Famiglie italiane: più invecchiano e meno consumano

Famiglie italiane: più invecchiano e meno consumano

Oggi il 25% dei nuclei familiari risulta composto da ultrasessantacinquenni, nel 2025 questa quota salirà al 31,2% ed infine nel 2050 al 34,5%; la spesa media mensile per consumi di una famiglia italiana supera di poco i 4 milioni di lire, destinata per poco meno del 20% ai prodotti alimentari e per il restante 80% ai prodotti non alimentari;

per una famiglia composta da persone di oltre 65 anni, la spesa media ammonta, invece, a 2 milioni e 490 mila lire, inferiore al dato nazionale di oltre il 38% : questi alcuni degli elementi che emergono da una ricerca del Centro Studi Confcommercio sull’evoluzione dei bisogni degli anziani e della distribuzione

Ma quali sono le ragioni di questo divario?

Un primo elemento su cui focalizzare l’attenzione è rappresentato dalla diversa numerosità dei nuclei familiari considerati.

È noto, ormai, che da molti decenni l’Italia detiene il primato del più basso indice di natalità dei paesi industriali. Attualmente, la famiglia media italiana si articola su 2,7 componenti e, considerando le tendenze dell’evoluzione demografica dei prossimi decenni, questo dato sembrerebbe destinato a ridursi.

A loro volta, le famiglie composte da persone ultrasessantacinquenni sono poco meno di 4 milioni e 900 mila, il 56% delle quali costituito da famiglie mononucleari, cioè con un solo componente; il restante 44% è composto, invece, da coppie senza figli. In entrambi i casi, ovviamente, il numero dei componenti il nucleo familiare è largamente inferiore alla media nazionale.

La numerosità del nucleo familiare incide direttamente sul livello di spesa complessiva per consumi, che nel caso degli ultrasessantacinquenni è, come si è detto, inferiore del 38% alla media nazionale.

Questo differenziale negativo nei confronti del dato medio italiano assume proporzioni ben più elevate in corrispondenza di alcuni importanti capitoli di spesa. Basti pensare, infatti, per alcune specifiche categorie di consumo la spesa media mensile familiare degli anziani risulta inferiore alla media nazionale: del 58% per l’abbigliamento, del 70% per gli elettrodomestici bruni, l’Hi-Fi ed altri beni ad elevato contenuto tecnologico (personal computer e telefoni cellulari), dell’80% per i servizi ricreativi, del 67% per gli alberghi ed i viaggi e di circa il 76% per la spesa in pasti e consumazioni furori casa.

Un secondo significativo elemento è rappresentato dal diverso reddito disponibile dei nuclei familiari relativamente all’età della persona di riferimento, ossia del capofamiglia secondo una definizione non più in uso.

Percepire, infatti, un reddito di pensione piuttosto che un reddito da lavoro, determina anche una ridefinizione delle priorità nella soddisfazione dei bisogni e, dunque, una riallocazione del reddito stesso tra le varie categorie di consumo.

Il reddito disponibile delle famiglie composte da ultrasessantacinquenni, cioè da soggetti ormai ritirati dal lavoro, si colloca ad un livello inferiore di ben il 25% al reddito medio nazionale. La propensione media al consumo di queste categorie, cioè il rapporto tra l’ammontare dei comsumi ed il reddito disponibile, supera di poco il 73%, mantenendosi largamente al di sotto della propensione media (circa l’81%) dei nuclei familiari composti da persone con meno di 65 anni ed ancora occupate.

Per la categoria di consumatori rappresentati da persone anziane risulta quindi diversa la ripartizione del bilancio familiare tra le varie tipologie di beni e servizi. Infatti, i capitoli di spesa cui sono destinate le maggiori risorse sono rappresentati dall’abitazione, la salute e l’alimentazione, mentre sensibilmente più ridotta è la quota destinata all’abbigliamento ed alle calzature, ai servizi ricreativi e culturali, ai trasporti ed alle comunicazioni, ai viaggi ed ai soggiorni turistici, nonché ai pasti e alle consumazioni fuori casa.

Dal confronto emerge come nel lungo periodo, sotto il vincolo del coeteris paribus, e quindi a parità di gusti e preferenze dei consumatori, il combinarsi delle tendenze demografiche con la diversa ripartizione della spesa per i consumi tra le tipologie di beni, porti ad un sensibile ridimensionamento del fatturato potenziale, sia per il settore distributivo, sia per i comparti legati alle attività turistiche e di entertainment.

