La Bilateralità nel Terziario: un modello di responsabilità condivise per una nuova stagione di crescita del Paese

La Bilateralità nel Terziario: un modello di responsabilità condivise per una nuova stagione di crescita del Paese

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20 ottobre 2011

Programma

  • Francesco Rivolta, Direttore Generale Confcommercio-Imprese per l’Italia
  • Mario Sassi, Direttore Centrale Lavoro e Welfare Confcommercio-Imprese per l’Italia
  • Tavola Rotonda:
    • Franco Martini, Segretario Generale Filcams-Cgil
    • Rosetta Raso, Segretario nazionale Fisascat-Cisl
    • Brunetto Boco, Segretario Generale Uiltucs-Uil
    • Guido Carella, Presidente Manageritalia
    • Modera i lavori: Gennaro Sangiuliano, Vice Direttore Tg1
  • Intervento di Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio-Imprese per l’Italia
  • Conclusioni (mattina) di Maurizio Sacconi, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
  • Roberta Caragnano, Ricercatrice Adapt e Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
  • interventi di:
    • Tiziano Treu, Vicepresidente Commissione Lavoro Senato
    • Maurizio Castro, Commissione Lavoro del Senato
  • Francesco Rivolta, Direttore Generale Confcommercio-Imprese per l’Italia
  • Tavola rotonda
    • Susanna Camusso, Segretario Cgil
    • Annamaria Furlan, Segretario Cisl
    • Luigi Angeletti, Segretario Uil
    • Modera i lavori: Alberto Orioli, Vice Direttore Il Sole 24 Ore

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I contratti firmati da Confcommercio

Totale contratti nazionali stipulati: 21, per oltre 3 milioni di dipendenti (ISTAT settori del commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni).

  1. CCNL per i dipendenti da Aziende del Terziario, della distribuzione e dei servizi del 26/02/2011 (rinnovo normativo ed economico)
  2. CCNL per i Dirigenti di Aziende del Terziario, distribuzione e servizi del 23/01/2008 (rinnovo normativo ed economico)
  3. Accordo economico collettivo per la disciplina del rapporto di Agenzia e Rappresentanza Commerciale Settore Commercio del 16/02/2009
  4. CCNL per i Dipendenti da Aziende del settore Turismo ( pubblici esercizi, agenzie di viaggio e turismo, complessi turistico-ricettivi all'aria aperta, autogrill, ecc.) del 20/02/2010.
  5. CCNL per i Dirigenti del settore alberghiero del 30/11/07 (parte normativa e parte economica).
  6. CCNL di rinnovo del CCNL per i Dipendenti da Aziende Ortofrutticole e Agrumarie (ANEIOA) del 9/08/2007.
  7. CCNL per i dipendenti da aziende di panificazione (ASSIPAN-CONFCOMMERCIO) del 10.11.2010
  8. CCNL per i Dipendenti da Istituti di Vigilanza Privata (ASSVIGILANZA) del 2/05/2006.
  9. CCNL per i Dipendenti degli impianti sportivi (FIIS) del 24/03/2009; rinnovo economico e normativo
  10. CCNL per i Dipendenti delle Agenzie di Assicurazione in gestione libera del 12/12/2001 parte economica 11/04/2003 (SNA).
  11. Accordo Nazionale Imprese – Agenti di Assicurazione 23/12/2003 (SNA – UNAPASS).
  12. CCNL per i Dipendenti da Agenzie Marittime Raccomandatarie, Agenzie Aeree e pubblici Mediatori Marittimi del 12/02/2009.
  13. CCNL per i Dirigenti di Agenzie Marittime ed Aeree del 11/12/07.
  14. CCNL per il personale dipendente dalle realtà del settore socio assistenziale educativo (ANASTE) 10/03/2009.
  15. CCNL per il personale dipendente da Imprese esercenti Attività di Pompe e Trasporti Funebri del 2/03/2010 (FENIOF)
  16. Protocollo aggiuntivo al CCNL Terziario per gli operatori di vendita 2/07/2004
  17. Protocollo aggiuntivo al CCNL Terziario per la disciplina dei lavoratori dipendenti da agenzie di scommesse (SNAI) del 18/10/2005 (confluita nel Contratto del Terziario a decorrere dal 1/01/2000).
  18. Accordo nazionale per la disciplina dei lavoratori dipendenti da aziende che svolgono attività di gestori e/o concessionarie di impianti destinati al parcheggio e/o alla sosta (AIPARK) del 15.01.2001 (confluita nel Contratto del Terziario a decorrere dal 1/01/2001).
  19. Ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi FNIP del 21 luglio 2011
  20. Accordo Nazionale aggiuntivo al CCNL Terziario per i dipendenti dagli agenti Immobiliari aderenti alla FIMAA – 2/11/2005
  21. Rinnovo economico del II biennio economico (2002-3) del CCNL Trasporti Merci Spedizionieri e Logistica del 10.12.2002; rinnovo normativo 29.01.2005

