I consumi in Italia: dalla congiuntura alle tendenze di lungo termine

I consumi in Italia: dalla congiuntura alle tendenze di lungo termine

Roma, 20 marzo 2010

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22 marzo 2010

I CONSUMI IN ITALIA: DALLA CONGIUNTURA ALLE TENDENZE DI LUNGO TERMINE

 

Le statistiche più recenti di contabilità nazionale indicano nel 2009 un calo delle quantità di beni e servizi consumati dalle famiglie dell’1,8%, cioè della spesa al netto dell’inflazione, peraltro modestissima. Questo dato si somma alla flessione dello 0,8% del 2008: il biennio appena trascorso è stato dunque, assieme all’anno 1993 (-3,1% i consumi sul territorio), tra i momenti più difficili sul versante della spesa reale delle famiglie italiane.

La caduta complessiva della spesa per consumi ha avuto, naturalmente, impatti rilevanti sull’allocazione della spesa. Nel corso del 2009, per esempio, si è ridotta la spesa reale per servizi, un fatto praticamente sconosciuto negli ultimi 40 anni (non si è verificato neppure nel 1993).

 

Tab. 1 - La spesa delle famiglie ai tempi della crisi

valori concatenati, riferimento anno 2000; var. % sull'anno precedente

 

2007

2008

2009

beni

-0,1

-2,5

-3,1

beni durevoli

2,4

-7,1

-3,7

beni non durevoli

-1,2

-1,1

-1,9

beni semidurvoli

0,5

-1,4

-5,5

servizi

2,1

0,4

-0,8

Alimentari e bevande non alcoliche

-0,2

-2,8

-3,5

Bevande alcoliche e tabacchi

-1,2

-2,0

-3,0

Vestiario e calzature

0,3

-1,0

-3,8

Abitazione

-0,1

1,4

1,5

Mobili, elettrodomestici, manut. casa

-0,2

-1,6

-7,9

Sanità

2,5

3,2

1,6

Trasporti

1,0

-5,9

1,1

Comunicazioni

10,0

3,8

-4,7

Ricreazione e cultura

3,0

-0,2

-2,9

Istruzione

2,0

-0,8

1,4

Alberghi e ristoranti

2,2

-0,5

-2,7

Beni e servizi vari

1,2

0,5

-3,9

totale sul territorio economico

1,0

-1,0

-1,9

consumi all'estero dei residenti

7,3

5,9

-4,0

consumi non residenti

0,8

-3,4

-7,4

Spesa delle famiglie residenti

1,1

-0,8

-1,8

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat

 

Un altro elemento di novità nei comportamenti di spesa delle famiglie italiane nel 2009 è stato rappresentato dal deciso calo registrato dalla voce relativa alle comunicazioni - sia hardware sia servizi - che dal 1993 ha vissuto ininterrottamente un periodo di forte crescita (poco meno del 300% in termini di volume, cioè in termini di spesa al netto della variazione dei prezzi, peraltro costantemente negativa in questo comparto per tutti gli ultimi 10 anni). La diminuzione registrata dalla voce comunicazioni è la rappresentazione più chiara di un fenomeno di criticità cui nessuna voce di spesa, tra quelle sotto il reale controllo del consumatore, può sottrarsi. Le voci in crescita quali l’abitazione e la sanità sono in larga parte obbligate - cioè incomprimibili - e in qualche misura trainate da profondi mutamenti demografici. Per l’area della sanità vale l’invecchiamento della popolazione mentre per l’abitazione vale la riduzione del numero medio di componenti famigliari che implica un consumo pro capite maggiore a causa delle minori economie di scala nel consumo domestico di elettricità, acqua, combustibili e spese per affitto: la frazione di famiglie con cinque o più componenti passa, in soli dieci, dal 1997 al 2007, dal 7,3% del totale al 5,6%.

La flessione registrata nell’ultimo biennio dall’alimentare e dalla spesa presso alberghi, bar e ristoranti è in larga misura determinata dalla riduzione del contributo dei turisti stranieri alla domanda, come si vede dall’evidenza riportata in tab. 1 che dice che la spesa degli italiani all’estero, al netto dell’inflazione, è moderatamente cresciuta nell’ultimo biennio (+5,9% nel 2008 e -4,0% nel 2009) mentre si è fortemente ridotta quella dei non residenti in Italia (oltre il 10% cumulato nello scorso biennio). Per l’alimentazione domestica, la riduzione è stata in parte determinata anche dalla tendenza delle famiglie a limitare gli sprechi, unica vera evidenza a supporto della retorica della sobrietà. Alla riduzione degli sprechi, a parità di consumo, si è associata una probabile riduzione della qualità dei beni acquistati.