Inoltre, poiché tali voci di spesa hanno un peso decisamente basso rispetto al totale dei consumi di questi nuclei familiari, è evidente che le prospettive di sviluppo dei settori collegati alla domanda interna, in presenza di una curva demografica sempre più sbilanciata verso le classi di età avanzate, risultano seriamente compromesse.

Solo una evoluzione più che sostenuta del reddito disponibile delle famiglie con capofamiglia in età lavorativa ed una crescita economica forte e duratura, capace di riassorbire gli elevati livelli di disoccupazione, potrebbero compensare gli effetti negativi connessi all’invecchiamento della popolazione.

Effetti sul sistema distributivo

Il rallentamento nella spesa delle famiglie per l’acquisto di beni offerti dal sistema distributivo ha accelerato il processo di ristrutturazione della rete di vendita, con l’abbandono del mercato da parte delle imprese marginali del dettaglio tradizionale e la concentrazione di una quota via via crescente del fatturato nelle imprese della grande distribuzione, essenzialmente nel segmento dei beni di largo consumo (grocery).

Se si considera l’andamento del fatturato commerciale nel suo complesso, in relazione alla dimensione d’impresa, con riferimento cioè al numero di addetti, nel triennio 1997-99 si è progressivamente ampliata la divaricazione tra PMI e grande distribuzione.

In particolare, le microimprese (fino a 2 addetti) e le piccole imprese (3 – 5 addetti) evidenziano tassi di crescita modesti delle vendite in quantità, oscillanti tra lo 0,7% e l’1,2%. Per converso, le classi dimensionali 10 – 19 e oltre i 20 addetti mostrano un profilo di crescita sostenuto, fino a superare il 5% relativamente alle grandi superfici come ipermercati e supermercati.

Tab. 1 – FATTURATO COMPLESSIVO delle imprese in sede fissa per classi di addetti

Variazioni %

Classi di addetti 1997 1998 1999(*)
0 – 2 0.5 1.0 -0.2
3 – 5 0.7 1.1 1.2
6 – 9 1.7 2.6 1.9
10 – 19 2.3 2.1 3.3
20 e oltre 3.3 4.3 5.5
TOTALE 1.2 1.6 1.4
(*) gennaio – ottobre
FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO

Tuttavia, se si prende in considerazione il fatturato medio per impresa, emergono alcune indicazioni interessanti che mettono in evidenza soprattutto la capacità delle piccole imprese rimaste sul mercato e che dimostrano maggiore efficienza, di avere forti potenzialità di sviluppo.

Per le microimprese (0 – 2 addetti) e per le piccole imprese (3 – 5 addetti), il fatturato medio reale, cioè al netto della variazione dei prezzi, cresce tra il 1997 ed il 1999 ad un tasso medio superiore al 2%, come è descritto nella tavola seguente.

Si tratta, peraltro, della dinamica più sostenuta tra tutte le tipologie dimensionali, considerando che le imprese di media dimensione, cioè tra i 6 ed i 19 addetti, evidenziano una situazione di difficoltà, mentre le grandi strutture (oltre i 20 addetti) si muovono lungo un trend ben più contenuto.

È probabile che soprattutto nei segmenti intermedi, cioè relativamente ad alcune tipologie come hard discount, minimarket e supermercati al di sotto dei 1.000 mq., si sia verificata nell’ultimo triennio un eccesso di offerta e quindi una compressione dei relativi margini, con una sostanziale riduzione dei ricavi medi.

Tab. 2 – FATTURATO MEDIO per impresa IN SEDE FISSA PER CLASSI DI ADDETTI

miliardi di lire 1995

Classi di addetti 1996 1997 1998 1999(a)
0 – 2 0.55 0.56 0.57 0.55
3 – 5 2.04 2.08 2.13 2.06
6 – 9 2.43 2.40 2.39 2.27
10 – 19 5.41 5.38 5.33 5.10
20 e oltre 27.85 27.96 28.25 27.48
TOTALE 1.03 1.05 1.08 1.05
  Variazioni %(b)
0 – 2   2.0 2.3 1.6
3 – 5   2.2 2.3 3.0
6 – 9   -1.1 -0.6 -1.2
10 – 19   -0.6 -1.1 0.0
20 e oltre   0.4 1.0 2.2
TOTALE   2.4 2.7 2.9
(a) gennaio – ottobre
(b) la variazione del 1999 rispetto al 1998 è calcolata su dieci mesi
FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO

