FAQ energia
FAQ energia
Per richiedere il credito d'imposta energia, l'impresa necessita di un modulo da compilare e trasmettere tramite PEC o raccomandata al proprio fornitore?
In attuazione di quanto disposto all'articolo 2, comma 3-bis, del decreto-legge 17 maggio 2022, n.50, e all'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, l'ARERA ha adottato, rispettivamente, due delibere (373/2022/R/COM e 474/2022/R/COM) nella quali ha specificato che "le comunicazioni tra venditori e imprese [ai fini del calcolo del credito d'imposta] avvengono per il tramite di posta elettronica certificata ovvero con altra modalità con caratteristica di tracciabilità individuate dal venditore". Pertanto, ad oggi, non esistono modelli specifici per effettuare la richiesta ma soltanto alcune indicazioni di principio dell'ARERA per comunicare con il fornitore.
Dal 1° gennaio 2023 le microimprese dovranno cambiare fornitore di energia elettrica in quanto finirà il regime di maggior tutela. Cosa succede se non si individua un nuovo fornitore?
Il passaggio dal mercato tutelato a quello libero è stato definito dal comma 60-bis dell’articolo 1 della legge n. 124/2017 e, successivamente, dal decreto del Ministero della Transizione Ecologica (MITE) pubblicato in data 8 settembre 2022.
Il provvedimento, in estrema sintesi, definisce i criteri e le modalità per favorire, a partire appunto dal 1° gennaio 2023, l’ingresso consapevole nel mercato dell’energia elettrica delle microimprese (con una potenza elettrica impegnata pari o inferiore a 15 kW) servite in “maggior tutela”.
Precisa comunque il decreto che, nel caso in cui le imprese non abbiano stipulato, alla data del 1° gennaio 2023, un contratto per la fornitura dell’energia elettrica sul mercato libero, le medesime ricevano comunque la fornitura di energia – fino all’esercizio del diritto di scelta del fornitore – attraverso il c.d. “Servizio a Tutele Graduali” (STG), disciplinato dall’ARERA ai sensi dell’articolo 1, comma 60, della legge n. 124/2017.
L’individuazione dei fornitori del STG avverrà sulla base di procedure concorsuali svolte dall’Acquirente Unico S.p.A. e il periodo di esercizio del STG da parte dei soggetti selezionati in esito alle procedure concorsuali sarà, in ragione della natura transitoria del servizio stesso nel processo di liberalizzazione, di “durata definita e comunque non superiore a quattro anni”.
Alla scadenza del periodo di erogazione del STG, in mancanza di una scelta espressa per un fornitore nel libero mercato, il cliente finale è rifornito dal medesimo esercente il STG sulla base della sua offerta di mercato libero più conveniente.
Ho letto di una recente legge europea che introduce degli obblighi di risparmio energetico per far fronte ai prezzi elevati dell’energia elettrica. Di cosa si tratta? È già in vigore?
Si tratta del Regolamento 2022/1854 del Consiglio Europeo recante “intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell’energia elettrica”, in vigore dal giorno 8 ottobre 2022.
Il Regolamento prevede, in primo luogo, che gli Stati membri provvedano, su base volontaria, ad attuare talune misure per ridurre i consumi elettrici del 10% rispetto alla media dei consumi del periodo che va dal 1° novembre al 31 marzo degli ultimi cinque anni (articolo 3).
È prevista anche una riduzione, stavolta obbligatoria, del 5% dei consumi elettrici nelle ore c.d. “di punta” (articolo 4). Tali riduzioni della domanda di energia dovranno essere effettuate a partire dal 1° dicembre 2022 e fino al 31 marzo 2023. Il Regolamento inoltre dispone – dal 1° dicembre 2022 e fino al 30 giugno 2023 –un tetto obbligatorio sui ricavi di mercato per i produttori di energia elettrica che utilizzano le tecnologie c.d. “infra-marginali” (es. rinnovabili, nucleare, lignite) di 180 €/MWh (articolo 6).
Tale tetto si applica ai ricavi di mercato ottenuti sia attraverso negoziazioni bilaterali che sul mercato centralizzato. Si evidenzia, tuttavia, che gli Stati membri possono mantenere (o introdurre) misure che limitano ulteriormente i ricavi di mercato dei produttori che generano elettricità dagli impianti “infra-marginali” di cui sopra, compresa la possibilità di differenziare tra le tecnologie.
