Fipe: "tradita la natura dello strumento, meglio i soldi in busta paga"

Fipe: "tradita la natura dello strumento, meglio i soldi in busta paga"

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11 settembre 2017

La possibilità di spendere i buoni pasto  anche negli agriturismi e nei mercati dei contadini, secondo quanto  prevede un decreto del Mise, "non affronta il problema della  speculazione che si è creata intorno a questo importante strumento.  Mentre allargando la platea degli utilizzatori e consentendo la  cumulabilità fino a otto buoni in una sola volta tradisce ulteriormente la funzione per la quale è nato come buono sostitutivo  di mensa per i dipendenti di aziende pubbliche e private", un  potenziale di circa 2,5 milioni di lavoratori. A sottolinearlo  all'Adnkronos è Aldo Cursano, vice presidente DI Fipe Confcommercio in  rappresentanza dei titolari di bar, ristoranti e pizzeria, che in  Italia contano circa 300 mila imprese all'indomani dell'entrata in  vigore della norma. Il problema di fondo, secondo il rappresentante degli esercizi  pubblici, consiste nelle aste al ribasso che vengono indette per  aggiudicare il servizio sostitutivo di mensa, il meccanismo fa sì che  i datori di lavoro spuntino sconti fino al 22 % in meno rispetto al  valore facciale, quello che figura sul ticket. "Un buono pasto di 5 euro va a finire che viene pagato 4 euro dal  datore di lavoro e a pagare la differenza è l'esercente - spiega Cursano-  e questo meccanismo su milioni e milioni di buoni toglie redditività al  settore, noi fino a oggi e ora anche gli agriturismi". "Ecco perché,  secondo noi, tanto vale combattere la speculazione e mettere i soldi  in busta paga, (prevedendo sempre defiscalizzazione e decontribuzione) per consentire al lavoratore di essere libero nella sua scelta di  prendere un caffè piuttosto che consumare un pranzo o fare la spesa". Una gara al ribasso su un servizio sostitutivo della  mensa non è corretto per la Fipe-Confcommercio. "L'alimentazione non è una matita, non è un quaderno: una sana e corretta alimentazione porta valore e rende più efficiente il lavoratore. Non vogliamo essere  indotti a tradire il rapporto di fiducia che abbiamo con i nostri  clienti - prosegue Cursano - togliendo magari una fettina di prosciutto dal  panino per rientrare dei costi". E ancora più grave è che la pubblica amministrazione è la prima a dare il cattivo esempio mettendo all'asta il pranzo dei lavoratori. "Le  gare della Consip partono da gare a ribasso in cui tutti gli  emettitori sono costretti a concorrere, siccome sono centinaia di  milioni di euro, tutti offrono i prezzi più bassi consapevoli che non  saranno loro a pagare il prezzo ma l'esercente a cui viene imposto di  riconoscere un valore facciale che non è quello reale. Un formidabile  strumento è stato reso insostenibile". Al di là della pesante commissione che gli esercizi pubblici pagano,  la denuncia di Fipe-Confcommercio riguarda anche "il percorso  infernale" che devono affrontare per riscuotere i buoni pasto. "I  tempi di rimborso non sono mai quelli indicati o condivisi" ed anche  alla luce di questo motivo la Fipe non ravvisa una 'soluzione' nelle  nuove norme e conferma la preferenza per una erogazione in busta paga  dell'equivalente del benefit.

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