Queste dunque sono le tendenze delineatesi dopo la recessione del 1993 che, per effetto di una evoluzione dei consumi delle famiglie piuttosto modesta, fanno ritenere pressoché fisse le dimensioni della «torta» dei consumi, cioè del fatturato commerciale. Può cambiare solo la ripartizione e la grandezza delle «fette»: mentre le piccolissime imprese sul mercato sono costantemente di meno, e quindi cresce la “fetta” di fatturato di ciascuna, discorso opposto vale per le grandi dimensioni di impresa.

La variabile demografica aggiunge un ulteriore elemento di preoccupazione, perché la diversa struttura sociale derivante da un numero crescente di nuclei familiari composti da anziani potrebbe, nel lungo periodo, mettere in crisi il modello distributivo sempre più orientato verso le grandi superfici di vendita.

Dalle abitudini di consumo delle persone con oltre 65 anni emerge infatti una scarsa propensione alla mobilità mediante l’uso di autoveicoli (le spese per assicurazione e benzina risultano inferiori di circa il 70% alla media nazionale) e ciò si traduce in una penalizzazione per le strutture della GD in termini di clientela potenziale.

Per converso, la grande impresa di distribuzione potrebbe considerare la consegna a domicilio un eccessivo aggravio dei costi, a causa del livello di spesa decisamente inferiore per tali categorie di consumatori.

Gli elementi delineati non si traducono necessariamente in una involuzione, ma è indubbio che occorre fare una seria e ponderata riflessione sulle scelte di sviluppo delle forme distributive, considerando che il dettaglio tradizionale, o esercizi di vicinato secondo la nuova denominazione, potrebbe mantenere un ruolo non marginale nell’evoluzione del sistema commerciale.

Tab. 3 – SPESA MEDIA MENSILE FAMILIARE SECONDO L’ETÀ DELLA PERSONA DI RIFERIMENTO

 

  1998
spesa in lire correnti
1998
composizione % della spesa
  Media nazionale Famiglie con PR<65 Famiglie con PR>65 Media nazionale Famiglie con PR<65 Famiglie con PR>65
Pane e cereali 128.670 140.656 90.927 3.2 3.1 3.7
Carne 180.943 200.257 129.497 4.5 4.5 5.2
Pesce 60.314 65.246 41.092 1.5 1.5 1.7
Latte formaggi e uova 108.566 118.791 79.339 2.7 2.7 3.2
Olii e grassi 32.168 38.493 35.551 0.8 0.9 1.4
Patate frutta e ortaggi 136.712 139.270 105.492 3.4 3.1 4.2
Zucchero, caffè e drogheria 60.314 63.235 48.184 1.5 1.4 1.9
Bevande 72.377 75.042 47.843 1.8 1.7 1.9
CONSUMI ALIMENTARI E BEVANDE 781.536 840.989 577.923 19.4 18.8 23.2
Tabacchi 40.210 47.254 12.731 1.0 1.1 0.5
Abbigliamento e calzature 269.404 316.649 112.290 6.7 7.1 4.5
Abitazione (principale e secondaria) 868.526 922.015 764.612 21.6 20.6 30.8
Combustibili ed energia 188.985 200.191 159.966 4.7 4.5 6.4
Mobili, elettrodom. e servizi per la casa 277.446 320.186 168.671 6.9 7.2 6.8
Sanità 176.922 179.847 160.077 4.4 4.0 6.4
Trasporti 611.185 726.376 174.803 15.2 16.3 7.0
Comunicazioni 84.440 90.552 50.572 2.1 2.0 2.0
Istruzione (1) 52.272 78.439 1.3 1.8 0.0
Tempo libero, cultura e giochi 188.985 243.386 104.819 4.7 5.4 4.2
Altri beni e servizi 482.514 503.188 199.634 12.0 11.3 8.0
CONSUMI NON ALIMENTARI 3.239.416 3.628.080 1.908.329 80.6 81.2 76.8
TOTALE CONSUMI 4.020.952 4.469.069 2.486.252 100.0 100.0 100.0
(1) Per le famiglie con persona di riferimento oltre 65 anni, la spesa relativa all’istruzione non è significativa.
FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO

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