Un condominio in un edificio vincolato alle Belle arti, intendendo eseguire lavori rientranti nel superbonus 110%, ha fatto domanda alla Soprintendenza l'anno scorso per l'autorizzazione all'installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto. Il permesso è stato negato per motivi di estetica. Alla luce delle recenti norme di semplificazione e di incentivazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, è stato superato il limite del permesso della Soprintendenza o di fatto tutti gli immobili vincolati sono sempre esclusi dalla possibilità di installare pannelli?
In virtù dell’articolo 9 della legge 27 aprile 2022, n. 34 (cfr. conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, recante misure urgenti per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali) la posa in opera dei pannelli solari è oggi equiparata a manutenzione ordinaria.
Più nello specifico, l'installazione di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici, non sono più subordinate all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati (ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio).
Fanno eccezione gli impianti installati in aree o immobili di cui all'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo n. 42 del 2004 (ville, giardini e parchi, che si distinguono per la loro non comune bellezza, e complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici).
Da evidenziare che le misure di semplificazione appena descritte si applicano anche in presenza di “vincoli ricadenti sui complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici, ai soli fini dell'installazione di pannelli integrati nelle coperture non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale”.
Pertanto, nell’ipotesi in cui il condominio di cui al quesito rientri nelle fattispecie declinate dall’articolo 9 della legge 27 aprile 2022, n. 34, si ritiene tecnicamente plausibile procedere all’installazione dei pannelli.
Infine, in virtù del comma 2, dell’articolo 119 del Dl 34/2020 (convertito in legge 77/2020), qualora l'edificio sia sottoposto ad almeno uno dei vincoli previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio o gli interventi "trainanti" di efficientamento energetico siano vietati da regolamenti edilizi, urbanistici e ambientali, il superbonus 110% si applica alle spese sostenute per gli interventi "trainati" di efficientamento energetico indicati nel medesimo comma 2, a condizione che tali interventi assicurino il miglioramento di almeno due classi energetiche dell'edificio o delle unità immobiliari oggetto di intervento oppure, ove non possibile, il conseguimento della classe energetica più alta (così, tra l’altro, l'agenzia delle Entrate, con risposta a interpello del 23 giugno 2022, n. 341).
I media scrivono dell'aumento del 59% delle bollette e che – grazie all'intervento di Arera – si è evitato il raddoppio ma riportano esempi relativi ai costi annui per una famiglia-tipo che passano da 632 a 1.322 euro (aumento del 109%). Perché?
Con comunicato stampa diffuso lo scorso 29 settembre, l’Arera ha informato di aver posto in essere un intervento straordinario per limitare l'aumento dei prezzi dell'energia elettrica per le famiglie ancora in regime di tutela.
In sostanza – e in estrema sintesi – l’Arera ha posticipato eccezionalmente il necessario recupero della differenza tra i prezzi preventivati per lo scorso trimestre e i costi reali che si sono verificati, anch'essi caratterizzati da aumenti straordinariamente elevati.
L'intervento dell'Autorità, pur non essendo in grado di annullare gli aumenti, ha ridotto al +59% (anziché al 100%) l'aumento del prezzo di riferimento dell'energia elettrica per la famiglia tipo in tutela.
L’incremento del 59% riportato nel comunicato dell’Arera si riferisce alla differenza percentuale tra i 66,01 c€/kWh (tariffa tutelato quarto trimestre) e i 41,51 c€/kWh (tariffa tutelato terzo trimestre).
Al contrario, l’esempio della spesa per la famiglia tipo si riferisce alla spesa annuale per la bolletta elettrica per una famiglia nel 2021 (632 euro) e nel 2022 (1.322 euro).
Sono attualmente in possesso di un fabbricato al grezzo ma già censito in catasto in categoria A3 ed edificato con originaria licenza edilizia rilasciata nell'anno 2009. Ora dovrei chiedere agibilità ma si hanno dubbi sull'obbligatorietà dell'installazione di impianto per la produzione di energia elettrica (fotovoltaico). L'originaria licenza edilizia è stata rilasciata precedentemente all'entrata in vigore del D.lgs. 28/03/2011 n. 28 come da chiarimento di cui all'art. 11 dello stesso decreto. Il tecnico asserisce che essendo il fabbricato ultimato in data successiva deve essere assoggettato a tale normativa. Come devo procedere?
