Convegno "Ristorazione 2006"

Convegno "Ristorazione 2006"

Milano, 21 settembre 2006

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21 settembre 2006
Cari Amici, Signore e Signori,

 

Cari Amici, Signore e Signori,

sono particolarmente contento di essere potuto intervenire a questo convegno perché reputo questo settore, la ristorazione moderna, un comparto fondamentale, non solo per la valenza economica che riveste, ma anche per la funzione sociale e direi, persino culturale.

 

Le imprese e gli imprenditori oggi qui riuniti rappresentano, infatti, un sistema che quotidianamente si rivolge ad una fetta enorme di persone, delle quali devono - e sanno â€" interpretare i bisogni e le aspettative, coniugando qualità ed efficienza.

 

La ristorazione collettiva, che fornisce un milione di pasti al giorno, ad aziende, enti, strutture sanitarie e scolastiche, aeroporti e ovunque ci sia necessità di un servizio di ristorazione per collettività, costituisce un chiaro esempio di terziarizzazione dell’economia e della società.

 

La trasversalità del servizio svolto da queste imprese, e l’ampiezza e l’eterogeneità  della platea alla quale si rivolgono sono un chiaro indice del fatto che l’innovazione non è più monopolio del settore industriale, ma anzi, al contrario, che sono i processi innovativi del terziario a consentire ad altri settori, siano essi pubblici o privati, di migliorare le proprie prestazioni.

 

L’innovazione, infatti, non è più soltanto tecnologia, ma organizzazione del lavoro, marketing, logistica, formule distributive e commerciali.

 

Sono ormai numerose le imprese che operano in questo specifico mercato avendo un profilo internazionale di prim’ordine. E questo è un bene, perché possiamo contare su uno scambio continuo di esperienze maturate in altri contesti e sul trasferimento di know-how da un Paese all’altro.

 

Il valore aggiunto delle vostre aziende è costituito però dal non perdere mai di vista il contesto nel quale si opera, anzi, tarando, con professionalità e competenza, l’offerta in funzione del pubblico di riferimento.

 

Valorizzando la tradizione culinaria italiana e i prodotti tipici, ma senza mai perdere di vista una meticolosa innovazione di processo ed organizzativa.

 

D’altronde la ristorazione, tutta la ristorazione, sta vivendo dei grandi cambiamenti.

 

Non è più un mercato di nicchia legato ad eventi speciali, ma un mercato che interessa la vita quotidiana di  milioni di consumatori.

 

Il consumatore pone domande nuove in funzione di una moltiplicazione delle occasioni di consumo che in termini aggregati raggiunge dimensioni eccezionali.

 

La ristorazione, tutta la ristorazione, vale nel nostro Paese almeno 60 miliardi di euro, conta 240mila imprese, occupa 857mila persone.

 

Ed è presente ovunque â€" nel piccolo paese come nel grande centro urbano, in autostrada come nei luoghi di lavoro, nelle scuole come nei luoghi di riposo e di cura, nei comuni a vocazione turistica e in quelli a vocazione industriale - con una pluralità di offerta che non ha eguali.

 

E’ un mercato in continua evoluzione, che  è capace di progredire ed adattarsi, con delle prospettive di crescita, anche se forse con luci ed ombre.

 

Perché vi è un contesto di riferimento da considerare.

 

Il contesto è quello di un Paese che sembra possa ricominciare a crescere â€" se saranno confermate le stime dell’Ocse che vede nel 2007 un aumento del Pil dell’1,8% - ma meno, e più lentamente di altri Paesi europei.

 

Con una  “ripresinaâ€� â€" passatemi il termine â€" condizionata da molti fattori, non ultimo la necessità, ormai un imperativo che ci viene anche dall’Europa, di sistemare i conti pubblici.

 

Se vogliamo che questa “ripresina� si consolidi e se puntiamo a stabili tassi di crescita almeno nell’ordine del 2% all’anno, non si può non procedere sulla strada della riduzione della spesa pubblica, purchè questi interventi siano accompagnati sia da  riforme che incidano strutturalmente, che dal sostegno all’innovazione, soprattutto nei servizi, come leva per l’incremento di produttività di tutto il sistema-Paese.

 

La spesa pubblica, dunque: tagli alle spese improduttive, innanzitutto; e, poi, interventi sui grandi comparti di spesa: dalla sanità alla previdenza, dal pubblico impiego alla finanza centrale fino agli Enti locali.

 

In sintesi: spendere meno, ma soprattutto spendere meglio.

 

Spendere meno ma spendere meglio: credo questa affermazione risvegli un nervo sensibile per alcune delle vostre aziende, che stanno cercando di trovare, proprio in quest’ottica,  una soluzione ad un problema, quello delle gare al massimo ribasso, che non significa però, purtroppo, come dovrebbe, “offerta economica più vantaggiosa�.

 

Il vantaggio, in un mercato dove le aziende riforniscono collettività con esigenze specifiche, penso di nuovo a scuole e ospedali, deve essere assolutamente, e senza esitazioni, interpretato come ricerca della qualità al giusto prezzo.

 

Perché scuole e ospedali per le aziende sono sì spazi di mercato, ma non solo.

 

Sono luoghi dove le imprese devono esercitare il massimo della responsabilità sociale.

 

E per fare questo devono essere messe nelle giuste condizioni.

 

Insomma, i vincoli di bilancio non si rispettano abbassando la qualità dei servizi, ma tagliando le spese improduttive.

 

E credo che di queste spese improduttive,  non sia difficile trovarne.

 

Ma come dicevo, non basta “tagliare�, bisogna investire nello sviluppo, nella crescita, ridare fiducia alle imprese e ai consumatori.

 

Perché i consumi delle famiglie continuano ad essere tutt’altro che brillanti e gli indici di fiducia dei consumatori italiani continuano a ristagnare.

 

Anche da parte delle imprese â€" di tutte le imprese, ve lo garantisco  â€" si percepisce un diffuso senso di incertezza relativo alle prospettive di più lungo periodo dell’economia italiana e alla consapevolezza di lavorare “sotto sforzoâ€�.

L’impegno di Confcommercio, in questo momento più che mai, è di affrontare - in una agenda fitta di incontri per un serrato confronto con il Governo - i nodi che attanagliano il sistema imprenditoriale, e di avviare un percorso, che iniziando dalla finanziaria 2007, possa eliminare quei vincoli, diretti o indiretti, che gravano sulle imprese.

 

Penso innanzitutto alla pressione fiscale e al costo del lavoro. Ma anche ad uno snellimento di procedure per alleggerire gli adempimenti aziendali ed alla semplificazione nei rapporti con la pubblica amministrazione.

 

Un impegno, insomma, finalizzato a consentire al terziario, che è ormai il vero motore dello sviluppo economico, di crescere in un contesto “sano� e competitivo al tempo stesso.

 

Per guardare al futuro con ottimismo, con un ottimismo che nasce dalla consapevolezza dei problemi aperti, ma anche dal convincimento che ce la possiamo fare.

 

Con l’intelligenza e la tenacia tipica di chi, ogni giorno, si confronta con il mercato e non demorde. Mai.

 

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