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La contrattazione collettiva nel settore del terziario

L’ultimo rinnovo contrattuale è stato chiuso con la firma del 26 febbraio scorso.

La FILCAMS – CGIL non l’ha sottoscritto, quindi ad oggi siamo in presenza di un accordo separato.

Le materie principalmente toccate dal rinnovo sono:

  1. aumenti retributivi definiti in base all’indice IPCA, così come previsto dall’Accordo interconfederale di riforma degli assetti contrattuali del gennaio 2010. Da sottolineare che l’ Accordo fa seguito alla condivisione della CONFCOMMERCIO con Cisl e Uil, Fisascat e Uiltucs di linee guida propedeutiche alla sottoscrizione di un documento interconfederale sulla riforma del modello contrattuale, avvenuta a dicembre 2009.
  2. In ottemperanza a quanto previsto dallo stesso accordo interconfederale, è stata stabilita una durata triennale del contratto nazionale;
  3. anche la disciplina in materia di secondo livello di contrattazione è stata modificata: è scomparsa la suddivisione in due distinti titoli “contrattazione territoriale” e “contrattazione aziendale”, nonché l’attribuzione di specifiche materie a ciascuna di essa, sono stati individuati i criteri guida che dovranno ispirare l’attività delle parti, prevedendo al contempo possibilità di realizzare anche intese derogatorie o sospensive in talune specifiche fattispecie.
  4. Malattia. L’ipotesi di accordo ha introdotto un intervento, unico tra tutti i contratti collettivi nazionali, che prevede la lotta agli abusi legati all’assenteismo per malattia potenziando tra l’altro le tutele a favore dei lavoratori colpiti da gravi patologie.

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  Intervento del Direttore Generale, Francesco Rivolta

“Condividere per crescere.”

In questo slogan sta l’essenza del nostro pensiero e l’obiettivo di questa giornata di lavori.

Questa mattina all’apertura dei lavori ho voluto sottolineare la necessità di riacquistare ed accrescere la fiducia dei cittadini, indispensabile per la ripresa del Paese.

Il nostro Presidente ci ha indicato la direzione: crescita, lungimiranza visione del futuro.

Il Ministro del Lavoro ci ha portato alcune suggestioni che hanno caratterizzato il senso del suo pensiero con il quale più volte ci siamo confrontati, condividendone l’impostazione di fondo.

È su questi punti che vorrei partire per contribuire a delineare una “ Proposta per il Paese”.

Gli interventi che mi hanno preceduto ci hanno fornito un quadro chiaro del punto di partenza:

  1. la contrattazione, il welfare contrattuale e la bilateralità nel terziario di mercato che, come emerso nei lavori della mattina, si sono sempre distinti dalle realtà degli altri settori per la “ concretezza” che li ha accompagnati;
  2. le esperienze europee in materia di coinvolgimento e partecipazione dei lavoratori ci forniscono alcuni interessanti spunti di riflessione;
  3. e gli interventi dei senatori Treu e Castro che hanno individuato i ritardi, i vincoli del nostro Paese, ma anche alcuni possibili spazi di intervento.

La crisi ha tolto molto ed ha messo in difficoltà tutti quanti. I nostri imprenditori che con fatica stanno facendo fronte a quanto accaduto, i loro collaboratori che di riflesso vedono ridotto il loro potere di acquisto.

Il primo rischio che non dobbiamo correre è di pensare di sostituirci alla politica nell’individuare soluzioni che devono trovare sintesi tra i diversi interessi in campo.

Siamo sindacati e rappresentiamo interessi precisi. Il nostro compito è fare proposte.

La sintesi spetta alla politica.

Ovviamente ciascuno di noi deve avere sempre in testa gli interessi generali del Paese.

