Intervento di Giorgio Rapari agli Stati Generali Confcommercio "Anzitutto l'Italia"

Intervento di Giorgio Rapari agli Stati Generali Confcommercio "Anzitutto l'Italia"

Presidente di Assintel e Presidente Commissione Innovazione e Servizi di Confcommercio

DateFormat

25 ottobre 2011

“Rilanciare la crescita” è il leit motiv che il mondo imprenditoriale ripete ormai incessantemente, quasi fosse un mantra per scongiurare il ritorno di fiamma della crisi economica.

Il mio ruolo, qui, è quello di rappresentante del mondo dell’Innovazione, e come tale voglio subito citarvi un dato preliminare: per ogni euro investito in Information & Communication Technology si sviluppano 1,45 euro di PIL.

La fonte di questa equazione è l’OCSE, che ci mette di fronte ad uno specchio che riflette un’immagine preoccupante. Perché se è vero che l’ICT è il driver per lo sviluppo e la competitività, il nostro Paese sconta una posizione sistematicamente arretrata su molti versanti.

Il primo di essi è la crescita del comparto, che se in Europa sfiora il +3%, in Italia traguarda un modestissimo +2,2%.

Attenzione, però: il valore non solo non recupera il crollo vertiginoso del -7,6% dello scorso anno, punta dell’iceberg di un triennio sempre negativo, ma è frutto di un primo trimestre in cui la crisi sembrava ormai alle spalle e di una nettissima inversione di tendenza registrata in questo secondo semestre.

Come rileva l’Assintel Report, la nostra ricerca sul mercato IT appena presentata, il settore nel suo complesso sfiora i 20 miliardi di euro, telecomunicazioni escluse.

Il clima di sfiducia si è fatto sentire, soffocando la ripresa appena riavviata di molti segmenti come Banche, Industria, Commercio e Servizi, che chiuderanno l’anno in terreno solo lievemente positivo, ben al di sotto delle aspettative iniziali.

Il segnale più critico è legato ai comparti della Pubblica Amministrazione, che in questi casi dovrebbero avere un ruolo anticiclico e di stimolo al mercato. Per via dei tagli restano col segno meno la PA centrale (-2,4%), gli Enti Locali (-0,5%) e la Sanità (-2,2%), continuando il trend negativo dello scorso anno che già aveva segnato flessioni marcate fra il 4 e l’8%.

In territorio negativo sono anche le micro imprese (-2,4%), sebbene in recupero rispetto al disastroso -13,7% del 2010, e le piccole imprese (-2,8%).

Il segnale positivo arriva dalle imprese Top (+3,2%) e Medio Grandi (+6,8%), che sono anche i maggiori spender IT, coprendo ben il 61% del totale mercato.

I segnali che l’Information Technology ci aveva dipinto la scorsa primavera, infatti, ci avevano illuso che sarebbe stata solo una questione di tempo e di velocità, che l’anno si sarebbe chiuso con una consolidata ripresa, ma gli effetti depressivi delle manovre di consolidamento fiscale e il riacutizzarsi delle perturbazioni finanziarie hanno di nuovo congelato gli investimenti. Tanto che il 63% delle imprese utenti non modificherà nei prossimi 12 mesi il proprio budget in IT, e il 19% sarà addirittura costretto a diminuirlo.

Siamo di nuovo nel medesimo loop: in un’economia globalizzata nei fatti, oltre che negli slogan, i singoli Paesi sono come vagoni agganciati fra loro in un percorso a sobbalzi, la cui forza motrice è una speculazione sempre più feroce che fa oscillare pericolosamente il convoglio. E il punto d’arrivo rischia d’essere un vicolo cieco, anzi il vicolo cieco delle nostre economie avanzate: dopo esserci indebitati oltremisura sui bilanci pubblici e privati, siamo costretti alla resa dei conti con politiche di rigore e di salvataggio che frenano i già deboli segnali di ripresa.

Quello che noi sosteniamo da tempo, supportati dalle evidenze internazionali, è che il sostegno all’Innovazione è propedeutico alla competitività dei sistema delle imprese, fondamentalmente in termini di efficientamento dei processi interni, competitività e presenza sul mercato globale.

