IL COMMERCIO NEL 1999

IL COMMERCIO NEL 1999

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3 gennaio 2000

Il Commercio nel 1999

 

1.      Il quadro macroeconomico

 

Il 1999 si è chiuso segnalando una tendenza alla ripresa dell’economia italiana, sostenuta principalmente dalla ripresa dei flussi esportativi, conseguenza del miglioramento del quadro congiunturale in Europa.

 

 

CONTO ECONOMICO RISORSE E IMPIEGHI  (prezzi 1995)

(Variazioni %  sul periodo corrispondente)

 

1998

1999

 

 

 

 

ANNO

I Trim.

II Trim.

III Trim.

Media

P.I.L.

1,3

0,9

0,8

1,2

1,0

IMPORTAZIONI

6,1

0,2

3,3

4,4

2,6

CONSUMI FINALI INTERNI

1,6

1,7

1,5

1,3

1,5

Spesa delle famiglie

1,7

1,8

1,4

1,1

1,4

Spesa della P.A. e delle I.S.P.

1,3

1,5

1,8

2,1

1,8

INVESTIMENTI

3,5

1,2

2,7

3,2

2,4

ESPORTAZIONI

1,2

-5,5

-2,4

2,3

-1,9

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT SEC 1995

 

 

Il miglioramento dal lato della domanda estera si è associato ad una evoluzione sostanzialmente contenuta della domanda interna, nel cui ambito si nota un rallentamento della spesa delle famiglie ed una discreta ripresa degli investimenti, dovuta essenzialmente alle costruzioni per effetto degli incentivi alle ristrutturazioni.

 

Ad un andamento sostanzialmente deludente dal punto di vista produttivo, si è contrapposta una evoluzione positiva dell’occupazione aumentata nel ’99 di 256mila unità, il risultato migliore degli ultimi anni.

 

Tale evoluzione ha portato ad un modesto ridimensionamento del tasso di disoccupazione nazionale, conseguenza di andamenti particolarmente divergenti a livello territoriale.

 

 

OCCUPATI PER AREA

(dati in migliaia- variazioni assolute sul periodo corrispondente)

 

1994

1995

1996

1997

1998

1999

NORD

-106

16

89

41

93

180

  Nord ovest

-74

9

40

-2

56

104

  Nord est

-31

7

49

43

36

76

CENTRO

-70

-13

17

14

34

77

SUD

-154

-132

-7

27

101

-1

ITALIA

-330

-128

99

82

228

256

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

 

L’aumento degli occupati riscontrato nell’ultimo anno si è concentrato esclusivamente nel centro-nord dove il tasso di disoccupazione è ormai sceso al 6,5%, mentre nel mezzogiorno la stasi del mercato del lavoro ha determinato un ulteriore aumento del tasso di disoccupazione salito nella media dell’anno al 22%.

 

 

TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER AREA

 

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

NORD

6,2

6,8

6,6

6,4

6,3

6,1

5,4

  Nord ovest

6,6

7,3

7,2

7,2

7,0

6,8

6,0

  Nord est

5,6

6,0

5,7

5,4

5,4

5,1

4,6

CENTRO

8,5

9,4

10,1

9,9

9,8

9,5

9,2

SUD

17,1

18,7

20,4

20,8

21,3

21,9

22,0

 

 

 

 

 

 

 

 

ITALIA

10,1

11,1

11,6

11,6

11,7

11,8

11,4

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

 

A livello settoriale la nuova occupazione è risultata concentrata essenzialmente nel settore dei servizi, al cui interno una evoluzione generalmente positiva ha registrato anche il settore commerciale.

 

Tale evoluzione è derivata essenzialmente dal positivo andamento della componente dipendente, in particolare presso le imprese di più grande dimensione.

 

 

OCCUPATI PER SETTORE DI ATTIVITA’

(dati in migliaia - variazioni assolute sul periodo corrispondente)

 

1998

1999

 

 

 

 

 

ANNO

Gen.

Apr.

Lug.

Ott.

ANNO

 

 

 

 

 

 

 

AGRICOLTURA

-44

-103

-57

-53

-53

-67

INDUSTRIA

70

12

13

39

16

20

ALTRE ATTIVITA'

202

335

305

269

303

303

  Commercio

32

87

31

32

18

42

 

 

 

 

 

 

 

TOTALE

228

244

260

255

266

256

   DIPENDENTI

177

167

267

322

341

274

   INDIPENDENTI

51

77

-6

-67

-75

-17

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

 

Il 1999 si è caratterizzato, in negativo, come un anno di ripresa del processo inflazionistico, con un tasso di crescita dei prezzi al consumo che è passato dall’1,4% del primo trimestre al 2,1% del quarto.