Ma ciascuno di noi rappresenta i propri associati, le loro esigenze, le loro aspettative.

Noi rappresentiamo le aspettative di circa 2.500.000 di aziende che impiegano circa 8.000.000 di persone.

Abbiamo i titoli, forse maggiori di altri, a rappresentare questa importante parte del Paese e di contribuire alla discussione in atto su come affrontare la crisi e sul futuro degli strumenti e delle risorse che potrebbero contribuire a consolidare la convivenza civile, i sistemi di protezione sociale, ma anche la cultura che deve supportare i pilastri fondamentali su cui si fonda la nostra comunità nazionale.

D’altronde è ciò che abbiamo sempre fatto e che continueremo a fare. Ma dobbiamo continuare a farlo con un’ottica più ampia, ancora più lungimirante e tesa al mantenimento della coesione sociale.

Quali condizioni sono necessarie affinchè il nostro sistema possa costruire un contributo e individuare una proposta per il Paese?

È necessario o no riflettere sull’importanza di un Welfare contrattuale che accompagni il Welfare pubblico?

È necessario o no trovare equilibri tra ruoli e livelli della contrattazione?

È necessario o no modernizzare il sistema delle relazioni sindacali del nostro Paese scegliendo modelli praticabili che tengano conto del contesto economico e della sua variabilità?

Noi crediamo che sia arrivato il momento di affrontare in modo organico questi argomenti, prima che sia troppo tardi.

E con questo intendo prima che la situazione economica ci costringa ad importare modelli che rischiano di marginalizzare le nostre peculiarità e lacerino inevitabilmente il tessuto sociale.

Non abbiamo molto tempo a disposizione e non possiamo inventare soluzioni che non tengano conto dei soggetti in campo, delle loro visioni e degli interessi che rappresentano.

L’attuale assetto economico, il tessuto produttivo che regna in questa epoca è caratterizzato da due elementi che spesso non sono presi in debita considerazione.

  1. La varietà. Intesa sia come differenziazione, cioè come incremento della complessità del sistema-società, sia come diversificazione con la quale si intende individuare una crescita basata su nuovi mercati e nuovi prodotti;
  2. La variabilità, intesa come tendenza di cambiamento nel tempo.

Un cambiamento che diventa sempre più veloce e che determina l’indeterminazione, ossia l’incertezza.

In fondo perché è fallito il tentativo in agosto di presentarci al confronto con il Governo con una proposta complessiva e dettagliata di tutte le parti sociali?

Io credo sia proprio per questo. In un Paese democratico alle Parti Sociali spetta la tutela dei propri interessi e la capacità di individuare proposte.

È la politica che deve operare sintesi.

Se questo viene meno il cortocircuito è garantito!!

Noi viviamo una situazione assolutamente straordinaria dove ai problemi della crisi globale, che condividiamo con il resto del mondo occidentale, si sommano i nostri ritardi e le nostre specificità.

Affrontarle non sarà semplice perché dietro ad esse si sono consolidate rendite di posizione, privilegi ma anche un’economia di sussistenza che si è allargata in modo esponenziale.

Rimettere al centro il Paese ed il suo futuro significa procedere con gradualità e consapevolezza perché altrimenti il rischio di trovarsi in una situazione peggiore di quella che si vorrebbe risolvere, è molto forte.

Per questo noi dobbiamo partire dai nostri punti di forza: la famiglia, la comunità, la nostra capacità di fare impresa, riaffermando il ruolo che le grandi organizzazioni di mediazione sociali possono avere nella tenuta della coesione nazionale.

Se non partiamo da quelli che sono i nostri punti di forza il rischio che ciascuno ripieghi nella difesa dei propri interessi o delle proprie prerogative è molto forte.

In questo caso però non vincerebbe nessuno!

Lo sforzo che siamo tutti chiamati a compiere è quello di decidere se vogliamo costruire una società affidata ai rapporti di forza e trasformata in una giungla dove vince chi trova gli espedienti e le modalità di galleggiamento, oppure, al contrario, se vogliamo contribuire a creare una situazione, dove è possibile trovare l’equilibrio necessario per riformare il Paese, uscire da questa situazione e continuare a restare a testa alta in Europa.

