mencaroni - hanno fiato per 1-2 mesi, poi, se non saranno posti freni agli aumenti, saranno costrette a soluzioni drastiche. A tanti converrà chiudere piuttosto che tenere aperto. Ma una scelta del genere per un imprenditore è drammatica, anche perché siamo perfettamente consapevoli dell’impatto sociale e occupazionale che ne deriverebbe: perdita di posti di lavoro e contemporanea ulteriore inflazione a causa di aumenti inevitabili dei prezzi per chi vuole continuare a stare aperto. Per questo bisogna intervenire subito e in modo incisivo e la prima urgenza è fissare un tetto al prezzo del gas e dell'energia elettrica riconoscendo un credito di imposta che compensi gli aumenti record sin qui registrati anche per le imprese non energivore e non gasivore. Un credito di imposta del 15% per l'energia elettrica non è assolutamente adeguato agli extra costi che le imprese stanno sostenendo ora. Inoltre, va eliminata ogni tassa/accisa sulle bollette energetiche fino al 31 dicembre 2022”.  

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