L’obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti è oggi disciplinato dall’articolo 26, D.lgs. 8 novembre 2021, n. 199 il quale testualmente recita: “I progetti di edifici di nuova costruzione ed i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici esistenti, per i quali la richiesta del titolo edilizio è presentata decorsi centottanta giorni dalla data di entrata del presente decreto, prevedono l'utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento secondo i principi minimi di integrazione di cui all'Allegato III del presente decreto”.
La norma, quindi, sottopone all’obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici i progetti per i quali la richiesta del titolo edilizio sia stata presentata decorsi centottanta giorni dalla data di entrata del decreto, avvenuta il 15 dicembre 2021.
Nel caso evidenziato nel quesito si evince che la licenza edilizia è stata rilasciata nel 2009 – quindi precedentemente alle disposizioni normative in esame – mentre deve essere ancora richiesta l’agibilità. Il punto è, pertanto, quello di chiarire se quest’ultima (l’agibilità) costituisca giuridicamente “titolo edilizio”, la cui richiesta faccia quindi rientrare la fattispecie di cui al quesito negli obblighi di cui all’articolo 26 del D.lgs. 8 novembre 2021, n. 199.
Al riguardo la giurisprudenza non è unanime. L’orientamento che ci appare tuttavia più meritevole di attenzione è quello che differenzia chiaramente tra titoli abilitativi edilizi (quali il permesso di costruire) e certificato di agibilità.
La funzione di quest'ultimo è, infatti, accertare che l'immobile, al quale si riferisce, è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene; invece, funzione specifica dei titoli edilizi cui si riferisce l’articolo 26 del D.lgs. 8 novembre 2021, n. 199 – come del permesso di costruire - è il rispetto delle norme edilizie e urbanistiche.
L’ontologica differenza fra i due istituti ci fa quindi propendere per l’esclusione del fabbricato in oggetto dalla normativa richiamata. Fatta salva, evidentemente, l’eventuale esistenza di ulteriori titoli edilizi non espressamente menzionati nel quesito.
In base al nuovo Decreto Mite n. 297 del 2/8/2022, si può installare un impianto fotovoltaico a terra su un terreno edificabile di circa 100Kw, quale intervento di manutenzione ordinaria?
Il modello unico semplificato di cui al decreto 2 agosto 2022, n. 297 si riferisce all'installazione di impianti fotovoltaici su edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici. In sostanza, l'iter semplificato per impianti tra i 50 kW e i 200 kW riguarderebbe queste "superfici" e non i "moduli a terra" (ossia impianti i cui moduli non sono fisicamente installati su edifici, serre, barriere acustiche o fabbricati rurali, né su pergole, tettoie e pensiline).
Per quanto riguarda l'installazione dei "moduli a terra" occorre far riferimento alle disposizioni contenute nell'articolo 20 del decreto-legge 8 novembre 2021, n. 199, per le quali, peraltro, mancano ancora i decreti attuativi. Interessante in ogni caso far notare come il comma 8 del predetto articolo 8 - come modificato, da ultimo, dall’art. 6 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2022, n. 91 – dispone che, nelle more della predisposizione dei decreti attuativi, sono considerate aree idonee, tra le altre:
- i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica non sostanziale nonché, per i soli impianti solari fotovoltaici, i siti in cui sono presenti impianti fotovoltaici sui quali, senza variazione dell'area occupata o comunque con variazioni dell'area occupata sono eseguiti interventi di modifica sostanziale per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione, anche con l'aggiunta di sistemi di accumulo di capacità non superiore a 8 MWh per ogni MW di potenza dell'impianto fotovoltaico;
- le aree dei siti oggetto di bonifica;
- le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento;
- esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per gli impianti di produzione di biometano, in assenza di vincoli:
- le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere;
- le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, nonché le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento;
- le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri.
Ulteriori aree provvisoriamente considerate idonee sono quelle non ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela né che ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela.
Viviamo in un grande condominio ed abbiamo pensato di costituire una comunità energetica così da poter abbattere i costi ed essere autosufficienti nel caso di interruzioni delle forniture. Possiamo essere qualificati come auto-consumatori di energia? E, in questo caso, è possibile rivendere l’energia prodotta in eccesso? Esistono dei requisiti specifici che dobbiamo rispettare per la costituzione della comunità energetica?