Per questo noi dovremmo continuare sulla via già percorsa, quella della fiducia reciproca, della lungimiranza che ci caratterizza da sempre. Ma perché la bilateralità si possa sviluppare in un’ottica di cooperazione e, perché no, di corresponsabilizzazione, è necessario un cambiamento culturale affinché si possa scrivere una pagina nuova del capitolo del welfare che ha una storia consolidata di buone pratiche, di istituzioni e attori sociali.

Le istituzioni locali bilaterali potrebbero, con risorse pubbliche e collettive, assumersi il compito di gestire l'asimmetria sul mercato raccogliendo la sfida della flessibilità.

I compiti ulteriori – rispetto a quelli già assunti in termini più specifici di welfare contrattuale (previdenza, sanità, formazione) – di queste istituzioni bilaterali potrebbero riguardare:

  • gestione dei servizi di informazione, orientamento, consulenza e assistenza alla mobilità in ingresso e in uscita;
  • incontro tra domanda e offerta di lavoro;
  • formazione professionale iniziale e continua con gestione sia dei fondi per la formazione dei lavoratori dipendenti e di quelli atipici, sia dell'accesso ai fondi pubblici e comunitari;
  • interazione tra sistema produttivo e sistema educativo e formativo (fabbisogni, concertazione dei curricula, certificazione e crediti, ecc.);
  • sostegno all'integrazione degli extracomunitari (incentivi alla mobilità interregionale, accesso ai servizi sociali per le famiglie, interventi per la casa, ecc.);
  • strumenti assicurativi individuali e collettivi per tutelare i lavoratori atipici sul piano professionale, previdenziale e sanitario;
  • gestione degli ammortizzatori sociali (Cassa integrazione, indennità di mobilità, interventi ad personam, procedure di outplacement, ecc.);
  • gestione delle politiche e delle risorse per l'emersione delle imprese e per la regolarizzazione del lavoro nero.

Infine, gli Enti bilaterali potrebbero affrontare, nella loro funzione di intermediari di informazioni strategiche, due esigenze: riqualificazione continua del lavoro e misure di sostegno all'aggiustamento competitivo e alla mobilità del lavoro, in funzione di una più forte riqualificazione continua dei lavoratori e degli stessi imprenditori.

Ma per raggiungere questi obiettivi, sarà necessario che anche il legislatore si impegni a colmare lacune ormai non più giustificabili in termini di chiarezza interpretativa rispetto a ruoli e funzioni assegnati alla bilateralità, ad esempio rendendo coerente con le agevolazioni concesse alle associazioni sindacali il trattamento fiscale degli enti bilaterali al fine di sostenere l’effettivo e duraturo decollo degli Enti.

Infatti, l'assimilazione, sotto il profilo fiscale di tali Enti con gli organismi sindacali appare evidente considerando le loro finalità istituzionali che non presentano alcun profilo di commercialità.

Sarebbe poi auspicabile che il ripensamento del sistema complessivo fosse anche accompagnato da un ridisegno del sistema fiscale, perché le Istituzioni non possono ignorare questo impegno di cui le parti sociali si potrebbero fare carico.

Infine per concludere, stante il legame diretto tra bilateralità e contrattazione, il processo riformatore potrà trovare la sua coerenza in quanto inserito nell’impianto di riforma degli Assetti Contrattuali del Gennaio 2009 che riteniamo tuttora valido, benché non sottoscritto da tutti gli attori sociali, ma che contiene i presupposti dell’avvicinamento che ha portato all’accordo del 28 giugno e che può trovare un ulteriore sviluppo nel comparto che rappresentiamo.

Dobbiamo continuare su questa strada. Ma possiamo anche individuarne di ulteriori.

Come ad esempio il coinvolgimento dei dipendenti sull’andamento economico, lo sviluppo della produttività e competitività aziendale.

Ciò potrebbe avvenire, attraverso la definizione di un sistema simile a quello degli ESOP oppure ricorrendo al concetto di Coinvolgimento dei dipendenti che ci può consentire di trovare un anello di congiunzione tra la dimensione economica e quella sociale dell’impresa proiettata a preservare scelte come quella dello sviluppo sostenibile.

La nostra è una realtà fortemente eterogenea e di conseguenza non è facile individuare un modello unitario - di qualsiasi tipologia sia - di coinvolgimento. Ecco perché il pensiero va al filone della Responsabilità sociale.