 

Questa evoluzione è stata determinata in larga misura dalla ripresa dei corsi delle materie prime petrolifere, i cui effetti si vanno trasferendo in misura sempre più consistente a tutto il comparto energetico e dei trasporti, e dalla dinamica dei prezzi di alcuni servizi, in particolare si segnala la dinamica dei prezzi delle assicurazioni aumentati in un solo anno di poco meno del 20%.

 

A questa dinamica si è contrapposta l’evoluzione sostanzialmente contenuta dei prezzi di alcuni di alcuni beni, quali gli alimentari ed i mobili e gli articoli da arredamento, confermando il ruolo del commercio nell’attenuare le spinte provenienti dai prezzi all’origine.

 

INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO INTERA COLLETTIVITA’

(Variazioni %  sul periodo corrispondente)

CAPITOLI DI SPESA

1999

 

 

 

 

 

 

I Trim.

II Trim.

III Trim.

Ott.

Nov.

Media

INDICE GENERALE (netto tabacchi)

1,4

1,6

1,8

2,1

2,1

1,7

Prodotti alim. e bevande analcoliche

1,3

1,2

0,6

0,5

0,6

0,9

Bevande alcoliche e tabacchi

3,2

0,7

2,1

2,1

2,1

2,0

Abbigliamento e calzature

2,3

2,1

2,1

2,1

2,1

2,2

Abitazione, acqua, energia

0,3

0,6

1,9

2,7

3,4

1,3

Articoli uso domestico

1.5

1.3

1,4

1,3

1,2

1,4

Sanità e salute

2,4

2,1

2,5

2,5

3,0

2,4

Trasporti

0,7

1,8

2,7

3,9

3,7

2,1

Comunicazioni

-0,2

-1,4

-2,2

-2,4

-3,7

-1,6

Ricreazione, spettacoli e cultura

0,7

0,8

0,6

0,3

0,4

0,6

Istruzione

2,1

2,1

2,2

1,9

2,1

2,1

Alberghi, ristoranti, bar

2,5

2,5

2,7

2,9

2,9

2,6

Altri beni e servizi

1,5

1,7

2,4

3,1

3,3

2,1

Fonte: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT

 

 

2. L’andamento del fatturato

 

Dalla seconda metà degli anni novanta, la spesa delle famiglie per l’acquisto di beni si è attestata su una dinamica molto modesta, appena superiore all’1,0%, fatta eccezione per il 1997, quando gli incentivi governativi alla rottamazione delle auto portarono gli acquisti di mezzi di trasporto oltre il picco massimo toccato nel 1992.

 

Il sensibile ridimensionamento della domanda proveniente dalle famiglie si è ripercosso negativamente proprio sui settori orientati alla domanda interna ed al mercato domestico, come il commercio al dettaglio.

 

Il rallentamento nella spesa delle famiglie per l’acquisto di beni offerti dal sistema distributivo ha accelerato il processo di ristrutturazione della rete di vendita, con l’abbandono del mercato da parte delle imprese marginali del dettaglio tradizionale e la concentrazione di una quota via via crescente del fatturato nelle imprese delle grandi distribuzioni, essenzialmente nel segmento dei beni di largo consumo (grocery).

 

 

Vendite al dettaglio in quantità delle imprese in sede fissa per classi di addetti ( Variazioni %)

Classi di addetti

1997

1998

1999(*)

0 – 2

0.5

1.0

-0.2

3 – 5

0.7

1.1

1.2

6 – 9

1.7

2.6

1.9

10 – 19

2.3

2.1

3.3

20 e oltre

3.3

4.3

5.5

TOTALE

1.2

1.6

1.4

(*) gennaio – ottobre

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT e MOVIMPRESE.

 

 

Se si considera l’andamento del fatturato commerciale in relazione alla dimensione d’impresa, con riferimento cioè al numero di addetti, nel triennio 1997-99 si è progressivamente ampliata la divaricazione tra PMI e grande distribuzione.

 

In particolare, le microimprese (fino a 2 addetti) e le piccole imprese (3 – 5 addetti) evidenziano tassi di crescita modesti delle vendite in quantità, oscillanti tra lo 0,7% e l’1,2%. Per converso, la classe dimensionale 10 – 19 e oltre i 20 addetti mostrano un profilo di crescita sostenuto, fino a superare il 5% relativamente alle grandi superfici come ipermercati e supermercati.