In generale, le normali dinamiche dei consumi di beni durevoli e semidurevoli nel corso del 2009 sono state largamente oscurate dall’effetto incentivi, che ha spostato cospicue risorse da alcuni settori di spesa al mercato dell’auto. La riduzione degli acquisti di mobili ed elettrodomestici in volume appare più profonda di quanto sarebbe stata in un contesto di politica degli incentivi di tipo neutrale (esempio, attraverso una detassazione, anche modesta, dei redditi da lavoro). La crescita delle immatricolazioni di auto nuove a privati ha determinato il segno positivo della voce “trasporti”.

Queste dinamiche di breve-medio termine proseguono o interrompono, momentaneamente, dinamiche di lungo termine, consolidate nel corso degli ultimi quarant’anni (tab. 2). Nel passato dei consumi si possono identificare almeno due grandi fasi evolutive. La prima va dal boom economico alla fine degli anni ’90. E’ caratterizzata dalla crescita dei consumi di vestiario e calzature in termini assoluti e in quota a prezzi costanti, come accadeva anche per l’area degli acquisti di mezzi di trasporto. Fino al 1990 - anni di crescita dei consumi, seppure viziata dalla modalità di finanziamento attraverso sviluppo di debito pubblico - le mode procedevano per onde corte e frequenti che richiedevano un notevole dispendio di risorse per il ricambio del guardaroba. Si acquistavano molti capi classici di elevato importo unitario. Su un altro versante, si portava a compimento la motorizzazione di massa a ritmi accelerati. La disponibilità di risorse permetteva l’acquisizione diffusa di elettrodomestici ed elettronica di consumo.

L’inizio degli anni novanta interrompe queste dinamiche. La sistemazione, rilevante a anche se parziale, dei conti pubblici e dei conti con l’estero implica un aggiustamento al rialzo delle aliquote legali. Il reddito disponibile si contrae ed appare evidente che certe spese, sia pubbliche sia private, non sono più sostenibili. I riflessi sui consumi sono quasi immediati. Quelle quote di spesa in termini reali che avevano mostrato un trend crescente dall’inizio degli anni novanta cominciano a flettere o smettono di crescere. L’abbigliamento perde quota con acquisti mediamente caratterizzati da importi unitari sensibilmente inferiori rispetto al passato. Le mode si mescolano: lo stile classico si destruttura. Emergono nuove opportunità di vestire con una spesa minore. L’effetto di sostituzione (di vecchi oppure obsoleti beni durevoli con nuovi prodotti) comincia a prevalere, per la maggior parte dei settori dei beni durevoli, sulla dinamica del nuovo equipaggiamento, soprattutto per le auto e i mobili.

 

Tab. 2 - Spesa delle famiglie: dinamiche di lungo termine

composizione % al netto dei fitti imputati su valori concatenati (spesa reale)

 

1970

1990

2000

2008

Alimentari e bevande non alcoliche

26,8

18,8

16,8

16,3

Bevande alcoliche e tabacchi

5,3

3,5

2,8

2,5

Vestiario e calzature

8,7

10,5

9,9

8,9

Abitazione

12,6

12,8

11,7

11,5

Mobili, elettrodomestici, manut. casa

3,4

5,6

5,0

4,6

Sanità

1,2

2,6

3,7

4,2

Acquisto di mezzi di trasporto

3,4

5,0

4,7

4,1

Beni e serv. tlc e home office

0,8

2,0

4,0

7,0

Consumer electronics e spettacoli

3,6

4,3

4,8

4,9

Istruzione, libri e giornali

3,4

3,4

3,0

2,7

Vacanze, bar e ristoranti

10,1

10,0

10,8

11,1

Servizi finanziari e assicurativi

3,3

5,0

4,4

5,1

Altro (netto fitti imputati)

17,5

16,6

18,4

17,0

Totale (netto fitti imputati)

100,0

100,0

100,0

100,0

Nota: la classificazione è differente da quella di tab. 1 perché i dati fino all’anno 2008 sono più dettagliati

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat

 

Nuove aree di spesa entrano in campo in modo prepotente.