In questo modo possiamo cominciare a delineare il Paese che vorremmo. Un Paese normale dove i valori come il merito, la libertà di impresa e l’integrazione, non significano individualismo e creazione di una società darwiniana dove il più forte sopravvive a spese del più debole.

Ma un Paese dove il rispetto dell’altro, il superamento della cultura antagonista e l’accettazione dell’impresa quale luogo dove le parti sono impegnate a creare una ricchezza utile anche alla crescita del Paese, diventano gli elementi caratterizzanti.

Questo è possibile sole se condivideremo alcune scelte di fondo, improntando la nostra azione alla condivisione di responsabilità soprattutto in questo momento di grande difficoltà del nostro Paese.

Noi ci sentiamo di scommettere su questa ipotesi sia perché veniamo da un lungo cammino, iniziato nel 1946 e via via consolidatosi nel tempo, sia perché la riteniamo una strada senza alternative.

Speriamo che questa convinzione non sia soltanto nostra.

Per questo noi reagiamo proponendo, rifiutando sia lo scarica barile sia il giocare in difesa.

Per questo noi pensiamo che solo facendo, ognuno di noi la propria parte riusciremo a dare un contributo al futuro di questo Paese.

Grazie.

* * *

Intervento del Direttore Centrale Lavoro e Welfare, Mario Sassi

Quando abbiamo deciso di proporre questa iniziativa ci siamo domandati se avesse avuto senso rimettere al centro della nostra riflessione la bilateralità e, di fatto, il rilancio del sistema delle relazioni sindacali nel nostro settore immediatamente dopo aver superato una difficile fase di rinnovo contrattuale nel quale la Filcams CGIL non aveva firmato il contratto stesso.

Così come la presa d’atto che il nostro sistema bilaterale, oltre all'importante evoluzione sul terreno del welfare contrattuale continuava e continua a registrare limiti che rendono necessaria una sua profonda manutenzione e rivisitazione.

Infine la constatazione che il sistema delle relazioni sindacali del Terziario non riesce a conquistare quella dimensione che dovrebbe avere in considerazione del suo peso, delle aziende e dei lavoratori coinvolti e delle potenzialità evolutive che, a differenza di altri comparti, presenta ancora.

Una constatazione, questa, che parte dalla consapevolezza che il dibattito classico ha sempre assegnato all'industria e alla sua cultura delle relazioni sindacali che ha espresso nel secolo scorso il diritto a definire ruoli, contenuti e funzioni della contrattazione stessa.

Cultura che ha dato molto alla costruzione del sistema contrattuale italiano ma che, la globalizzazione dei mercati, la crisi del fordismo, e più in generale con i modelli che è costretta a riproporre, rischia di aver esaurito definitivamente la sua capacità innovatrice.

E questo non solo sul versante delle Organizzazioni Sindacali.

La fine annunciata di un’epoca, quella fordista, costringe inevitabilmente a ripensare i modelli manageriali, di business, di centralità di quanto viene prodotto all’interno dell’impresa manifatturiera perché ciò non è più sufficiente per garantire alle aziende competitività e sostenibilità nel tempo.

E, in questo contesto, i servizi (cioè tutto ciò che non è manifattura) perdono il loro carattere accessorio diventando prevalenti.

Questo costringe tutti i soggetti che interagiscono ad assumere una logica di reciproca responsabilità nella filiera dai fornitori ai consumatori ma ciò coinvolge, inevitabilmente, anche tutti gli altri interlocutori con cui il rapporto si costruisce e si consolida come i manager, i lavoratori, i centri di ricerca e le Istituzioni.

La crescita continua della variabilità dei mercati e dell’indeterminazione da fronteggiare hanno fatto perdere alle aziende e alla politica economica il controllo delle variabili ambientali e quindi il tentativo delle imprese manifatturiere di continuare a lavorare esclusivamente sull’innovazione di processo e di prodotto e sui costi determina un circolo vizioso infinito.

E questo succede anche nel Terziario che ha importato quel modello.

Penso, ad esempio, agli Ipermercati, alle ferrovie, alle banche.

Innovare non significa non lavorare in quella direzione ma occorre indirizzare le nostre priorità e la nostra attenzione anche al ripensamento dei sistemi di relazione, alla loro possibile evoluzione, al loro contributo alla crescita del Paese perché nel Terziario di mercato le parti interagiscono e condividono il senso del loro operare insieme.

