Confcommercio Vicenza: "Jobs Act occasione unica per il rilancio del lavoro"

Confcommercio Vicenza: "Jobs Act occasione unica per il rilancio del lavoro"

Per il presidente Rebecca è essenziale garantire flessibilità e semplificazione degli adempimenti se si vuole sostenere il trend occupazionale di negozi, imprese turistiche e grande distribuzione.

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15 dicembre 2014

 

"Se vogliamo che il Jobs Act raggiunga davvero l'obiettivo di ridare slancio all'occupazione è essenziale che questa riforma sia scritta prestando attenzione all'unico settore che, negli ultimi anni, ha garantito una crescita sul fronte del lavoro, vale dire il terziario di mercato". Sergio Rebecca, presidente della Confcommercio di Vicenza, guarda con un misto di speranza e preoccupazione ai prossimi decreti attuativi che dovrebbero dare sostanza alla prima vera riforma introdotta dal Governo Renzi: quella, appunto, del lavoro. Per l'Associazione provinciale del commercio, turismo e servizi, i principi introdotti dal Jobs Act sono infatti condivisibili, "ma non sarebbe la prima volta – sottolinea Rebecca – che per "captatio benevolentiae" si costruiscono ottime leggi quadro, che vengono poi stravolte all'atto pratico. E anche in questo caso, tra le righe della norma, non mancano aspetti che, se non adeguatamente gestiti, rischiano di vanificare la somministrazione della "medicina", causa i pesanti effetti collaterali successivi". Tra questi c'è, prima di tutto, l'ipotesi dell'introduzione del contratto unico a tutele crescenti, che sembrerebbe più in linea con le esigenze delle imprese del settore manifatturiero (che totalizza il 22,9% della forza lavoro) e che può trasformarsi in un boomerang per le imprese del terziario (che rappresenta il 42,4% degli occupati). Se dal 2007 al 2013 i comparti commercio turismo e servizi hanno accresciuto, nel nostro Paese, il loro peso occupazionale del 2,1%, contro la perdita secca del 2,9% dell'industria, il merito va anche all'introduzione di una maggiore flessibilità, assicurata ad esempio dai contratti a chiamata, o a tempo determinato utilizzati in funzione della stagionalità. "L'introduzione del contratto unico non deve toccare questi istituti, essenziali per le nostre imprese e che garantiscono occupazione in base alle necessità d'organico – afferma il presidente Rebecca -. Basta entrare, per fare un esempio, nello stesso negozio o ristorante il martedì e poi il sabato per rendersi conto che in queste attività il personale deve crescere o diminuire a seconda dei picchi di lavoro. Così come un albergo di Asiago ad agosto ha esigenze molto diverse rispetto allo stesso hotel a settembre". Senza contare il fatto che oggi le liberalizzazioni di orari e aperture ha portato molte imprese del commercio, prima di tutto la grande distribuzione, a lavorare 7 giorni su 7: gestire la sostituzione ferie e la turnazione senza contratti "flessibili" sarebbe in questi casi praticamente impossibile. "Il contratto unico è dunque una semplificazione interessante – prosegue Rebecca – ma solo se al suo fianco persistono tipologie contrattuali speciali". Anche sull'abrogazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori qualche incognita rimane: "Il Governo tenga fuori da questa parte della riforma le imprese sotto i 15 dipendenti dove già non si applica l'articolo 18 – afferma Rebecca –. Se dovessero essere estesi  a tutte le aziende gli indennizzi previsti in caso di licenziamento, l'unico risultato sarebbe prima di tutto un aumento dei costi, quindi una frenata improvvisa delle assunzioni in tante piccole e medie imprese che sono il vero motore della nostra economia e conseguentemente dell'occupazione". Nella giusta direzione vanno invece, per Sergio Rebecca, tutte quelle azioni che puntano sulla semplificazione: "Mi aspetto – afferma il presidente di Confcommercio Vicenza – che questo capitolo abbia grande spazio nei decreti attuativi. Non è possibile, ad esempio, che in tema di sicurezza sul lavoro un negozio di abbigliamento abbia gli stessi obblighi burocratici e sanzioni di un'acciaieria. Qui c'è davvero molto da cambiare". Così come c'è da intervenire, per Rebecca, sul costo del lavoro: "Non solo dando continuità alla detassazione e decontribuzione dei compensi legati alla produttività, ma anche diminuendo i costi delle indennità di malattia Inps e di infortunio Inail per le imprese del terziario, perché i dati dimostrano che stiamo pagando ben più del necessario". Basti pensare che nel 2013 le aziende del commercio, turismo e servizi hanno versato contributi per 2.300 milioni di euro, ma i lavoratori hanno usufruito di prestazioni per soli 760 milioni, mentre per l'Inail il bilancio del terziario è in attivo di 766 milioni di euro. "Giusto versare  con un'ottica di mutualità – conclude Rebecca –, ma in un momento in cui dobbiamo abbattere il costo del lavoro e rilanciare i consumi, non possiamo permetterci di togliere inutilmente dalle tasche di imprese e lavoratori centinaia di milioni di euro, per lasciarli immobilizzati nei conti degli istituti". Se il Jobs Act darà risposte alle tante istanze provenienti dal mondo del Terziario lo capiremo nelle prossime settimane; di certo su questa prima grande riforma il Governo di Matteo Renzi si gioca molta parte della sua credibilità. 

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