Convegno "Tempo scaduto? L'Italia all'ultimo bivio. Tra rilancio economico e declino: ricerca, innovazione, aumento della produttivita' in un quadro di solidarieta' sociale"

Convegno "Tempo scaduto? L'Italia all'ultimo bivio. Tra rilancio economico e declino: ricerca, innovazione, aumento della produttivita' in un quadro di solidarieta' sociale"

Milano, 1 aprile 2006

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1 aprile 2006
Cari Amici,

Cari Amici,

 

esce in libreria, in questi giorni, un bel libro dedicato a Renato Cesarini, l’italoargentino che segnò al novantesimo minuto di un’Italia Ungheria del 1931, entrando così nella storia del nostro calcio.

 

La “zona Cesarini� è rapidamente divenuta una metafora extra-calcistica. Una metafora che mi torna utile anche oggi per cercare di rispondere all’interrogativo posto al centro del nostro incontro.

 

Per l’italia, siamo al “tempo scaduto�?

 

Sono â€" naturalmente â€" tra coloro che pensano di no; che pensano che la partita sia ancora aperta e che â€" come insegna la “zona Cesariniâ€�- vada comunque giocata fino all’ultimo minuto.

 

Lo penso senza alcuna ideologia dell’ottimismo, cioè senza nascondere nulla del fatto che â€" dietro  i tanti segnali dell’Italia ricca, affluente e del benessere â€" emergano sempre di più i troppi nodi strutturali della competitività difficile  e del disagio sociale.

 

E lo penso, anche,  riconoscendo la validità delle preoccupazioni di chi teme che l’Italia rischi, di questo passo, di essere esclusa dal gruppo di testa dell’economia mondiale.

 

Perché lo penso, allora?

 

Semplicemente, perché esattamente questo mi sembra il compito di chi â€" ad ogni livello e in ogni ruolo â€" voglia, comunque, far qualcosa per questo Paese.

 

Con tutta la necessaria consapevolezza dell’intensità delle sfide con cui dobbiamo confrontarci, ma anche sapendo che possiamo farcela.

 

Insomma, non mi ritrovo nell’alternativa politica secca tra gli “ottimistiâ€� e i “disfattistiâ€� e resto fedele â€" si parva licet e come, credo, tanti in questa sala â€" al metodo di De Gasperi.

 

Un De Gasperi che â€" parlando alla Camera di Commercio di New York nel gennaio del ’47 e, dunque, in tempi davvero difficilissimi per il nostro Paese â€" così affermava :

“Noi non siamo dei visionari, non siamo dei fantastici, non vogliamo creare illusioni nel nostro popolo o negli altri popoli. Sappiamo che i progressi del mondo sono lenti, che bisogna essere realisti, che bisogna aver tenacia e pazienza…�.

 

Tenacia e pazienza: virtù â€" morali e politiche â€" tipiche di chi si riconosce nella responsabilità delle “formicheâ€�.

 

Di responsabilità, di un supplemento di responsabilità c’è infatti, oggi, anzitutto bisogno.

 

Della responsabilità di una politica alta, non meno che di quella delle forze sociali.

 

Perché, certamente, la partita da soli non la si vince. E, se davvero si vuole scongiurare il declino e rilanciare l’economia, occorre tutta la responsabilità necessaria per un confronto fatto secondo regole condivise â€" nel reciproco rispetto dei ruoli e senza invasioni di campo â€" e fatto per condividere uno schema di gioco.

 

Senza dirigismi, certo; senza invocare un anacronistico ritorno dello Stato nell’economia.

 

Ma ritrovandoci â€" tutti -  in un progetto per il Paese, in un’agenda dei lavori per la prossima legislatura, che metta al centro i problemi reali dell’economia reale: i problemi del fare impresa e del competere.

 

Esattamente per tenere insieme â€" come fa il titolo dell’incontro â€" “ricerca, innovazione, aumento della produttività in un quadro di solidarietà socialeâ€�.

 

Come si fa, cosa si deve fare per tenerli insieme?

 

Anzitutto, una scelta di metodo. Che è, poi, quella di non accettare la politica dei due tempi: prima, il tempo del risanamento della finanza pubblica; poi (e forse) quello delle azioni per la crescita e lo sviluppo.

 

Perché â€" al contrario -  è solo con un passo di crescita più veloce della nostra economia che si rende un po’ più agevole l’aggiustamento strutturale dei conti dello Stato, cioè il miglioramento del rapporto deficit/PIL, dell’avanzo primario e la riduzione dello stock di debito pubblico.