Il concetto è ancor più valido se consideriamo che siamo di fronte ormai a un vero e proprio cambio di paradigma: il nuovo paradigma si chiama Innovazione e si manifesta in quel fenomeno macroscopico che chiamiamo Global Networked Society, che ha imposto in brevissimo tempo cambiamenti radicali in tutti gli ambiti, dall’economia alla competitività, dall’informazione alla collaborazione, dal mercato ai trasporti. Tutto è avvenuto così rapidamente che ancora molti pezzi di società non si sono allineati e tuttora parlano linguaggi obsoleti.

Il primo e più pervasivo è il linguaggio del “digital divide” inteso nel suo significato più ampio, per cui l’Innovazione non è percepita come un investimento strategico per il business ancora da enormi sacche di imprenditori: quasi il 30% delle micro imprese italiane non ha nemmeno un PC, e questo significa escluderle a priori sia dai benefici economici dell’ottimizzazione dei processi, sia dall’apertura ad un mercato potenzialmente globale.

Ma quello che più inquieta è la ragione per la quale non hanno il PC: non ne vedono l’utilità. Questo 30% di imprese, che faccio notare si riferisce ad un universo che copre oltre il 95% del tessuto economico complessivo italiano, sta dichiarando al mondo, quasi orgogliosamente, un destino di declino.

Il secondo è il linguaggio della burocrazia: il nostro farraginoso sistema bizantino incide sul 4,6% del PIL, perché impatta sul tempo che le nostre imprese non possono dedicare al loro core-business.

Non solo, l’inefficienza si ripercuote all’interno della PA stessa. Per farvi un esempio, la PA locale, che è la principale interfaccia con imprese e cittadino, ha quasi 600.000 addetti, che ormai utilizzano il PC per il 69% del proprio tempo: ognuno di essi in media perde almeno 47 minuti la settimana per problemi legati all’utilizzo degli strumenti informatici, e questo si traduce in un danno di produttività di 1000 euro/anno ad addetto, oltre che in un danno all’immagine della PA stessa.

Le vie d’uscita passano per due canali, che oggi come oggi sembrano essere disgiunti.

Proprio due settimane fa, in questa stessa sala, parlavo ad una platea di cinquecento operatori della community business dell’ICT, venuti alla presentazione dei dati dell’Assintel Report. In quell’occasione ho volutamente aperto con una provocazione, che suonava così:

“Siamo alla resa dei conti rispetto ad un sistema che ormai da anni non è capace di implementare politiche che sostengano la crescita e l’Innovazione. Noi imprenditori siamo stanchi di parlare a chi non ci ascolta, la cosa migliore in questo momento è rimboccarsi le maniche e lavorare. Abbiamo le capacità necessarie per elaborare un’Agenda Digitale fatta dalle imprese per le imprese, quello che ci occorre è innovare con coraggio al nostro interno ed entrare in un’ottica di rete, di cui l’associazione può essere il catalizzatore”.

 Oggi sono qui invece a unirmi al coro della nostra Confederazione per fare un nuovo appello al Sistema politico, perché tutti noi siamo convinti che può e deve avere un ruolo di guida per il Paese.

E’ un appello che chiede a gran voce di considerare finalmente l’Innovazione come asset strategico per la nostra economia.

L’ICT non è un insieme di commodity d’oltre oceano. Non è un insieme di giocattoli avanzati, di smartphone e di tablet costruiti altrove e che attengono all’entertainment o all’infotainment. Non solo.

L’ICT è un’enorme rete di applicazioni, soluzioni e servizi che sono sviluppati da migliaia di piccole e medie imprese eccellenti italiane, che lavorano giornalmente su territori disseminati di ostacoli.

E’ parte del Made in Italy, e così come avviene nei settori tradizionali come la Moda, va supportato, incentivato, valorizzato.

Con strumenti legati alla fiscalità, ma anche con provvedimenti coraggiosi. Penso ad esempio alla recente gara per le frequenze Lte, che ha incassato ben più di quanto si aspettava, per cui potrebbe essere strategico destinare i 4 miliardi ottenuti in incentivi alla banda larga e all’Innovazione nelle imprese utenti.

L’ICT non è più una commodity ma è una vera e propria utility, perchè insieme a gas, luce, acqua, e direi anche connettività, trasporti, logistica è l’infrastruttura strategica del territorio che evolve e che si muove, e delle città che diventano smart cities. Ed è la chiave di volta trasversale per un rilancio internazionale del nostro sistema su quella dimensione che potrebbe essere la sua carta vincente: il turismo, l’accoglienza, l’enogastronomia, l’arte, la cultura.

Banner grande colonna destra interna

Aggregatore Risorse

ScriptAnalytics

Cerca