Noi oggi ci occupiamo di un aspetto quello legato alle relazioni sindacali e alla loro necessaria evoluzione cioè alla possibilità o meno di indirizzare le nostre energie nella costruzione di un modello ch, fortunatamente, non nasce oggi ma che trae le sue origini dalle intuizioni di chi ci ha preceduto.

Un modello particolare, specifico, diverso da altri che si sono sviluppati nel resto d’Europa ma altrettanto interessante perché trae origine dal nostro sistema contrattuale con il quale è perfettamente compatibile e attraverso il quale può evolvere ulteriormente.

Non a caso nel panel dei relatori, oltre alla FILCAMS CGIL, FISASCAT CISL e UILTUCS UIL c’è, per la prima volta, anche Manageritalia. L’organizzazione sindacale che rappresenta i dirigenti del Terziario.

La presenza di Manageritalia sta a significare, da un lato, che riconosciamo da dove siamo partiti insieme nell’immaginare un modello e, dall’altro, che sulle tematiche della bilateralità, dobbiamo avere la capacità di allargare i soggetti ai quali ci rivolgiamo e dialoghiamo in un’ottica di filiera.

Il nostro naturale ottimismo ci fa sperare che in un futuro prossimo si possano aprire nuove opportunità di collaborazione e di rappresentanza per aziende, settori o confederazioni che insieme a noi operano nel commercio e nel terziario sia sul versante datoriale ma anche sul versante della rappresentanza dei lavoratori dipendenti e di quelli autonomi.

Infatti, a differenza di altri settori, in quello del Terziario della distribuzione e dei servizi la capacità delle Parti sociali di individuare soluzioni concrete ha sempre prevalso sulle posizioni ideologiche e sui meri interessi di parte.

Questo ha creato la possibilità di assegnare alla contrattazione collettiva nazionale, a quella territoriale ed a quella aziendale la capacità di individuare soluzioni adatte ad un sistema orientato al cliente, al servizio e non esclusivamente al prodotto.

È pur vero che, purtroppo, l’influenza dei modelli contrattuali mutuati dall’industria ha rallentato questa concretezza.

Concretezza che, però, alla fine si è sempre e comunque affermata.

Posso annoverare diversi esempi che provano questa caratteristica del nostro settore.

Penso alla disciplina del part-time e della flessibilità dell’orario di lavoro introdotte nel settore del terziario, rispettivamente, con il contratto nazionale del 1983 e del 1987, e nel 2003 la flessibilità.

Per non parlare dei più recenti interventi tesi a regolare il lavoro domenicale o a limitare un certo tipo di assenteismo.

Lo stesso vale per la lungimiranza che ha accompagnato la costruzione del nostro Welfare Contrattuale che ha saputo cogliere esigenze concrete e anticipato risposte che nei prossimi anni diventeranno fondamentali nella ridefinizione di ciò che dovrà rimanere pubblico e ciò che, inevitabilmente, dovrà essere gestito con il concorso dei cittadini o affidato alle Parti Sociali.

Come non considerare la lungimiranza che nel 1946 ha guidato l’allora FENDAC e la CONFCOMMERCIO nell’aprire la strada che poi sarebbe stata percorsa anche con altri?

Così come il Fondo EST, costituito con la FILCAMS CGIL, FISASCAT CISL e UILTUCS UIL con il Contratto Collettivo del 2004, attivato con il Contratto del 2006 e che ad oggi risulta essere il Fondo più importante del Paese per quanto riguarda l’assistenza sanitaria.

Tutto questo si potrebbe semplicisticamente liquidare come la naturale conseguenza di una corretta impostazione e applicazione del CCNL.

L’iscrizione ad EST è prevista dal CCNL del Terziario che essendo il più grande contratto collettivo di questo Paese potrebbe sembrare ovvio che determini grandi numeri e prestazioni proporzionali ad essi.

Invece, il successo dello strumento dovrebbe far ragionare su quale sia stata la molla che ha portato a più di 1.400.000 dipendenti iscritti, per circa 150.000 aziende.

E la risposta sta nella concretezza con cui le parti sociali nel 2004 hanno percepito, intuito, un’esigenza fondamentale e l’hanno portata avanti con convinzione.

È questa capacità di guardare lontano e di capire oggi che quello che decidiamo o non decidiamo avrà effetto sulla qualità del nostro futuro.

