DOSSIER ""I BUONI E I CATTIVI DEL TURISMO 2000""

DOSSIER ""I BUONI E I CATTIVI DEL TURISMO 2000""

ROMA, 22 FEBBRAIO 2000 (sintesi)

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22 febbraio 2000
I BUONI E I CATTIVI DEL TURISMO 2000

I BUONI E I CATTIVI DEL TURISMO 2000

Conferenza stampa 22 febbraio 2000

 

Sintesi del discorso di Sergio Billè

 

Si parla tanto di new economy, ma poco di quanto la new economy potrebbe fare  per rendere il nostro turismo un sistema finalmente integrato e quindi in grado di essere più competitivo sul mercato e anche di cominciare a produrre nuova occupazione.

 

Il turismo, se messo finalmente a sistema con un programmato  utilizzo anche delle nuove tecnologie, potrebbe diventare un asse importante della new economy made in Italy. Il turismo va razionalizzato e ammodernato e queste esigenze sono ben chiare agli operatori del settore, come testimoniato dall’andamento della legge 488.

 

Dei 1.000 miliardi disponibili per il primo bando, ne sono stati assegnati 950 per finanziare 1.136 iniziative su 2.573 ammesse in graduatoria( solo il 44%).

 

Al Nord saranno finanziate il 77.4% delle iniziative, al Centro il 48.1%, al Sud soltanto il 49.6%.

 

In Sardegna i soldi ci sono soltanto per una iniziativa su quattro; in Sicilia e Puglia per una iniziativa su tre; in Campania e Abruzzo per una su due.

 

L’agevolazione media per iniziativa è di 433 milioni di lire che al Sud diventano 1.040.

 

Si possono dunque fare tre considerazioni :

 

ü        il turismo ha fame di investimenti per crescere e fare qualità

 

ü        le risorse pubbliche attivate dal primo bando sono assolutamente inadeguate alle esigenze del settore

ü        i progetti finanziati nel mezzogiorno non devono riproporre la logica deleteria delle cattedrali nel deserto.

 

Leggo inoltre da qualche parte che c'è oggi chi vorrebbe ripristinare una tassa di soggiorno perchè questo potrebbe portare denaro fresco nelle casse dei beni culturali.

 

Il turismo italiano non si merita un nuovo balzello antico e iniquo.

 

Almeno quattro sono i motivi per i quali  CONFTURISMO è contraria alla nuova ipotesi di tassa di soggiorno.

 

Il primo. Il turismo è un settore che dà rilevanti benefici alle economie locali. L’80% del valore aggiunto attivato da un turista resta nel luogo del suo soggiorno. In cifre a livello nazionale ciò vale non meno di 100 mila miliardi. Inoltre i comparti della filiera del turismo sono numerosi ( dall’agricoltura, al manifatturiero, ai servizi) : ciò crea ricchezza ed occupazione diffuse sul territorio, con i conseguenti riflessi in termini di fiscalità centrale e locale.

 

Il secondo. Le presenze  alberghiere ed extra-alberghiere che per la componente straniera non arrivano al 40% del totale: l’imposta graverebbe dunque  prevalentemente sugli italiani, molti dei quali finirebbero col pagare due volte (una volta come cittadini e un'altra volta come turisti).

 

Il terzo. Con l’introduzione dell’imposta  si rischia di attivare  varie formule di evasione, quando sarebbe molto più proficuo ricercare nuove entrate pubbliche facendo emergere tutto quel mercato sommerso che fa capo alle seconde case ( oltre 500 milioni di notti l’anno).

 

Il quarto. Vi è il rischio (reale) che i costi della gestione della tassa siano talmente elevati in rapporto al gettito previsto che la rendano perfettamente inutile come è successo per alcune altre imposte soppresse in questi ultimi anni.

 

Per salvaguardare le risorse artistiche ed ambientali del Paese (fine del tutto condivisibile per chi opera nel turismo) Confturismo ritiene più proficuo ritornare ai contenuti della legge Ronchey per  valorizzare attraverso la commercializzazione e il marketing il grande patrimonio artistico-culturale del nostro Paese.

 

I risultati che emergono dal rapporto che presentiamo vogliono dire, in estrema sintesi, almeno tre cose.

 

La prima è che il nostro turismo  corre il serio rischio di perdere colpi e di lasciare spazio alla concorrenza mondiale, se non saprà presto dotarsi di infrastrutture adeguate. Il che vuol dire più servizi, più supporti, reti di appoggio finalmente efficienti e in grado di soddisfare ogni tipo di domanda turistica. Quando la politica comincerà a rendersene conto sarà sempre troppo tardi.

 

La seconda, è che  la politica turistica, in Italia, si muove ancora a compartimenti stagni, cosa che non ha proprio più ragion d'essere e che non permette la realizzazione di strategie a tutto campo come fanno con successo altri paesi.

 

La terza, è che l'impresa turistica, nel suo insieme, è ancora mortificata, talvolta schiacciata, da una politica fiscale che fa di tutto per rendere poco competitive le nostre strutture.

 

E, infine, una quarta considerazione è che c'è bisogno di una maggiore  qualificazione professionale a tutti i livelli, in ogni settore.

 

Prendete, ad esempio, gli aeroporti dove mancano indispensabili strutture di informazione e dove accade spesso " che se chiedi un'informazione, ti abbaiano" e che "oltre ad una certa ora i turisti siano costretti a muoversi in aeroporti fantasma senza personale, senza trasporti logistici e spesso anche senza sicurezza".

 

E poi il tasto dolente delle nostre ferrovie bocciate in pieno: non solo per scioperi e ritardi, ma anche perché manca un personale capace di assistere in qualche modo il turista e di soddisfare i suoi bisogni.

E' il morbo dell'inefficienza, diffuso anche nei musei dove, dicono gli intervistati, spesso non c'è nessuno che sappia nemmeno spiegare il motivo per il quale gli ascensori non funzionano mai.

 

E poi le infrastrutture, un problema purtroppo irrisolto. Il 42% del campione di utenti intervistato da Cirm ha dichiarato che sarebbe disposto a servirsi "sempre" dei trasporti pubblici urbani e a rinunciare quindi all'uso del mezzo privato se questi diventassero finalmente efficienti.

 

Ciò vorrebbe dire ridurre di quasi la metà il traffico urbano.

 

Eppure il turismo - come dimostrano i dati che le nostre Federazioni presentano in questo rapporto - continua a combattere la sua battaglia, lotta per restare competitivo, sopperisce come può a quella mancanza di pianificazione e di investimenti infrastrutturali che resta il tallone di Achille del sistema.

 

Tutti i settori, dagli alberghi ai pubblici esercizi, hanno chiuso il 1999 con un dato positivo per quanto riguarda le presenze. Per gli alberghi siamo addirittura al massimo storico.

 

Dovrebbe essere questa la premessa per impostare una politica a lungo termine degna di questo nome. E' quello che ci auguriamo tutti.

 

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