Convegno Assintel "Mercato del software e dei servizi in Italia"

Convegno Assintel "Mercato del software e dei servizi in Italia"

Milano, 26 settembre 2006

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26 settembre 2006
Cari Amici, Signore e Signori,

 

Cari Amici, Signore e Signori,

intervengo oggi a questo dibattito â€" sul mercato del software e dei servizi in Italia un tema che Assintel, nel Report 2006 ha saputo analizzare con la consueta puntualità â€" perché considero l’innovazione un punto fermo per affrontare i problemi di competitività del nostro Paese.

 

Perché accrescere la competitività del sistema economico italiano, passando attraverso la crescita e l’innovazione dei servizi, è infatti un’occasione straordinaria per rilanciare la crescita e l’innovazione.

 

Che l’Italia sia ormai a pieno titolo entrata in quella che si definisce, ormai da più di due decenni, l’economia post â€" industriale è un dato di fatto ormai scontato.

 

Alvin Toffler ci ha spiegato infatti che esistono  tre “ondate� nella storia dell’economia  e della cultura umana.

 

La prima è l’agricoltura, la seconda è l’industria, la terza è l’informazione.

 

“La terza ondata�, che è anche il titolo del libro di Toffler, è l’epoca in cui viviamo e nella quale ciò che conta non è più il possesso delle risorse, né delle macchine per trasformarle, ma la conoscenza. Il potere è nelle mani di chi ha maggiori conoscenze o può controllare il flusso delle informazioni.

 

E il lavoro, cioè l’occupazione, si è spostato prevalentemente nel terziario -spiegava Toffler, ma noi lo sappiamo bene, e non manchiamo di ricordarlo a chi definisce gli interventi di politica economica - perché sono sempre più numerose le persone che si occupano di rapporti umani e di scambio di informazioni.

 

Lo scambio di informazioni, e di conseguenza, gli strumenti che lo consentono, il software e l’Information Technology, diventano quindi, gioco forza, i cardini sui quali far ruotare gli interventi per la crescita e la competitività.

 

E la mia non è una tesi di parte, solo per strappare applausi in questa sede, ma è una semplice constatazione di fatto, testimoniata da quanto è avvenuto e avviene nelle economie che, in questi anni, sono più rapidamente cresciute  e in cui gli incrementi di produttività sono largamente dovuti al rapporto tra innovazione e sistema dei servizi.

 

E’ per questo motivo e per quanto Toffler ha saputo con lungimiranza profetizzare, che mi stupisco nel constatare che il Ministro Pier Luigi Bersani, mettendo mano alla programmazione di politiche di competitività e sviluppo, abbia voluto chiamare il disegno di legge che riguarda questa materia “Industria 2015�, pur avendo voluto dare a questo termine, cito il documento che lo sintetizza e lo accompagna, una significato che “ è riferito al concetto più ampio che questo termine può assumere in una economia moderna ed avanzata (….)

 

Mi stupisco perché è ormai evidente che il nostro sistema economico non è più un sistema “industriale� e che il sistema di incentivi di cui il nostro sistema imprenditoriale ha bisogno deve essere tarato sulle attività innovative e sui servizi.

 

E nonostante il documento che citavo prima le mie perplessità fanno riferimento, in particolare, alla ripetuta sottolineatura del fatto che la crisi di competitività del sistema produttivo italiano, riguarda in particolare, il settore industriale, con ciò riferendosi propriamente ad un settore economico e non più ad una politica di impresa generale.

 

Al riguardo ricordo, che anche nel recente passato, il termine “industryâ€� â€" utilizzato dalla Commissione Europea per indicare l’attività economica di impresa in generale â€" è stato spesso tradotto dai Governi italiani come pertinente al solo settore manifatturiero, con grave pregiudizio per il settore economico dei “serviziâ€� escluso per anni dall’accesso alle misure nazionali per la ricerca e per le aree depresse.

 

D'altronde lo stesso dicastero che il Ministro Bersani ricopre ha abbandonato da tempo la dizione di Ministero dell’Industria o delle Attività Produttive trasformandosi appunto in Ministero per lo Sviluppo Economico!

 

Mi aspetto quindi, a breve, un chiarimento affinché si possa davvero intervenire, all’interno di una normativa quadro, per la definizione delle specificità dell’innovazione tecnologica, che non è appannaggio dell’industria, o un “vassallo� di questa,  ma anzi, il fattore trasversale che consente di alzare i livelli di produttività di tutti i settori economici.

 

Si tratta, in altri termini, di superare una visione dell’innovazione â€" e del sostegno all’innovazione â€" tutta dedicata e destinata alle produzioni manifatturiere.

 

Questa visione, infatti, ha avuto come risultato una marginalizzazione di fatto delle imprese del terziario, che non sono ricomprese nei regimi nazionali sulla ricerca e solo recentemente sono rientrati in quelli sull’innovazione tecnologica.

 

Il digital divide, lo spartiacque che separa il mondo tra coloro che possono accedere alle moderne tecnologie della comunicazione e coloro che ne sono tagliati fuori non è solo un problema che divide il nord e il sud del mondo, i paesi avanzati e quelli in via di sviluppo.

 

E’ invece il fattore che  può portare un sistema economico a perdere la gara della competitività, perché oggi le imprese, tutte le imprese, devono avere accesso alle nuove tecnologie, integrando l’uso dell’informatica nei processi produttivi, migliorando la loro efficienza e ottimizzando così i servizi al cliente e alla collettività.

 

Il mondo dell’Information Technology â€" di cui le vostre imprese costituiscono l’ossatura portante  â€" sta giocando una partita importante,  una sfida per integrare le nuove tecnologie nella vita di tutti i giorni, in ogni parte della società, per rendere la conoscenza un bene condiviso e garantire sistemi che si prestino  a migliorare il modo di lavorare e di produrre.

 

Su questa sfida noi oggi dobbiamo investire, perché, come ci faceva notare Toffler, se la prima “ondataâ€�, quella che vedeva l’agricoltura al centro delle attività umane è durata dieci millenni, e la seconda, quella industriale â€" se la facciamo partire dalla nascita delle macchine a vapore â€" due secoli, la terza, quella della comunicazione, è decisamente giovane, ma dimostra delle potenzialità che devono essere coltivate e un energia che non può e non deve andare dispersa.

 

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