Costruire avendo sempre in mente non solo i legittimi interessi di parte ma anche la qualità del Paese che con i nostri atti contribuiamo a determinare.

Ma la cultura del bilateralismo o della corresponsabilizzazione trova e dovrà sempre più trovare nel territorio le risposte ai problemi concreti.

Da qui l’esigenza di trovare l’equilibrio tra contrattazione nazionale e territoriale ma anche l’importanza della bilateralità decentrata.

Agli enti bilaterali è affidata una vera e propria occasione di sviluppo di un sistema basato sul pragmatismo, sulla concretezza e sulla capacità di rispondere alle esigenze di imprese e lavoratori.

Abbiamo fatto molto, però non possiamo dirci soddisfatti, sia perché il sistema che abbiamo creato può e deve essere migliorato, superando inefficienze, prese di posizione e modeste convenienze di organizzazione, sia perché riproduce un’Italia a macchia di leopardo riguardo alle attività sviluppate.

L’accordo sulla Governance del 10 dicembre 2009 è stato il primo passo.

Adesso deve seguire, non solo la volontà di realizzare quanto abbiamo concordato, ma anche la capacità di modellare l’intero sistema in un contesto profondamente diverso dagli anni che lo hanno visto nascere.

Imprese e lavoratori devono “ sentire” questo sistema come utile, importante e in grado di sviluppare, non un apparato costoso e burocratico, ma al contrario un sistema caratteristico di una volontà comune.

Quella di risolvere i problemi e di creare opportunità.

Lo stesso futuro del nostro modello contrattuale in un contesto di corresponsabilizzazione dovrà prevedere materie e ambiti affidati a ciascun livello e procedure precise.

Noi lo abbiamo già fatto nel Contratto ma possiamo migliorarlo ancora.

Dovrà saper mettere al centro il consumatore e la qualità del servizio ma allo stesso tempo dovrà garantire ai lavoratori merito, tutele e opportunità di crescita professionale.

In questo senso la qualità del lavoro dovrà trovare nuovo spazio così come il suo riconoscimento, superando logiche legate al vecchio inquadramento professionale.

La formazione dovrà essere riconsiderata per consentire ai lavoratori una maggiore impiegabilità sul mercato del lavoro ed alle imprese di avere a disposizione risorse qualificate.

È necessario anche affrontare i temi inerenti all’andamento delle imprese e agli incrementi di produttività e alla loro distribuzione.

Il legame tra una parte della retribuzione, le performance dell’impresa, la qualità e il contributo espresso dal singolo lavoratore al risultato fino ad arrivare, se ci sono le condizioni, a forme di partecipazione innovative sono impostazioni che non ci colgono affatto impreparati.

Infine sul tema della rappresentanza, l’accordo del 28 giugno tra Confindustria e Sindacati Confederali non è declinabile nel nostro comparto però il problema esiste e dovremo lavorare insieme per trovare soluzioni adeguate.

Così come al Contratto Nazionale spetta il compito di assegnare nuove sfide agli enti bilaterali, soprattutto collegati al mercato e alle politiche attive del lavoro.

In primo luogo la gestione della nuova e importante legge sull’apprendistato sulla quale abbiamo sollevato riserve legate alla necessaria parità di trattamento con altri settori ma che salutiamo come un punto importante per l’avviamento dei giovani al lavoro.

Una buona legge realizzata grazie all’impegno del Governo e del Ministro del Lavoro in particolare che ha avuto il merito di rilanciare un istituto paralizzato da fattori culturali e conflitti istituzionali che spesso hanno creato e creano solo disagi alle imprese e ai giovani in cerca di lavoro.

Inoltre, pensare oggi che il rapporto di lavoro tra impresa e lavoratore si esaurisca, come in passato, nella definizione di comportamenti e di regole all’interno di una singola realtà aziendale significa solo rischiare di rendere obsoleti professionalità e percorsi di crescita e di ingessare il mercato stesso.

Per questo oggi al centro della nostra riflessione ci deve essere il mercato del lavoro, i periodi di transizione tra un posto di lavoro ed un altro, ed il tema della formazione che consenta al lavoratore di muoversi con rapidità quando ciò si renda necessario.