 

Il che non esclude, ovviamente, operazioni straordinarie finalizzate alla riduzione del debito attraverso privatizzazioni â€" purchè funzionali  a reali liberalizzazioni â€" e vendita di patrimonio pubblico.

 

Ma esclude â€" dovrebbe escludere â€" interventi di aggravamento della pressione fiscale complessiva a carico delle imprese e dei cittadini e conferma  â€" dovrebbe invece confermare â€" la necessità di un sistema Paese fiscalmente più competitivo.

 

Ricercando -  poi -  nel contrasto e nel recupero dell’evasione fiscale e contributiva, nella riduzione della spesa intermedia delle pubbliche amministrazioni, nella riqualificazione della spesa sociale â€" e dunque nella costruzione di un welfare finanziariamente sostenibile e socialmente più inclusivo, anche perché fondato sull’intervento attivo e sussidiario dei privati e delle famiglie â€" risorse aggiuntive per le politiche attive per la crescita e lo sviluppo.

 

Ricerca, innovazione, aumento della produttività e solidarietà sociale: detto della scelta di metodo necessaria per declinare insieme questi obiettivi, mi resta da dire di un’altrettanto necessaria scelta di merito.

 

In tutte le economie che “galoppanoâ€� di più â€" in Europa, negli Stati Uniti  e nelle altre aree del mercato  globale -  c’è sempre un nesso strettissimo tra crescita, innovazione ed incrementi di efficienza e di produttività del sistema dei servizi.

 

Al punto che questo è quanto il McKinsey Institute ha recentemente  “certificato� per l’Italia: “il rilancio dell’industria manifatturiera non potrà essere il motore della crescita, la cui vera chiave sta invece nel significativo miglioramento della produttività dei servizi…�.

 

Insomma, il terziario è il motore intelligente dell’economia; è il terziario che â€" anche nel 2005 a crescita zero â€" ha costruito 130 mila nuovi posti di lavoro.

 

Ecco, è questo il merito del problema politico, che Confcommercio pone: riconoscere la centralità del sistema dei servizi come grande occasione di crescita e di sviluppo per l’intero sistema-Paese.

 

Un’occasione da perseguire, certo, con “regole� di apertura dei mercati, cioè con la concorrenza e con le  liberalizzazioni.

 

Ma con una concorrenza e con liberalizzazioni che non siano integralmente demandate alla “mano invisibileâ€� del mercato e siano invece gestite â€" a proposito della coesione e della solidarietà sociale â€" tenendo conto del ruolo economico e sociale di quel  pluralismo imprenditoriale che connota così profondamente il sistema produttivo italiano.

 

E, dunque, investendo â€" in termini di attenzione, di politiche e di risorse â€" in quelle PMI, che costituiscono all’incirca il 95% di questo sistema produttivo e  che sono le protagoniste dei processi di sviluppo territoriale.

 

Per evitare che i pochi residui “campioni nazionaliâ€� restino delle  cattedrali nel deserto. Per far sì che le imprese, tutte le imprese â€" le piccole, le medie, le grandi â€" possano giocarsi la partita e possano crescere.

 

Con un federalismo, in cui i diversi livelli istituzionali collaborino tra loro e, soprattutto, collaborino con l’iniziativa privata dei cittadini e delle imprese.

 

Con un’innovazione diffusa, fondata su tecnologie e processi di aggregazione di rete e di distretto.

 

Con l’attenzione alle risorse umane e ai processi di formazione continua, che sono il migliore antidoto alla precarizzazione di un mercato del lavoro che della flessibilità non può fare a meno.

 

Con un sistema di sicurezza sociale fondato sulla dignità del lavoro e sulla responsabilità delle scelte individuali e collettive.

 

Ecco lo spazio, ecco la necessità di una politica della responsabilità, che coinvolge tutti: i partiti politici come le forze sociali.

 

Ecco la politica che deve scendere in campo prima che il tempo sia scaduto.

 

E’ accaduto già altre volte nella storia del nostro Paese. E non c’è ragione per cui non lo si possa fare anche oggi.

 

Bisogna riconoscere le difficoltà del presente senza la tentazione di ritagliarsi il ruolo comodo delle Cassandre o  dei grilli parlanti.

 

Bisogna riconoscere le difficoltà del presente per costruire â€" invece â€" il futuro.

 

Con la laboriosità tenace, paziente, organizzata e responsabile delle “formiche�.

 

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