Governo preoccupato, in vista "lockdown" mirati

Governo preoccupato, in vista "lockdown" mirati

A fronte della fiammata di nuovi casi il piano dell'Esecutivo non prevede un nuovo lockdown nazionale né misure più mirate ma comunque penalizzanti per l'economia come un "coprifuoco" per bar e ristoranti. 

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9 ottobre 2020

Dopo aver prolungato al 15 gennaio 2021 lo stato di emergenza sono puntati sui dati delle terapie intensive gli occhi del governo. Sono dati di tenuta del sistema. Per evitare che si impennino, si cerca la massima collaborazione con le Regioni, soprattutto al Sud, dove il sistema sanitario è più fragile. La ricetta sono interventi mirati, locali o iper locali: la spinta ai governatori è muoversi autonomamente, con strette ulteriori rispetto a quelle nazionali. Per i casi critici, c'è l'opzione di "lockdown mirati". Se non bastasse, il 15 ottobre arriveranno nuove misure: si potrebbe partire dai grandi eventi, per poi allargare il cerchio se servirà, cercando fino all'ultimo di risparmiare il sistema produttivo.

Il premier Giuseppe Conte lo dice: "una nuova fiammata" è dietro l'angolo se ci si distrae. Anche l'impennata dei contagi degli ultimi giorni, secondo alcune fonti, è giunta in proporzioni che né gli scienziati né il governo si aspettavano (cause possibili: la coda dell'estate, la riapertura delle scuole, anche la campagna elettorale e più in generale l'abbassarsi della soglia di attenzione). A rassicurare sarebbe il dato delle terapie intensive non ancora preoccupante. E qui si viene alle Regioni. "Nel nostro sistema il punto di forza nella pandemia è stata la capacità di dialogare" con i governatori, sottolinea Conte: "fiducia", non "polemiche". Non sfuggono le critiche di Giovanni Toti che lamenta "l'odiosa limitazione" introdotta con l'ultimo decreto, che permette solo ordinanze più restrittive. Ma la crisi allarma tutti e il ministro Francesco Boccia, in conferenza Stato-Regioni, rivolge l'appello a "lavorare insieme, da qui al 15 ottobre, sul prossimo dpcm". "Rivendichiamo il nostro ruolo", afferma Stefano Bonaccini, presidente della conferenza delle Regioni.

Tutelare scuola e lavoro, è la priorità del governo. Che vuol dire evitare un nuovo lockdown nazionale ma anche scongiurare misure più mirate ma comunque penalizzanti per l'economia come un "coprifuoco" per bar e ristoranti. Perciò Boccia parla di "limitare al massimo i contagi in tutti i contesti" diversi. Le mascherine obbligatorie sempre sono il primo passo. I lockdown locali sono la scelta che si praticherà nei casi critici come Latina. Ma sul tavolo ci sono altre ipotesi 'nazionali', a partire dalla limitazione ai grandi eventi. Prosegue poi la discussione sulla capienza di cinema, teatri e palazzetti: Bonaccini vorrebbe una percentuale di ingressi in base alla capienza (10% o 25%, si discute) ma alcuni ministri vorrebbero più prudenza. Una nuova stretta potrebbe poi arrivare sulle regole per lo sport. Mentre per il trasporto pubblico locale, sebbene il Ministero non abbia ricevuto segnalazioni di particolari criticità dopo l'estensione all'80% della capienza degli autobus, la spinta del governo alle regioni è ad adottare misure più restrittive, se serve.

Conte fa appello alla responsabilità degli italiani, invitando a usare la mascherina, e continua a voler agire con gradualità e proporzionalità. Ecco perché, a dispetto della crescente preoccupazione, una valutazione complessiva delle misure nazionali dovrebbe arrivare non prima del nuovo dpcm, la prossima settimana. Il focus è il sistema sanitario. Al Sud in particolare (osservata speciale la Campania), per ora non si rilevano particolari carenze di posti letto ma non si esclude di dover attivare trasferimenti in altre Regioni.

 

Fipe: “a rischio 50mila imprese e 300mila posti di lavoro”

Maggiori controlli, maggiore fermezza e serietà nel condurli e punizioni severe per chi viola le regole, e anche se si chiudono bar e ristoranti non si risolve il problema contagi. Ne è convinto Roberto Calugi, direttore generale di Fipe Confcommercio che denuncia  la "drammatica situazione in cui versa il settore della ristorazione: si rischia la chiusura definitiva di 50mila imprese con 300-350mila persone che rimarrebbero senza lavoro".

"Non sono né i bar né i ristoranti ad essere per così dire, 'untori', non sono questi locali a provocare l'aumento dei contagi, basta con questo terrorismo psicologico - evidenzia con forza Calugi - perché non si guarda ai mezzi pubblici dove le persone sono ammassate, assembrate. Non esiste un vero, reale collegamento tra bar e ristoranti e pandemia e contagi: la ristorazione ha riaperto il 18 maggio scorso e nei mesi di luglio e agosto non ci sono stati picchi pandemici".

 

"E' evidente che la problematica esiste - afferma ancora Calugi - ma dipende dai movimenti delle persone e dal poco rispetto delle regole. Io vedo tante persone che si muovono ancora senza mascherina e che non rispettano il distanziamento ed è per questo che insisto nel dire che è necessario stringere le viti dei controlli e chi sbaglia paga, il ristoratore se viola le regole o chiunque altro che viene sorpreso a violare le norme di contenimento".

 

La movida? "Non è chiudendo bar e ristoranti alle 23 che si ottengono risultati sui contagi. La movida - ribadisce Calugi - ci sarà lo stesso, i giovani si riuniranno ugualmente da qualche parte: serve più controllo sul territorio. I ragazzi, i giovani non vanno al bar per uno shottino o altro, ma si procurano gli alcolici anche magari nei chioschi abusivi o in quei negozietti che non rispettano le regole, appunto, e poi si ritrovano in una strada, in una piazza, ovunque, fanno assembramento senza alcuna misura di protezione".

"E' necessario richiamare i ragazzi al senso di responsabilità, che  contribuiscano anche le famiglie. Ragazzi: i nonni sono andati in guerra, non sarà un peso così terribile indossare la mascherina e rispettare poche ma fondamentali regole per il contenimento", conclude Calugi.

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