Approvato il "Ristori ter", verso lo stop alle scadenze fiscali

Approvato il "Ristori ter", verso lo stop alle scadenze fiscali

Il Cdm ha varato il decreto che destina altri 1,4 miliardi di contributi a fondo perduto per i settori più colpiti dall'emergenza sanitaria. Dentro anche il commercio al dettaglio di calzature e accessori. 

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24 novembre 2020

Il governo ha approvato il terzo decreto ristori che garantirà indennizzi in automatico alle regioni che cambiano fascia di rischio e mette in campo oltre 1,4 miliardi per rifinanziare il fondo previsto dal decreto bis per i contributi a fondo perduto da destinare ai settori colpiti.

Nella lista dei codici Ateco delle attività economiche penalizzate che riceveranno gli indennizzi perché in zona rossa entra anche il commercio al dettaglio di calzature e accessori. I negozi di scarpe avranno un ristoro del 200% rispetto a quanto previsto in precedenza. Viene quindi rafforzata anche la dote per il credito d'imposta per: 

  • affitti commerciali
  • cancellazione della seconda rata Imu,
  • estensione della proroga del versamento Irpef, Ires e Irap per autonomi e partite Iva
  • sospensione dei versamenti tributari e dei contributi previdenziali
  • congedo per i genitori con i figli a casa a causa della chiusura delle scuole e il bonus baby sitter.

In arrivo anche un fondo da 400 milioni di euro per consentire ai sindaci di adottare misure urgenti di solidarietà alimentare. Le risorse saranno erogate a ogni Comune entro 7 giorni dall'entrata in vigore del decreto. Stanziati altri 100 milioni per l'acquisto e la distribuzione dei farmaci per la cura dei pazienti affetti dal coronavirus.

 

Federazione Moda Italia: “accolte le nostre richieste, ma ci sono ancora categorie escluse”

Federazione Moda Italia-Confcommercio si dice soddisfatta per l’accoglimento delle sue richieste. I negozi di calzature che hanno subito restrizioni nelle zone rosse e che erano stati esclusi dal Decreto Ristori bis potranno così accedere al contributo a fondo perduto e alle altre misure come, ad esempio, il credito d'imposta del 60% dell'affitto per i mesi di ottobre, novembre e dicembre.

Per il presidente Renato Borghi si tratta di “un doveroso segnale di attenzione al settore moda, che vive di stagionalità e, già in forte sofferenza, subisce restrizioni nel momento più importante dell’anno. Al governo chiediamo però di indennizzare anche i negozi di camicie e maglierie che, pur essendo chiusi, inspiegabilmente non rientrano ancora tra i beneficiari delle misure. Vogliamo poter esercitare il nostro diritto di fare impresa e di lavorare. Servono, però, ristori congrui e a geometrie variabili anche nelle aree arancioni e gialle, altrimenti si correrà il rischio di perdere per sempre una parte importante di un tessuto d’imprese che s’intreccia, come trama e ordito, nel futuro delle nostre città. I nostri negozi, infatti, fanno vivere le comunità, illuminando animi e strade, offrendo sicurezza, decoro, cordialità e relazioni sociali”.

 

Fipe: "Chiediamo lo stato di crisi per la ristorazione collettiva"

La Fipe lancia un'allarme forte per il settore dei pubblici esercizi: "La ristorazione collettiva, pur essendo tra i settori autorizzati ad operare, è in ginocchio per effetto della pandemia. La chiusura di buona parte delle scuole e l'utilizzo massiccio dello smart working nella pubblica amministrazione e nelle imprese private stanno provocando un dimezzamento dei fatturati delle aziende, con il risultato di mettere a rischio 60mila posti di lavoro. Per questo chiediamo al governo di dichiarare lo stato di crisi del settore". Fipe chiede un immediato intervento del governo: "Nessuna misura di sostegno è stata infatti destinata a mense scolastiche e aziendali, nonostante i provvedimenti restrittivi adottati per contenere la diffusione del Covid abbiano costretto le imprese a rivedere i loro modelli di servizio, con ulteriore aggravio di costi. I fatturati delle società che gestiscono le mense aziendali sono crollati del 40%, mentre quelle di chi svolge il servizio di distribuzione e sporzionamento dei pasti nelle scuole hanno perso oltre il 50% dei loro volumi d'affari. Tutto questo si traduce in 60mila posti di lavoro a rischio, in particolare occupazione femminile.

"Di fronte a queste cifre - ha osservato Fipe- abbiamo avanzato delle proposte al Governo in incontri con i sottosegretari al Mise e al Lavoro, Morani e Di Piazza, sia in audizioni parlamentari sul decreto Ristori, perchè anche queste imprese siano inserite tra i fruitori dei contributi a fondo perduto, vengano inoltre sospesi o ricontrattati i canoni concessori in essere ed infine previste ulteriori misure per il fondo di solidarieta' e la cassa integrazione senza restrizioni".

"Solo in questo modo - conclude la nota - sarà possibile evitare la morte di gran parte delle aziende del settore con le ripercussioni sulla tenuta dei livelli occupazionali e con le immaginabili conseguenze in termini di costo sociale e di perdita delle professionalità faticosamente costruite".

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