Draghi: "Serve un patto per la crescita"

Draghi: "Serve un patto per la crescita"

Il presidente della Bce davanti al Parlamento Ue lancia un appello all'Europa: "Subito un patto per la crescita, troppe tasse creano recessione". "Bisogna darsi obiettivi a lungo termine".

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26 aprile 2012

Bene il 'firewall' anticrisi, bene il calo degli spread dei mesi scorsi, ma ora i leader europei devono rimboccarsi le maniche perche' i dati segnalano ''incertezza molto, molto alta'' sulle prospettive di ripresa. Parole chiare quelle del governatore della Bce, mario draghi, nel corso dell'audizione trimestrale al Parlamento Ue. "L'azione riformatrice - e' l'appello del presidente della Banca centrale europea - - deve ritrovare slancio, anzi visione". E guai ad abbassare la guardia grazie
al sollievo trovato con lo scudo anti-crisi messo in campo dal Fondo monetario internazionale e dalla Ue. Reduce dagli incontri di Washington dove ha affrontato Fmi, Paesi 'Brics' e soprattutto partner d'oltreoceano in pressing per una svolta europea per la crescita, il presidente della Bce difende la maxi-liquidita' concessa alle banche. "Aiutarle, da parte della Bce, e' stato inevitabile per
evitare ''crac bancari'' - avverte Draghi - che avrebbero creato una situazione da post-Lehman Brothers, bloccando completamente i canali del credito con conseguenze ben piu' gravi". Quellaliquidita', e' vero, ora e' in gran parte parcheggiata alla Bce, riconosce il banchiere centrale. Ma tutto dipende dalle banche, che si vedono rivolgere una domanda di credito da parte di imprese e famiglie europee in calo a causa della recessione che affligge mezzo continente: segnali positivi, per la Bce, cominciano a intravedersi con una stretta che si e' allentata nel primo trimestre e prometteun ''ulteriore allentamento'' nel secondo. Ma in definitiva - avverte il banchiere italiano - il
maxi-prestito triennale 'Ltro' e' servito solo a far guadagnare tempo ai governi, che ora devono togliere le banche dall'innaturale ruolo che stanno giocando nel sottoscrivere
titoli di Stato in supplenza degli investitori; e, soprattutto, convincere quegli investitori a tornare facendo le riforme necessarie per rilanciare la crescita anemica (o uscire la recessione in Paesi come Spagna, Italia, Grecia, Portogallo e diversi altri) in un momento in cui l'emergenza finanziaria ha imposto una stretta fiscale. La ricetta di Draghi e' semplice: tagliare la spesa pubblica improduttiva, cosi' da risanare i conti non solo con nuove tasse che creano recessione; fare riforme strutturali come privatizzazioni, liberalizzazioni su larga scala, mercato del lavoro, contrattazione salariale, incentivi alla produttivita': ''creare un clima favorevole agli investimenti, un clima di certezze e credibilita' nelle istituzioni''. Ai tanti parlamentari che chiedono meno rigore e tassi piu' bassi, Draghi risponde che in tanti Paesi europei, dopo 15 anni di alti deficit e tassi bassi, la crescita non si e' vista; e avverte che il programma di acquisto dei titoli di Stato, fermo dasettimane, ''non e' eterno ne' infinito''. A quelli che agitano lo spettro di una Bce troppo esposta sulla crisi e troppo incline ad aiutare i governi, il presidente della Bce risponde che nell'attuale clima pieno di incertezze e' ancora troppo presto per parlare di exit strategy, e che sul futuro del
'Ltro' - che finora ha visto due maxi-operazioni a dicembre e febbraio - la Bce non intende affatto legarsi le mani. Di fatto - ha sottolineato Draghi a Bruxelles - ora tocca ai governi: devono attrarre quegli investitori che, nella fuga dal rischio innescata dalla crisi da indebitamento di mezza Europa, se ne sono andati. I numeri della Banca dei regolamenti internazionali parlano chiaro: l'esposizione complessiva delle banche estere verso l'Italia (compreso il settore privato) e' scesa a 715 miliardi di dollari nell'ultimo trimestre 2011 contro gli 812 del trimestre precedente. Per il solo settore pubblico si registra una riduzione da 221 a 174 miliardi. A fine giugno l'esposizione era di 288 miliardi.

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