Gli industriali premono per la riapertura, i sindacati chiedono un incontro al governo

Gli industriali premono per la riapertura, i sindacati chiedono un incontro al governo

Esecutivo stretto tra il pressing degli industriali di Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto e la richiesta dei sindacati di un 'tagliando' al protocollo sulla sicurezza. Decreto liquidità pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

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9 aprile 2020

Riprendere a produrre il prima possibile, con un tabella di marcia che consenta una riapertura ordinata e in sicurezza. Arriva dagli industriali di Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto il pressing per riaprire in tempi brevi evitando il "rischio che l'Italia spegna definitivamente il motore". La richiesta di accelerare verso la fase 2 arriva mentre il governo sta lavorando al dossier in vista del nuovo decreto sulle restrizioni anti-coronavirus: provvedimento per il quale i sindacati chiedono al premier Giuseppe Conte un incontro urgente, soprattutto per fare un 'tagliando' al protocollo sulla sicurezza. Se si deve iniziare a riaprire, è il messaggio, vanno tutelati i lavoratori. Gli industriali delle quattro regioni del Nord che rappresentano il 45% del Pil italiano, rompono ogni indugio e sottoscrivono l'agenda per la riapertura e la difesa dei luoghi di lavoro. Nel documento arriva la richiesta di definire un piano di aperture programmate "mantenendo rigorose norme sanitarie e di distanziamento sociale". Anche tra gli imprenditori, infatti, le parole d'ordine sono "riapertura" e "sicurezza", perché il prolungamento del lockdown significa continuare a non produrre, perdere clienti e non fatturare con l'effetto che "molte imprese finiranno per non essere in grado di pagare gli stipendi del prossimo mese". Intanto la Ferrari, simbolo del Made in Italy, presenta il suo piano di 'fase 2', per la ripartenza post emergenza sanitaria. Il progetto prevede tre fasi tra cui l'uso di una app per tracciare i contatti. Non c'è solo la produzione a preoccupare gli imprenditori. Sul fronte della liquidità si guarda con grande interesse alle misure adottate dal governo. Il problema, però, potrebbe essere la tabella di marcia: le aziende hanno bisogno di fondi freschi subito ma, inevitabilmente, gli schemi con Sace e Fondo di garanzia per le Pmi messi in campo dall'esecutivo avranno bisogno di qualche giorno per entrare a regime. Pubblicato il testo in Gazzetta ufficiale, partirà subito la notifica a Bruxelles per ottenere il via libera, che dovrebbe arrivare in un paio di giorni al massimo. Subito dopo Pasqua, ragionevolmente, l'intera macchina sarà pronta a partire ma ci sarà poi bisogno almeno di una decina di giorni perché le banche rivedano le procedure. Abi e Sace, intanto, già si sono messe attorno al tavolo per accelerare il più possibile, mentre il Fondo centrale di garanzia è strumento già rodato che, probabilmente, potrà attivarsi più velocemente. Resta comunque il rischio che la corsa al credito delle tante imprese in carenza di liquidità crei 'strozzature' nella concessione dei prestiti: oltre ai tempi minimi indispensabili per aprire le pratiche e rispettare le norme c'è poi il nodo dei controlli su eventuali abusi. Il decreto ha allargato le maglie anche alle imprese di maggiori dimensioni. Il tema si pone specie per quella classe di imprese medie (sotto i 50 milioni) che in Italia soffrono a volte di sottocapitalizzazione e di una governance non adeguata al loro ruolo e che potrebbero, in potenza, creare perdite allo Stato per decine di milioni ciascuna. Certo i tassi di entrata in sofferenza sono più elevati per le micro e le piccole ma si tratta di entità più contenute e inoltre quest'ultime sono quelle che trovano più difficoltà a reperire finanziamenti nel canale bancario.

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