In questo contesto occorre ripensare agli ammortizzatori sociali in una logica nuova, più adatta al terziario e comunque meno legata ad una cultura del lavoro che punta ad assicurare un reddito piuttosto che la capacità di ricerca di nuove opportunità di lavoro.

Pensiamo solo all’impatto sulle aziende e sui lavoratori coinvolti che avrà lo spostamento dell’età pensionabile.

Operazione sicuramente corretta e legittima sul versante previdenziale ma che necessita di interventi sul piano culturale, sociale e di misure idonee di gestione sul versante contributivo, fiscale e contrattuale per evitare che si creino, in futuro, situazioni di grave disagio sociale.

Nello stesso tempo in un mercato del lavoro più orientato al sostegno di chi cerca lavoro, le aziende potrebbero trovare le risorse umane necessarie formate a costi contenuti ed in linea con le proprie necessità.

Altro tema principale riguarda la grande scommessa del welfare contrattuale, sempre meno integrativo e sempre più necessariamente sostitutivo in rapporto al sistema pubblico.

Su questo tema possiamo fare molto, sviluppando iniziative comuni affinché ci venga riconosciuto questo ruolo di erogatori di servizi e si possano ottenere benefici fiscali e contributivi in ragione del fatto che il nostro agire consente allo Stato risparmi non indifferenti.

Previdenza, assistenza sanitaria integrativa e formazione continua già oggi raggiungono milioni di persone e decine di migliaia di aziende.

L’esperienza di EST, di cui ho accennato prima, QUAS per i Quadri, FASDAC per i Dirigenti e a quella in via di rilancio nell’area milanese dell’EMVA, per quel che riguarda i lavoratori autonomi, nell’assistenza sanitaria ci proiettano quali soggetti principali sul mercato del welfare e come esempio per chiunque voglia intraprendere questa strada.

Anche su questo possiamo fare di più e meglio, e per quanto ci riguarda, come CONFCOMMERCIO, vogliamo impegnarci a fondo!

La stessa sensibilità dobbiamo farla crescere sulle tematiche previdenziali, superando l’ipocrisia della volontarietà di adesione ai fondi in un contesto di profondo cambiamento del sistema previdenziale pubblico.

Tutto questo mi fa dire che abbiamo tante cose da fare insieme.

Non partiamo da zero, ma dalla consapevolezza che il nostro sistema può consentire ai lavoratori ed alle imprese di condividere un percorso comune.

Anche perché la cultura antagonista che ha caratterizzato il sistema delle relazioni industriali in alcuni settori da noi non ha mai avuto una prospettiva vera.

Certo. Ci sono interessi diversi che devono trovare una ricomposizione.

L’importanza che il consumatore, la qualità dei servizi, il clima nelle aziende e l’impegno individuale assumono per il nostro settore non sono misurabili con sistemi importati da certe culture e approcci.

Questo ci fa ritenere importanti le potenzialità del nostro sistema bilaterale.

Il recente rinnovo del nostro contratto nazionale, pur in presenza di un dissenso profondo della FILCAMS CGIL, che non lo ha sottoscritto, ha comunque evidenziato una sensibilità ed una capacità di guardare lontano, valorizzando e riaffermando il ruolo del contratto nazionale, delle deroghe che da esso discendono, e dell’ importanza che queste parti sociali danno allo sviluppo della bilateralità.

La stessa recente conclusione del CCNL dei Dirigenti del terziario ha dimostrato, nuovamente, la volontà delle parti di riformare parti importanti del welfare e nello stesso tempo di sperimentarne di nuovi relativi al mercato del lavoro ed alle politiche attive mirate alla ricollocazione di coloro che escono dal mercato del lavoro, per effetto di quelle riorganizzazioni o ristrutturazioni che il mercato di questi tempi richiede.

Ecco, questo è lo spunto con cui noi oggi apriamo questa discussione sapendo che il modello di società che abbiamo in mente deve prevedere spazi per tutti: per i lavoratori autonomi, per le imprese, soprattutto per quelle che la crisi lascia indietro, per il merito e per l’integrazione, per l’assunzione delle responsabilità, ma anche per la condivisione delle stesse.

Speriamo che questa volontà sia colta e che questo ci consenta di guardare al futuro del nostro settore con quell’ottimismo necessario a scuotere ciascuno di noi come parte di una comunità che vuole farcela e non si tira indietro quando ci sono responsabilità da assumere.

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