 

 

Vendite al dettaglio in quantità per impresa

(miliardi di lire 1995)

Classi di addetti

1996

1997

1998

1999(a)

0 – 2

0.55

0.56

0.57

0.55

3 – 5

2.04

2.08

2.13

2.06

6 – 9

2.43

2.40

2.39

2.27

10 – 19

5.41

5.38

5.33

5.10

20 e oltre

27.85

27.96

28.25

27.48

TOTALE

1.03

1.05

1.08

1.05

 

variazioni %(b)

0 – 2

 

2.0

2.3

1.6

3 – 5

 

2.2

2.3

3.0

6 – 9

 

-1.1

-0.6

-1.2

10 – 19

 

-0.6

-1.1

0.0

20 e oltre

 

0.4

1.0

2.2

TOTALE

 

2.4

2.7

2.9

(a) gennaio - ottobre

(b) la variazione del 1999 rispetto al 1998 è calcolata su dieci mesi

FONTE: Elaborazioni Centro Studi CONFCOMMERCIO su dati ISTAT e MOVIMPRESE.

 

Tuttavia, dall’analisi del fatturato medio per impresa emergono alcune indicazioni che in parte contrastano con il processo di ridimensionamento delle quote di mercato dei piccoli esercizi commerciali.

 

In altri termini, la razionalizzazione e il riassetto del sistema distributivo per il diffondersi di tipologie di vendita organizzate su grandi superfici hanno determinato una sorta di selezione naturale, che si è tradotta in una sostanziale tenuta delle microimprese (0 – 2 addetti) più efficienti ed in un rafforzamento delle piccole imprese (3 – 5 addetti): per entrambe le classi dimensionali il fatturato medio reale, cioè al netto della variazione dei prezzi, cresce tra il 1997 ed il 1999 ad un tasso medio superiore al 2%.

 

Si tratta, peraltro, della dinamica più sostenuta tra tutte le tipologie dimensionali, considerando che le imprese di media dimensione, cioè tra i 6 ed i 19 addetti, evidenziano una situazione di difficoltà, mentre le grandi strutture (oltre i 20 addetti) si muovono lungo un trend ben più contenuto.

 

È probabile che soprattutto nei segmenti intermedi, cioè relativamente ad alcune tipologie come hard discount, minimarket e supermercati al di sotto dei 1.000 m2, si sia verificata nell’ultimo triennio un eccesso di offerta e quindi una compressione dei relativi margini, con una sostanziale riduzione dei ricavi medi.

 

Il commercio al dettaglio italiano si starebbe dunque evolvendo verso un modello duale: da un lato, le piccole imprese identificabili con i negozi di vicinato che, pur riducendosi nel complesso, mostrano individualmente una grande vitalità ed una capacità di rimanere attivamente sul mercato; dall’altro, le grandi superfici, con ricavi medi per impresa molto elevati in termini di consistenze, ma caratterizzati da una crescita più lenta in termini di dinamica.

 

 

 

3. L’evoluzione delle strutture

 

L’entrata in vigore della riforma del commercio costituisce l’altro fondamentale elemento di modifica del quadro di riferimento per gli effetti che produrrà sull’evoluzione delle strutture distributive, in quanto la normativa prevede un profondo ripensamento delle politiche di insediamento e di sviluppo commerciale.

 

In particolare l’attribuzione alle Regioni ed ai Comuni dei compiti di programmazione e di definizione delle norme che regolano gli insediamenti commerciali, comporterà un cambio di marcia dei processi di sviluppo e tutto questo con una varietà di approcci differenziati su scala regionale, ma anche con un’ulteriore articolazione su scala comunale.

 

Attualmente i ritardi registrati nell’emanazione dei provvedimenti regionali, i problemi legati all’adeguamento degli strumenti urbanistici con la programmazione commerciale, i tempi lunghi previsti affinché i comuni si adeguino alle direttive regionali e la mancata definizione di un regolamento soddisfacente in materia di sottocosto, stanno rallentando il completamento del quadro di riferimento per le imprese, per cui occorre attendere ancora per poter valutare gli effetti reali di questa riforma sul mercato.

 

Sicuramente nell’anno in corso, da quando il Decreto Bersani è entrato in vigore in tutte le sue parti, la vitalità imprenditoriale del settore non sembra aver registrato un trend in controtendenza rispetto ad un passato da anni caratterizzato da un graduale, ma continuo ridimensionamento degli esercizi, soprattutto di piccole dimensioni.