I clienti finali che risiedono in un condominio possono certamente costituire una comunità energetica e, in quanto tali, essere qualificati come auto-consumatori di energia. Al riguardo si rammenta che il D.lgs. 199/2021 definisce auto-consumatori di energia rinnovabile coloro che:
- producono e accumulano energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo, attraverso:
- un impianto di produzione da FER direttamente interconnesso all'utenza nella titolarità dell'auto-consumatore stesso, o di proprietà di un terzo, o gestito da un terzo, purché questo resti soggetto alle istruzioni del primo. Posto ciò, il terzo non è considerato auto-consumatore di energia rinnovabile. L'auto-consumatore, in presenza dei requisiti sopra indicati, può accedere agli incentivi, e alle compensazioni tariffarie disposte dall'ARERA;
- uno o più impianti di produzione da FER situati presso edifici o in siti diversi da quelli in cui opera l'auto-consumatore, ma che sono comunque nella disponibilità di quest'ultimo. In tal caso, l'auto-consumatore può utilizzare la rete di distribuzione esistente per condividere l'energia prodotta dagli impianti e consumarla nei punti di prelievo nella sua titolarità;
- vendono l'energia elettrica rinnovabile autoprodotta e possono offrire servizi ancillari e di flessibilità, eventualmente per il tramite di un aggregatore.
Quanto alle specifiche condizioni da rispettare affinché più clienti associati possano divenire auto-consumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente rientra anche, come detto, quella di trovarsi nello stesso edificio o condominio. La rete di distribuzione può essere utilizzata per condividere l'energia prodotta dagli impianti a fonti rinnovabili, anche ricorrendo a impianti di stoccaggio.
L'energia autoprodotta deve essere utilizzata prioritariamente per i fabbisogni degli auto-consumatori e l'energia eccedentaria può essere accumulata e venduta anche tramite accordi di compravendita di energia elettrica rinnovabile, direttamente o mediante aggregazione. La partecipazione al gruppo di auto-consumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente non può costituire l'attività commerciale e industriale principale delle imprese private.
I clienti finali, inclusi i clienti domestici, hanno poi il diritto di organizzarsi in comunità energetiche rinnovabili, nel rispetto di una serie di condizioni e requisiti, in particolare:
- l'obiettivo principale della comunità non deve essere quello di realizzare profitti finanziari, bensì quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui operano. Anche per le imprese, dunque, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire l'attività commerciale e industriale principale;
- la comunità è un soggetto di diritto autonomo e l'esercizio dei poteri di controllo fa capo esclusivamente a soggetti quali persone fisiche, enti di ricerca e formazione, enti religiosi, del terzo settore e di protezione ambientale, PMI, e amministrazioni locali, che sono situate nel territorio dei Comuni ove si trovano gli impianti per la condivisione
Chiarimenti sulle disposizioni previste dal comma 3-bis dell’articolo 2 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, e dal comma 5 dell’articolo 6 del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 che prevedono che, “entro sessanta giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il credito d'imposta”, il venditore di energia è tenuto a rispondere alla richiesta di calcolo del credito d’imposta, onde evitare l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie nei suoi confronti.
Le richieste pervenute [al venditore] dopo i “sessanta giorni”, anche se la norma non fissa un termine ultimo entro cui l’impresa può richiedere il calcolo, devono essere comunque evase dal venditore anche se in questo caso non sono previste sanzioni?
Gli articoli richiamati nel quesito prevedono che le imprese beneficiarie dei crediti d’imposta “energetici” possono richiedere al proprio fornitore di energia di effettuare lui stesso il calcolo dei crediti d’imposta spettanti, a condizione che l’impresa destinataria del contributo si rifornisca di energia elettrica o di gas naturale dallo stesso venditore da cui si riforniva nel 2019.
Le citate disposizioni prevedono inoltre che, “entro sessanta giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il credito d'imposta”, il venditore di energia è tenuto a rispondere alla richiesta di calcolo del credito d’imposta, onde evitare l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie nei suoi confronti.
