Fmi taglia stime di crescita dell'Italia

Fmi taglia stime di crescita dell'Italia

DateFormat

21 gennaio 2019

anche il Fondo monetario internazionale taglia le stime di crescita dell'Italia allo 0,6 per cento per l'anno in corso. Una revisione di quattro decimali rispetto a tre mesi fa e un numero che potrebbe anche peggiorare, se lo spread dovesse rimanere alto. Il "boom economico" prospettato dal vicepremier pentastellato sembra inghiottito da un orizzonte dove si stanno addensando molte nubi.
 Oltretutto, la zavorra non viene dall'estero; la zavorra siamo noi. A ottobre era stato il braccio di ferro commerciale tra Stati Uniti e Cina a imbrigliare l'economia globale: da allora l'ulteriore freno al Pil è "in parte" imputabile alla Germania e all'Italia. Nel caso del nostro Paese "le preoccupazioni sui rischi sovrani e finanziari" - tradotto, lo spread alle stelle dei mesi scorsi - "ha schiacciato la domanda interna". Il Pil globale rallenta quest'anno di due decimali al 3,5 per cento, l'area euro dello 0,3 per cento a quota 1,6. Nell'aggiornamento presentato al Forum economico mondiale di Davos del tradizionale ‘outlook' autunnale, il Fmi rileva inoltre che lo spread italiano è sceso rispetto al periodo più nero dello scontro sulla manovra, ma "che resta alto". E aggiunge che "un prolungato periodo di differenziale alto potrebbe mettere sotto pressione le banche italiane, pesare sull'economia e peggiorare la dinamica del debito". Pesante anche la revisione per la Germania, che secondo gli economisti di Washington crescerà solo dell'1,3% ne 2019, dunque sei decimali in meno rispetto alle stime d'autunno. Tra i principali Paesi europei, Italia e Germania segnano il rallentamento più brusco. Il tutto, ammette il Fmi, al netto di un'ipotesi di Brexit disordinata, di un calo peggiore del previsto del Pil cinese ma anche del ritorno di tensioni sul commercio internazionale, che resta ipotecato dal neo protezionismo trumpiano.Interessante la Francia, meno colpita dalla correzione delle stime (1,5 per cento invece di 1,6) ma dove si può già riconoscere un riflesso negativo "delle proteste di piazza", insomma un effetto "gilet gialli". L'Italia è afflitta invece "dalla debolezza della domanda interna, dagli oneri più alti sul credito dovuti alle pressione ancora alte sui rendimenti dei titoli governativi", mentre la Germania ha sofferto sia per i consumi e gli investimenti al palo sia per la nota revisione di alcune norme per le emissioni delle auto che hanno messo il freno all'industria trainante. 

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca