Convegno FAI - Fondo per l'ambiente italiano

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La Riscossa del Patrimonio. Beni culturali, paesaggio e rilancio economicoRoma, 10 novembre 2006

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10 novembre 2006
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Autorità, cari amici ed amiche, signore e signori,

ringrazio innanzitutto il Fai e la sua Presidente Giulia Maria Mozzoni Crespi per l’invito a questa sessione dei lavori, “Il Patto necessario tra tutela e rilancio economico�, finalizzato a creare un confronto - anzi, a lanciare un Patto Nazionale, cito le parole del Fai - fra chi protegge e chi investe.

La prima considerazione che sorge spontanea è quella relativa agli attori di questo patto.

Perché, devo dire, in realtà non è così netta, o forse non dovrebbe esserlo, la distinzione fra chi si preoccupa di tutelare il patrimonio culturale, artistico, paesaggistico e ambientale dell’Italia - penso al Fai, che ne ha fatto una missione, ma anche alle istituzioni, per le quali la tutela deve essere un dovere - e chi ha come obiettivo la crescita e il rilancio economico del nostro Paese.

Perché l’arte, la cultura, il paesaggio, sono definiti, non a caso, un patrimonio.

E un patrimonio deve essere tutelato, ma, per farlo fruttare, bisogna anche saper investire.

Poiché parliamo di un patrimonio collettivo, è chiaro che l’interesse dovrebbe essere di tutti.

E allora vediamo, partendo dalle caratteristiche di questo patrimonio, chi può fare che cosa, e, brutalmente, a chi conviene fare cosa.

Voglio darvi innanzitutto un dato. Solo nell’ultimo ponte festivo, quello di Ogni Santi, oltre un milione di italiani, più del 20% di coloro che si sono spostati da casa, ha scelto, invece della montagna, il mare o i laghi, le città d’arte.

Le nostre città, quindi, ricche di monumenti, ma non solo.

Perché l’attrattiva di una città è data, oltre che dalle bellezze artistiche, da un insieme di fattori che vanno dall’accessibilità ai trasporti, dalla “godibilità� ai divertimenti, dagli eventi culturali all’enogastronomia fino alle possibilità di shopping.

Insomma, le città d’arte, ma anche e soprattutto i siti minori, i piccoli comuni, sono valorizzati solo se inseriti in un contesto economico vivace, ma al tempo stesso, “compatibile�.

Presenza di negozi e di attività culturali si intrecciano in un insieme sempre più stretto, e per entrambi si può parlare sia di tutela che di investimenti.

E’ importante quindi salvaguardare, insieme all’ambiente, la specializzazione dell’offerta commerciale, perché la differenziazione è di per se una ricchezza e caratterizza l’identità di un territorio.

 

 

E l’Italia si contraddistingue, da sempre per la qualità e la varietà dei suoi prodotti, siano essi opere d’arte, natura, o la stessa ospitalità.

In Italia c’è una lunga tradizione che porta a rifuggire dalla mediocrità e dalla omologazione, perché la ricchezza della natura ha saputo coniugarsi con la sapienza, la laboriosità, la creatività e l’impegno degli uomini.

E’ questa tradizione, questa ricchezza, il nostro patrimonio da tutelare e sul quale investire.

E questa identità, questa ricchezza, quanto più è radicata sul territorio tanto più contribuisce a fare del nostro Paese una meta ambita per i viaggiatori di tutto il mondo.

Perché nel mercato globalizzato tutto può essere copiato e delocalizzato, ma non un’ identità che è costituita da un “combinato disposto� di fattori che sono così strettamente e profondamente legati fra di loro.

Una passeggiata naturalistica, una mostra d’arte, la scoperta di un sito storico o di un borgo se vissuti in un contesto adeguato, dotato di servizi e attento all’ambiente, diventa una esperienza non solo intellettuale, ma che coinvolge la sfera delle emozioni.

Quanto più sarà forte l’emozione, tanto più quel sito che l’ha provocata acquisterà valore ai nostri occhi e nel nostro ricordo.

Torniamo quindi ad un concetto, quello di valore, che torna ad essere il cardine di questo dibattito.

Bisogna dare valore al patrimonio culturale e ambientale italiano.

Si può e si deve fare, ma con un coinvolgimento che veda operatori privati, fondazioni, amministratori pubblici, istituzioni ed enti locali lavorare insieme.

Nell’ambito della manovra Finanziaria 2007, ad esempio, per il patrimonio dello Stato sono contenute alcune ipotesi per la valorizzazione degli immobili pubblici anche ai fini di promozione dello sviluppo locale.

E’ una finalità sulla quale non si può non essere d’accordo. Ma bisogna far si che questo principio si traduca in una occasione concreta e reale, di tutela, da un lato, e di rilancio economico, dall’altro.

Ho citato prima, non a caso, i piccoli comuni.

L’Italia, così come è caratterizzata da un tessuto imprenditoriale fatto di piccole e piccolissime imprese è connotata da un tessuto demografico e urbanistico caratterizzato da piccoli e piccolissimi comuni, che costituiscono oltre il 70% di tutti i comuni italiani.

 

 

 

Già nelle precedenti legislature, così come in quella attuale, sono state presentate diverse proposte di legge per promuovere le attività economiche, sociali, ambientali e culturali di queste realtà.

Proposte che prevedono ipotesi di interventi che vanno dalla valorizzazione del patrimonio naturale, rurale, e storico-culturale, fino agli incentivi e premi di insediamento a favore sia degli abitanti, per combattere lo spopolamento, che a favore di attività economiche, che pur essendo, dal punto di vista della redditività, marginali, costituiscono, come succede spesso per il negozio o il bar, l’unico punto di riferimento per la collettività.

Sono proposte forse affinabili, migliorabili, ma è necessario che a questa Italia minore, ma potenzialmente ricca, da salvaguardare e su cui investire - un tema su cui Confcommercio si è spesa già da tempo e che ha trovato fra l’altro consensi bipartisan â€" sia data l’attenzione che merita.

Facciamo allora in modo che vengano sfruttati, al meglio, gli strumenti di pianificazione del territorio; restituiamo alla collettività la possibilità di fruire di beni pubblici che se non sono addirittura abbandonati sono spesso destinati ad usi impropri o sottoutilizzati; creiamo un circolo virtuoso all’interno del quale pubblico e privato possano ciascuno offrire il meglio delle proprie risorse e competenze.

Insomma, si parla da decenni di distretti industriali: forse è il caso di cominciare a parlare, e di realizzare, dei distretti socio culturali, terziari, turistici, nei quali le potenzialità e le risorse siano davvero valorizzate.

Proviamo allora ad allargare i nostri orizzonti, a fare delle previsioni anche a medio e lungo termine, ma su progetti concreti sui quali investire.

Giochiamo di anticipo, una volta tanto, e non di rimessa.

Grazie

 

 

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