Al riguardo l’ARERA, con proprio comunicato stampa ha specificato che, anche qualora le richieste delle imprese per il calcolo del credito d’imposta pervengano in una data successiva al termine di cui sopra, il venditore è ancora obbligato a inviare la suddetta comunicazione, tenuto conto che i predetti decreti non hanno previsto un termine, a pena di decadenza, entro il quale l'impresa interessata ha diritto di chiedere tali informazioni al proprio venditore.
La vigente disciplina normativa riguardante le imprese “energivore” e “non energivore” prevede, con riferimento alla verifica dell’incremento del costo medio come requisito di accesso al beneficio, che i costi per kWh per la componente energia elettrica siano determinati al netto delle imposte e degli eventuali sussidi.
Come vanno considerate le imposte e sussidi ai fini del calcolo del costo medio e dei crediti d’imposta energetici?
Il raffronto tra il costo medio dei due trimestri di riferimento deve avvenire avendo riguardo al costo sostenuto per l’acquisto della componente energetica, senza tener conto delle imposte eventualmente versate (già comprese in fattura in una diversa categoria di voci) e detraendo, dallo stesso, il valore di eventuali sussidi ricevuti.
A questo proposito deve essere ricordato che, come anche chiarito dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 13/E del 2022, paragrafo 1.1, per sussidio si intende qualsiasi beneficio economico conseguito dall’impresa a copertura (totale o parziale) della componente energia elettrica e ad essa direttamente collegata. Si tratta, in particolare, di sussidi “riconosciuti in euro/Mwh ovvero in conto esercizio sull’energia elettrica”.
Ai fini del calcolo del credito d’imposta, invece, come chiarito con la richiamata Circolare n. 13/E del 2022, si considera spesa agevolabile quella sostenuta per l’acquisto della componente energetica (costituita dai costi per l’energia elettrica, il dispacciamento e la commercializzazione), ad esclusione di ogni onere accessorio, diretto e/o indiretto, indicato in fattura diverso dalla componente energetica.
Ne consegue, quindi, che le imposte (già indicate in una categoria separata in fattura), anche in tal caso, non devono essere considerate nella base imponibile ai fini del calcolo del credito d’imposta e che eventuali sussidi non devono essere detratti dalla spesa sostenuta, in quanto la norma non prevede tale ipotesi. Si rammenta, tuttavia, che il credito d’imposta, per espressa previsione normativa, è cumulabile con altre agevolazioni (tra cui i sussidi) che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
L'azienda sta pagando le fatture di energia elettrica e gas naturale in modo rateizzato. Abbiamo comunque diritto al credito d’imposta (ovviamente in proporzione agli importi effettivamente pagati)?
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 25/E del 11/07/2022 (FAQ), alla domanda 3.5, riferendosi alle fatture di cortesia, sostiene che “[…] il relativo costo deve essere effettivamente sostenuto, nonché documentato […]” e non scrive “interamente sostenuto”.
I diversi decreti che si sono succeduti – disciplinanti i crediti d’imposta per l’energia acquistata (elettrica e gas) nel secondo e nel terzo trimestre 2022 – non prevedono alcun divieto esplicito circa la possibilità di poter beneficiare, contestualmente, del credito d’imposta e di un piano di rateizzazione delle bollette eventualmente concesso dal proprio fornitore.
Tuttavia, le previsioni di cui al decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 e al decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, prevedono che il beneficio fiscale venga concesso con riferimento alla “spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata […] comprovato mediante le relative fatture d’acquisto”.
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 13/E del 13 maggio 2022, sostiene che costituisce presupposto per l’applicazione della disposizione (di cui sopra) il “sostenimento di spese” per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata. A tale riguardo, viene precisato che occorre prendere in considerazione il costo sostenuto e relativo ai consumi effettivi e non anche a quelli stimati e, eventualmente, fatturati in acconto dai gestori.
L’Agenzia delle entrate ha, inoltre, precisato che le spese per l’acquisto dell’energia elettrica utilizzata si considerano sostenute sulla base dei criteri di cui all’articolo 109, commi 1 e 2, del TUIR (Testo unico imposte sui redditi), che disciplina la determinazione del reddito d’impresa in base al principio della competenza.
In particolare, per quello che qui rileva, ai fini della determinazione dell'esercizio di competenza, le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute alla data della consegna (o spedizione) dei beni mobili.