Forum Confcommercio - Ambrosetti

Forum Confcommercio - Ambrosetti

Conferenza stampa 11a edizione del Forum Confcommercio-AmbrosettiVilla d'Este - Cernobbio (Como), 12 - 13 marzo 2010

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15 marzo 2010
Macro Carrier

 

Anzitutto, benvenuti e grazie per avere accolto in così tanti il nostro invito a seguire i lavori dell’undicesima edizione del Forum Confcommercio-Ambrosetti di Cernobbio.

Mariano Bella, Direttore del nostro Ufficio Studi, ha illustrato – con gran dovizia di dati – una tesi molto semplice, la nostra tesi.

La tesi secondo la quale, cioè, per rafforzare il ritorno alla crescita, occorre puntare con decisione su due opportunità presenti nel nostro Paese e tra loro collegate: l’opportunità del sistema dei servizi; l’opportunità della crescita e dello sviluppo del Mezzogiorno.

E’ una tesi che ci sembra giusto sottolineare particolarmente oggi.

Oggi, perché è noto che il nostro Paese ha la necessità assoluta di accelerare ed irrobustire la dinamica del ritorno alla crescita.

Tenendo presente, in particolare, che, già oggi, le imprese dei servizi di mercato contribuiscono alla formazione del valore aggiunto e dell’occupazione in misura superiore al 40% del totale. E, soprattutto, ricordando che è proprio da questa economia dei servizi, e dai suoi incrementi di produttività, che potrà venire una spinta importante al rafforzamento della crescita.

Il punto, dunque, non è “dimenticare” il sistema manifatturiero del Paese. Il punto è, piuttosto, mettere in campo anche una politica per i servizi.

E’ questo, del resto, anche l’impianto che emerge da “Europa 2020”, cioè dal pacchetto di proposte messe a punto dalla Commissione europea per il realistico perseguimento dell’obiettivo di una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva.

Dinamicità del terziario, competitività del turismo, agenda del digitale, progetti strategici per le infrastrutture transfrontaliere ed i nodi intermodali delle città, dei porti e delle piattaforme logistiche delineano così, nello scenario di “Europa 2020”, l’apporto dell’economia dei servizi alla crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva.

Una politica per i servizi: la chiediamo, dunque, all’Europa, allo Stato, alle Regioni.

Chiediamo una politica per i servizi per potenziare la dotazione infrastrutturale del nostro Paese, cui, ad esempio, la congestione stradale costa circa 19 miliardi di euro all’anno, molto di più degli altri paesi europei.

Chiediamo una politica per sviluppare i servizi alle persone ed i servizi alle imprese, così essenziali, tra l’altro, per l’accrescimento dello stesso valore aggiunto del nostro export.

Chiediamo – in particolare – una politica per il turismo. Oggi, il settore contribuisce alla formazione del PIL del Paese per circa il 10%. Ma è convincimento comune che questo contributo potrebbe essere ben superiore.

Fare fruttare di più e meglio lo straordinario asset competitivo dell’identità italiana e della sua offerta turistica non solo è possibile, ma è assolutamente necessario.

Richiede sostegno all’innovazione ed alla qualificazione del capitale umano; richiede sostegno di investimenti ed un più agevole accesso al credito; richiede miglioramento dell’infrastrutturazione e dell’accessibilità dei territori; richiede coordinamento delle competenze, particolarmente sul terreno della promozione della destinazione Italia e dei suoi territori.

E richiede anche scelte fiscali: scelte, ad esempio, di allineamento delle aliquote IVA per il settore ai livelli più competitivi praticati da altri Paesi europei. Scelte di riduzione delle aliquote IVA operate, anche di recente, da Francia e Germania, e che sarebbe davvero il caso di praticare anche da noi.

Bisogna procedere lungo questa strada: rapidamente e con determinazione.

Ne hanno tutto da guadagnare la crescita, l’occupazione e lo sviluppo del Paese, ed anzitutto la crescita, l’occupazione e lo sviluppo del Mezzogiorno.

Il Mezzogiorno resta una grande questione nazionale. Perché è più che mai chiaro che – come ha scritto il Ministro Tremonti, il cui intervento concluderà i lavori del nostro Forum – “l’unica conclusione possibile è che la nostra strategia fondamentale di permanenza in Europa dipende dal rilancio del Sud”.

Insomma, più crescita, più sviluppo, più coesione sociale e territoriale passano, per l’intero Paese, anzitutto dalla capacità di sospingere crescita, sviluppo e coesione sociale del Mezzogiorno.

Con una tutela rigorosa della sicurezza e della legalità, perché senza sicurezza e legalità non vi è crescita stabile e duratura, non vi è crescita che si faccia sviluppo.

