Cresce il reddito delle famglie ma restano le diseguaglianze sociali

Cresce il reddito delle famglie ma restano le diseguaglianze sociali

Nel 2017 il reddito netto medio delle famiglie (31.393 euro annui) cresce ancora sia in termini nominali (+2,6%) sia come potere d'acquisto (+1,2%). Il reddito totale delle famiglie più abbienti continua a essere più di sei volte quello delle famiglie più povere.

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5 dicembre 2019

Nel 2017 il reddito netto medio delle famiglie (31.393 euro annui) cresce ancora sia in termini nominali (+2,6%) sia come potere d'acquisto (+1,2%). Lo rileva l'Istat spiegando che pero' la disuguaglianza non si riduce: il reddito totale delle famiglie più abbienti continua a essere più di sei volte quello delle famiglie più povere. Pur restando molto elevata, nel 2018 la percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale si riduce rispetto al 2017 (a 28,9% da 27,3%) per una minore incidenza di situazioni di grave deprivazione materiale. La quota di individui a rischio povertà resta ferma al 20,3%. Nel 2017, l'Istat stima che le famiglie residenti in Italia abbiano percepito un reddito netto pari in media a 31.393 euro, 2.616 euro al mese. La crescita rispetto all'anno precedente accelera in termini nominali (+2,6% da +2,0%) ma rallenta in termini reali (+1,2% da +2,1%). Rispetto all'anno precedente, nel 2017 i redditi familiari medi in termini reali (esclusi gli affitti figurativi) sono cresciuti di più al Centro (+1,5%) e nel Nord-ovest (+1,4%)
rispetto al Mezzogiorno (+1,1%) e al Nord-est (+0,6%). I maggiori incrementi si osservano per le coppie senza figli (+3,2%) e per le persone sole (+2,6%), seguono le coppie con figli (+1%); in riduzione invece i redditi familiari reali per le famiglie monogenitore (-1,1%). Nonostante la crescita registrata nel 2017, la contrazione complessiva dei redditi rispetto al 2007, anno che precede il manifestarsi dei primi sintomi della crisi economica, resta ancora notevole, con una perdita in termini reali pari in media all'8,8% per il reddito familiare e al 6,8% per il reddito equivalente (che tiene conto delle economie di scala, rendendo confrontabili i livelli di reddito di famiglie di diversa numerosità). Per misurare la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi e' possibile ordinare gli individui dal reddito equivalente più basso a quello più alto, classificandoli in cinque gruppi (quinti). Il primo quinto comprende il 20% degli individui con i redditi equivalenti più bassi, il secondo quelli con redditi medio-bassi e cosi' via fino all'ultimo quinto, che comprende il 20% di individui con i redditi più alti. Il rapporto fra il reddito equivalente totale ricevuto dal 20% della popolazione con il più alto reddito e quello ricevuto dal 20% della popolazione con il più basso reddito (rapporto indicato d'ora in poi con s80/s20) fornisce, dunque, una prima misura sintetica della disuguaglianza. Se si fa riferimento alla distribuzione dei redditi equivalenti netti senza affitti figurativi, nel 2017 tale rapporto e' pari a 6,1. Includendo nei redditi anche gli affitti figurativi tale rapporto e' più basso, pari a 5,2, a causa della minore dispersione di questa componente aggiuntiva rispetto agli altri redditi. Per i residenti nel Mezzogiorno e' piu' accentuata la disuguaglianza reddituale, il 20% piu' ricco della popolazione riceve un ammontare di reddito, inclusivo degli affitti figurativi, pari a 5,7 volte quello della fascia piu' povera, mentre il dato piu' basso si registra nel Nord-est (4,0), denotando un piu' contenuto livello della disuguaglianza dei redditi in tale area geografica seguita dal Nord-ovest (4,5) e dal Centro (4,8). L'articolazione per area geografica mostra come il livello di disuguaglianza tenda a ridursi al crescere del reddito medio familiare con affitti figurativi: il Mezzogiorno, con un valore minimo del 29.398 euro (contro 36.293 euro per i residenti in Italia) presenta il livello di
disuguaglianza più elevato, mentre il Nord-est (con reddito pari a 41.019 euro) quello piu' basso. L'andamento del reddito familiare nel corso del 2017 mostra poi una dinamica differenziata per tipo di fonte: mentre i redditi da lavoro autonomo e i redditi da pensioni e/o trasferimenti pubblici sono cresciuti rispettivamente del 3,1% e del 2,0%, i redditi da lavoro dipendente sono diminuiti dello 0,5% (prima contrazione dal 2013). Inoltre, i redditi da capitale sono aumentati del 4,4% grazie all'incremento degli affitti figurativi. La perdita complessiva rispetto ai livelli del 2007 resta decisamente più ampia per i redditi familiari da lavoro autonomo (-20% in termini reali) rispetto ai redditi da lavoro dipendente (-11,4%) e ai redditi da pensione e trasferimenti pubblici (-1,5%). I redditi da capitale mostrano una perdita complessiva del 14,3% interamente attribuibile alla dinamica negativa degli affitti figurativi (-18% in termini reali dal 2007). L'Istat mette anche in evidenza come ci sia più disuguaglianza dei redditi in Italia che negli altri grandi paesi europei. Una delle misure principalmente utilizzate nel contesto europeo per valutare la disuguaglianza tra i redditi degli individui e' l'indice di concentrazione di Gini. Sulla base dei redditi netti senza componenti figurative e in natura (secondo la definizione armonizzata a livello europeo), nel 2017, il valore stimato per l'Italia e' pari a 0,334, stabile rispetto al 2016 e più alto rispetto agli altri grandi Paesi europei (Francia con 0,285 e Germania con 0,311). Nella graduatoria crescente dei Paesi dell'Ue28 per i quali e' disponibile l'indicatore (25 paesi), l'Italia occupa la ventunesima posizione. In Italia l'indice di Gini è più elevato nel Sud e nelle Isole (0,346) rispetto al Centro (0,326), al Nord-ovest (0,312) e al Nord-est (0,289).

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