Gli anni novanta e i duemila si possono definire quelli delle telecomunicazioni e dell’informatica di massa. La quota di spesa reale per servizi di comunicazioni, hardware e personal computer cresce di 3,5 volte, dal 2% al 7%. C’è un effetto di prezzo relativo sottostante che non va trascurato. Prezzi progressivamente decrescenti e tecnologia realmente fruibile per una platea sempre più ampia decretano il successo di questo comparto di spesa. Ciò che è accaduto nel 2009 dovrebbe essere quindi un episodio, un inciampo. Ma anche per l’area delle comunicazioni sarà difficile ritornare ai tassi di sviluppo del passato.

  La forte crescita della domanda di questi beni e servizi ha influito, in senso negativo, sulla spesa relativa all’istruzioni libri e giornali che hanno trovato una forte concorrenza, soprattutto sul versante dei costi e della fruibilità, nei contenuti educational e di entertainment offerti dalle nuove tecnologie. La spesa reale per istruzione, libri e giornali occupa una frazione progressivamente inferiore nel bilancio di spesa dei consumatori italiani, a partire proprio dalla prima parte degli anni novanta.

L’altro grande driver di modificazione della spesa riguarda l’area della sanità. Tra il 1971 ed il 2008 la quota di popolazione con più di 65 anni è sostanzialmente raddoppiata passando dall’11,3% del totale al 20%: la crescita dell’età media della popolazione - causata anche l’insufficiente natalità – implica una maggiore richiesta di servizi sanitari e cure mediche. Tuttavia, questo è solo un pezzo della storia, forse neppure il più importante. L’area della sanità acquista peso nel bilancio della spesa degli italiani - e anche dei cittadini europei - per un mutato approccio culturale alla cura del sé: il ben-essere di base, lo stare bene, è diventato una priorità e non si rinuncia a nulla per perseguire questo obiettivo. Una declinazione pratica di questo spirito è l’attenzione alla prevenzione e l’acquisizione diffusa di strumenti e tecniche di controllo della propria salute.

Negli ultimi 40 anni si è assistito ad una progressiva e lenta crescita della quota di consumi destinata ad alberghi e ristoranti, soprattutto nell’area dei consumi fuori casa legata alla riduzione del tempo da dedicare ai pasti nell’accezione e nella struttura tradizionale. Il tempo del pasto all’interno del tempo esteso del lavoro implica una sottrazione di risorse all’area dell’alimentazione domestica e uno sviluppo di quelle dedicate al pasto negli esercizi pubblici. La crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro e i problemi di mobilità nelle aree urbane, che limitano gli spostamenti tra la casa e il luogo di lavoro, implicano che quest’area di spesa continuerà a svilupparsi, seppure lentamente, anche nel futuro prossimo e anche nel contesto di una ripresa lenta e fragile.

 

Tab. 3 - Spesa delle famiglie: i consumi obbligati

composizione % a prezzi correnti

 

1970

1990

2000

2008

Obbligati

18,9

24,9

27,7

30,1

Commercializzabili

81,1

75,1

72,3

69,9

  beni

66,2

57,9

52,0

48,3

  di cui alimentari

34,8

20,4

16,8

16,7

  servizi

14,9

17,3

20,3

21,6

Spesa al netto dei fitti imputati

100,0

100,0

100,0

100,0

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat

 

In generale, un fattore di limitazione delle scelte di spesa dei cittadini italiani è costituito dalla continua crescita delle cosiddette spese obbligate, prevalentemente legate alla gestione dell’abitazione (affitti effettivi, manutenzione dell’abitazione, acqua e smaltimento rifiuti, energia elettrica, gas e combustibili per la casa, sanità, spese di esercizio mezzi di trasporto, protezione sociale, assicurazioni obbligatorie e i servizi finanziari). Questa tendenza (tab. 3) è divenuta particolarmente evidente dall’inizio degli anni ’80 ed è stata influenzata in misura di un certo rilievo dalle dinamiche dei prezzi. Gli andamenti dell’ultimo anno, seppure i dati non permettono ancora una analisi dettagliata, sembrano indicare un ulteriore ampliamento dell’area destinata all’acquisto di beni e servizi obbligati, i quali essendo offerti spesso in mercati scarsamente concorrenziali vengono proposti a prezzi crescenti, sottraendo risorse per i consumi realmente oggetto di scelta da parte delle famiglie. I dati della tab. 3 sono rapportati al totale dei consumi sul territorio al netto degli affitti imputati, cioè della quota di consumo virtuale legato alle spese per gli affitti che i proprietari di case spenderebbero se affittassero a sé stessi l’appartamento. Naturalmente, l’inclusione degli affitti imputati sia nel totale spesa sia nei consumi obbligati farebbe ulteriormente crescere la proporzione di spese non libere nel già vincolato bilancio dei cittadini italiani.

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