Gig working, Rete Imprese Italia: "Dalle norme rischio irrigidimento, sono collaboratori"

Gig working, Rete Imprese Italia: "Dalle norme rischio irrigidimento, sono collaboratori"

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25 giugno 2019

"Il nostro ordinamento ha già gli strumenti utili a gestire il fenomeno dei gig workers. Il rischio di un intervento normativo, infatti, è un eccessivo irrigidimento a fronte di un fenomeno in continua evoluzione che sta aprendo future prospettive di sviluppo economico". Lo ha sottolineato Rete Imprese Italia alla Camera al termine di un'audizione su alcune risoluzioni sull'argomento.   "Un eventuale intervento legislativo di regolamentazione" del gig working, i cosidetti 'lavoretti, nei quali rientrano, per esempio i rider, "dovrebbe limitarsi a riconoscere a chi svolge un lavoro attraverso le piattaforme digitali - a prescindere dalla tipologia contrattuale utilizzata - un nucleo essenziale di tutele uniformi nel rispetto della dignità, della salute, della sicurezza e della trasparenza nello svolgimento dell'attività lavorativa, non potendo consistere in una qualificazione ope legis nellambito del lavoro subordinato di questi rapporti di lavoro", ha sottolineato ancora il soggetto unitario di rappresentanza delle pmi e dell'impresa diffusa. "Per quanto riguarda il corretto inquadramento dei gig workers, a giudizio di Rete Imprese Italia tali prestazioni possono essere adeguatamente ricondotte nell'ambito delle collaborazioni continuative. Difatti - si legge nella memoria depositata al termine dell'audizione - non vè dubbio che allo stato il mezzo più idoneo è il ricorso ad un accordo collettivo nazionale, volto proprio ad autorizzare lutilizzo delle collaborazioni coordinate e continuative entro un quadro contrattuale certo contenente la specifica disciplina di tali rapporti nonché le relative tutele". Il Jobs act, ricorda Rete Imprese, ha abrogato i co.co.pro. e ha assimilato al lavoro subordinato le collaborazioni caratterizzate da determinati requisiti (prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro). La stessa legge consente poi delle deroghe con riferimento, tra le altre, alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore. Per l'associazione, le collaborazioni etero-organizzate "restano ascritte alla tipologia della collaborazione coordinata e continuativa laddove il relativo trattamento economico e normativo sia regolato attraverso accordi collettivi di lavoro nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In base a tale deroga, ad esempio, sono stati siglati accordi per i call center, in cui è quindi possibile oggi utilizzare collaborazioni. Il fenomeno dei gig workers sembra in effetti assimilabile a quello dei lavoratori dei call center, per cui la soluzione più idonea sembrerebbe proprio la stipula di questo tipo di accordo, proprio per le specificità che caratterizzano lesecuzione della prestazione di per se non programmabile e, in ogni caso, non obbligatoria, e per la peculiare forma di organizzazione del loro lavoro. Il vantaggio, infatti, sarebbe, da una parte, consentire alle aziende di continuare ad utilizzare contratti di collaborazione senza il rischio di contenzioso; dallaltro, affermare il ruolo delle parti sociali, garantendo al contempo una serie di tutele economiche e normative, anche aggiuntive a quelle di legge". Inoltre, si legge ancora nel documento, "questa soluzione consentirebbe di mantenere nell'ambito dell'autonomia le prestazioni dei gig workers, garantendo loro comunque l'accesso a tutele piuttosto robuste, derivanti dal sistema pubblico previdenziale o dall'autonomia collettiva". A quest'ultima "spetterebbe il compito di disciplinare le altre eventuali forme di tutela, quali assicurazioni per i danni al mezzo e per la responsabilità civile (quando essa non sia già obbligatoria per il tipo di mezzo utilizzato), la dotazione di strumenti di protezione conformi, e un trattamento economico e normativo minimo e uniforme". Infine, "la contrattazione collettiva avrebbe dunque a disposizione schemi e tecniche per la definizione degli aspetti che attengono al salario, all'orario e alla sicurezza, riconoscendo anche le necessarie tutele e garanzie. In un ambito come quello dei lavori della gig economy, lo strumento della regolazione collettiva del lavoro autonomo, offerto dalla normativa in atto, può costituire il volano per favorire l'instaurazione di un quadro omogeneo di certezze nell'ambito del quale sviluppare l'innalzamento degli standard di protezione sociale dei lavoratori. In conclusione, il nostro ordinamento ha già gli strumenti utili a gestire il fenomeno dei gig workers. Il rischio di un intervento normativo, infatti, è un eccessivo irrigidimento a fronte di un fenomeno in continua evoluzione che sta aprendo future prospettive di sviluppo economico", conclude Rete Imprese.

 

 

 

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