Sicurezza, legalità e giustizia sono davvero l’infrastruttura di base, sono davvero i “fondamentali” delle regole per lo sviluppo del Mezzogiorno, e non solo.

L’intervento – nella giornata di oggi – del Ministro Maroni sarà certamente un’occasione per ribadirlo.

Così come l’intervento – sempre nella giornata di oggi – del Ministro Brunetta sarà anche l’occasione – ritengo - per sottolineare quanto sia essenziale – anche nel Mezzogiorno e soprattutto nel Mezzogiorno – il miglioramento della produttività della funzione pubblica ed il miglioramento della qualità della spesa pubblica e degli utilizzi concreti delle risorse comunitarie.

Giustizia, ciclo dei rifiuti, reti idriche, accessibilità territoriale, formazione sono le priorità vere intorno alle quali concentrare e migliorare la spesa.

Ma al Mezzogiorno, che non si sottrae alla sfida della costruzione del federalismo fiscale, penso che si debba anche l’impegno a riaprire la discussione in sede europea sulla fiscalità di vantaggio.

Il “Piano per il Sud” – cui il Governo sta lavorando - è, allora, aspetto particolarmente rilevante della strategia per la crescita e lo sviluppo dell’intero Paese. E’ giusto di ieri la presentazione della Banca del Mezzogiorno che è un’iniziativa importante per risolvere i problemi specifici del rapporto tra piccole e medie imprese e credito nel Mezzogiorno.

Come vedete, parleremo molto di riforme. Ne parleremo, tra gli altri, con Rutelli, con Bonanni e Passera, con Pierluigi Bersani e con il Ministro Sacconi, con Catricalà, con Enrico Letta e con Pierferdinando Casini.

Anche qui, la nostra tesi è chiara. Pensiamo anche noi che il Paese abbia mostrato, alla prova della crisi, di avere qualche buon “fondamentale”.

Ma – tanto per irrobustire buoni fondamentali, quanto per affrontare e risolvere fragilità e ritardi di lungo periodo – la strada maestra resta quella delle riforme necessarie per rafforzare produttività e competitività.

E riforme, naturalmente, in materia fiscale. Incrociando così il processo di costruzione del federalismo fiscale con scelte di semplificazione del rapporto tra fisco e contribuenti, ma anche con scelte di progressiva riduzione della pressione fiscale complessiva, a partire da quella che grava sui redditi da lavoro.

Condividiamo quanto è stato fatto per stabilizzare gli andamenti della finanza pubblica. Condividiamo una politica di bilancio sobria, e giustamente e prioritariamente attenta al rafforzamento degli strumenti di sicurezza sociale.

Ma, ora, occorre fare qualcosa di più per sospingere il ritorno alla crescita.

Occorre, tra l’altro, cogliere l’occasione storica dell’apertura del processo di transizione al federalismo fiscale.

Il punto di arrivo non è facile in un Paese come il nostro. Gravato dal macigno del debito. E caratterizzato, dal punto di vista dell’economia reale, da profonde differenziazioni territoriali in termini di distribuzione della ricchezza e di consistenza delle basi imponibili.

Il processo non è facile, e non sarà breve. Ma il confronto va aperto il prima possibile. Per rendere chiari al Paese quali saranno i suoi tempi e le sue tappe di avanzamento, anche sotto il versante della riduzione della pressione fiscale complessiva.

Rendere chiaro tutto ciò sarebbe già un buon contributo al clima di fiducia delle famiglie e delle imprese.

E la fiducia è un tonico essenziale per consolidare la ripartenza e per contrastare rischi, ancora presenti, di ricadute.

Ragioniamo, dunque. Vediamo cosa può essere fatto tempo per tempo, e senza “scassare” i conti pubblici.

Partiamo pure dai redditi da lavoro. E vediamo, ad esempio, se possono essere rese permanenti ed ampliate le misure di riduzione del prelievo fiscale sui premi di risultato e sugli incrementi salariali derivanti dalla contrattazione di secondo livello.

Ne guadagnerebbe la produttività; ne guadagnerebbero i redditi da lavoro; ne guadagnerebbero i consumi.

Consumi da tempo in sofferenza, ed ora anche indeboliti dalla crescita della disoccupazione. Ecco la spirale pericolosa da interrompere: quella tra consumi in sofferenza e crescita della disoccupazione.

Per farlo, occorre, tra l’altro, affidarsi un po’ di più alla domanda interna: agli investimenti, ad esempio quelli per la green economy o per le infrastrutture più rapidamente cantierabili, ma anche ai consumi delle famiglie.

Stiamo attraversando, in conclusione, una transizione difficile dalla recessione al ritorno alla crescita. Ma l’Italia ha mostrato di avere qualche buon “fondamentale” e, soprattutto, ha ancora rilevanti opportunità.

Grazie.

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