Fisco: dove finiscono gli extragettiti?

Fisco: dove finiscono gli extragettiti?

In tempi di emergenza fiscale, non si può parlare di vera democrazia economica se le informazioni su eventuali maggiori risorse non sono diffuse e accessibili all'opinione pubblica. 

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22 febbraio 2013

Le indicazioni diffuse dal Dipartimento delle Finanze sul gettito IMU per il 2012 (23,7 miliardi di euro) lasciano supporre l'esistenza di un extra-gettito, la cui entità, tuttavia, è spiacevolmente variabile in funzione della previsione ex-ante (forse tra 20,9 e 22,5 miliardi di euro) con la quale si confronta l'ammontare dei versamenti incassati. Il problema non è di poco conto, in un paese come il nostro che vive da troppo tempo una situazione di emergenza fiscale. E' immediato chiedersi come vengano utilizzate queste maggiori risorse, atteso che, dal punto di vista del cittadino contribuente, non fa differenza che maggiori gettiti siano introitati da questo o quell'altro livello di governo. Si tratta sempre di redditi che migrano dalle sue tasche alle casse della pubblica amministrazione. Purtroppo, è del tutto oscuro il meccanismo di confronto tra gettiti previsti e gettiti effettivamente ottenuti, tanto più nell'attuale assetto, così come scaturito dal Titolo V riformato della Costituzione, dove convive una pluralità di soggetti con qualche autonomia impositiva che esigerebbe forme di coordinamento. E', dunque, necessario e urgente capire in che misura, nei documenti ufficiali del Governo (il DEF e la sua Nota di Aggiornamento), che contengono il quadro del conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche (la somma netta di spese ed entrate), sono stati appostati i gettiti derivanti dalle diverse imposte in modo tale da stabilire sia l'ammontare dell'eventuale gettito in eccesso sia la sua destinazione. Senza questi elementi non si capisce se i maggiori gettiti servono per fare più spesa pubblica corrente o maggiori investimenti e chi li farebbe, se invece contribuiscono a modificare i saldi di finanza pubblica (per esempio abbassando ulteriormente il rapporto deficit/Pil grazie appunto alle maggiori risorse), se vanno a coprire minori gettiti da altre imposte (informazione di capitale importanze per la politica fiscale), se, infine, c'è lo spazio, da noi auspicato, per una piccola ma significativa operazione di immeditata e non elettoralistica restituzione fiscale. In tal caso si dovrebbe stabilire chi restituisce e a chi, essendo comunque verosimile che lo stato centrale dovrebbe ridurre qualche aliquota di tipo generale. Analoghe considerazioni valgono per le famigerate "maggiori risorse derivanti dalla lotta all'evasione e all'elusione" (circa 12 miliardi di euro), considerata l'incertezza sulle modalità di alimentazione del fondo "taglia tasse". Di tali evidenze non sembra esservi alcuna traccia sotto il profilo statistico-contabile, almeno in forma trasparente e comprensibile, tale da consentire a qualunque cittadino di verificare e conoscere l'uso delle risorse che egli versa. Migliorare la compliance fiscale, come si dice, passa anche attraverso le buone pratiche della controparte pubblica e non solo dall'uso di strumenti di deterrenza o di repressione. Si può parlare di vera democrazia economica, se queste informazioni non sono diffuse e accessibili all'opinione pubblica? Crediamo proprio di no.

Mariano Bella, Luciano Mauro (Ufficio Sudi Confcommercio)

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