Federazione Moda Italia: “serve discontinuità con le scelte discriminatorie per i negozi di moda”

Federazione Moda Italia: “serve discontinuità con le scelte discriminatorie per i negozi di moda”

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21 marzo 2021

Bene l’accoglimento ad alcune fondamentali richieste, delusione per la soglia minima delle perdite. È la posizione di Federazione Moda Italia, per la quale “il decreto viene incontro alle esigenze evidenziate dal nostro comparto. Bene, dunque, il superamento del criterio dei codici Ateco che aveva, tra l’altro, portato a un’incomprensibile selezione dei beneficiari e creato figli e figliastri. Viene così data attenzione a tutte le nostre imprese a prescindere dalla collocazione in fasce, al wedding ed ai negozi di camicie e maglieria rimasti per decreto chiusi e mai indennizzati. Ma anche all’ingrosso moda che, pur aperto, non poteva certo vendere a negozi in forte sofferenza per le restrizioni. Bene anche la scelta del computo delle perdite sulla media mensile del fatturato del 2019 con quello del 2020 e indispensabile poi la prosecuzione della cassa integrazione in deroga per le piccole attività”.

 

“Purtroppo – prosegue il presidente Renato Borghi la previsione della soglia minima di perdita al 30% del fatturato è troppo penalizzante per il comparto moda che, a differenza di tutti gli altri settori, vende prodotti soggetti a rapidissima svalutazione. Durante questo drammatico periodo si è dovuto fare notevole ricorso a forti promozioni e saldi, con l'unico obiettivo di pagare i costi fissi e contenere le perdite di fatturato, riducendo i margini. Per questa nostra peculiarità, sarebbe più coerente una soglia di perdita di fatturato del 20%. Servono comunque aiuti immediati alle imprese, liquidità, moratorie fiscali e contributive, sostegni per far fronte alle locazioni commerciali e, considerando l’andamento ancora una volta negativo dei saldi con un calo del 41,1% a gennaio e del 23,3% a febbraio rispetto agli stessi mesi del 2020, un indispensabile contributo sotto forma di credito d’imposta del 30% sulle rimanenze, capace di superare l’annoso problema dei magazzini”.

 

“Serve, infine, discontinuità – conclude Borghi – e un ripensamento delle restrizioni alle aperture che riguardano quasi esclusivamente il nostro comparto. Non si riesce ancora a comprendere perché un negozio di abbigliamento o di calzature o di pelletteria, nonostante i sacrifici fatti e gli investimenti in sicurezza, rientri tra le pochissime attività commerciali che devono rimanere chiuse per decreto. Se i negozi soffrono, i colossi del web gioiscono con fatturati più che raddoppiati. Nonostante l’apprezzata introduzione della digital tax, ci aspettiamo di operare in un mercato a parità di regole e di tassazione realmente proporzionata agli introiti effettuati nel nostro Paese”.

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