 

Nel corso del 1999, i dati Movimpresa relativi ai primi nove mesi, segnalano per il commercio al dettaglio un saldo negativo di oltre 10 mila imprese, sintesi di 28.288 iscrizioni ai registri camerali e 38.431 cancellazioni, quasi totalmente dovuto alle ditte individuali.

 

 

NATI MORTALITA’ DELLE IMPRESE DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO -1999

 

Iscritte

Cessate

Saldo

1° Trimestre

8.479

17.511

-9.032

2° Trimestre

7.864

9.933

-2.069

3° Trimestre

11.945

10.987

958

Genn.-Sett. ‘99

28.288

38.431

-10.143

Fonte: Elaborazione Centro Studi Confcommercio su dati Movimprese

 

Dopo due trimestri caratterizzati da saldi negativi, è seguito un terzo (luglio-settembre) con un saldo positivo di entità minima che non recupera il peggior andamento precedente e non giustifica le certezze, da più parti manifestate, di essere di fronte ad una inversione di tendenza.

 

Dal punto di vista territoriale il ridimensionamento della rete ha interessato tutte le aree del Paese, con particolare evidenza nel Nord-Ovest ed ha coinvolto tutte le forme giuridiche ad eccezione delle società di capitali.

 

 

NATI MORTALITA’ DELLE IMPRESE DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO 

GENNAIO–SETTEMBRE 1999

 

TOTALE

SOC. CAP.

 

SOC. PERS.

 

DITTE INDIV.

ALTRE FORME

Nord-Ovest

-3.682

-6

-489

-3.184

-3

Nord-Est

-1.947

121

-105

-1.948

-15

Centro

-2.275

14

-305

-1.976

-8

Sud

-2.239

208

81

-2.531

3

ITALIA

-10.143

337

-818

-9.639

-23

Fonte:Elaborazione Centro Studi Confcommercio su dati Movimprese

La crisi delle imprese del dettaglio è un fenomeno non nuovo, peraltro più volte messo in evidenza, che si è sviluppato nel corso degli anni ‘90 con gravi ripercussioni sia dal punto di vista occupazionale, sia per quanto riguarda la riduzione di servizi commerciali, in particolari alimentari, a disposizione dei consumatori in molte zone del paese, già poco servite.

 

Si tenga conto che in questo settore, nel periodo 1995-1998, gli archivi delle Camere di Commercio hanno registrato oltre 250 mila cancellazioni riguardanti soprattutto le ditte individuali.

 

L’incertezza dello scenario di riferimento e le difficoltà che incontrano ancora le imprese impongono, quindi, di individuare tutte le vie percorribili per fermare un esodo che continua a coinvolgere le imprese marginali, ma che in alcuni casi può riguardare anche imprese con una solida cultura imprenditoriale, costrette a chiudere in mancanza di sostegni validi per gli investimenti innovativi.

 

LO SVILUPPO DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE NEL 1998

(var.ass. n. esercizi e mq. rispetto al ’97)

 

Supermercati

Iper

Grandi Magazzini

 

n.es.

Mq.

n.es.

Mq.

n.es.

Mq.

Nord-Ovest

123

130.725

5

40.165

35

66.977

Nord-Est

52

61.364

3

29.080

3

13.843

Centro

112

96.247

-1

3.405

12

30.013

Sud-Isole

156

126.114

4

25.550

17

17.887

Italia

443

414.450

11

98.200

67

128.720

Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Minindustria

 

Per quanto riguarda la grande distribuzione, i dati attualmente disponibili provenienti dal Ministero dell’Industria, registrano a fine ’98 un incremento del 8,1% del numero dei supermercati rispetto all’anno precedente (da 5.449 a 5.892), un incremento del 4,6% degli iper (da 240 a 251) e un incremento del 7,4% dei grandi magazzini (da 904 a 971).

 

In crescita anche la superficie di vendita degli insediamenti di grande dimensione (supermercati, iper e grandi magazzini) disponibile ogni 100 mila abitanti, pari a livello nazionale a oltre 12 mila mq., anche se permane una differenziazione tra le diverse aree territoriali quanto a dotazione di tali strutture.

 

LA DENSITA’ DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE NEL 1998

(Superficie di vendita per 1000 abitanti)

 

1996

1997

1998

Nord-Ovest

12.670

13.093

14.381

Nord-Est

15.672

16.585

17.241

Centro

10.707

11.679

12.800

Sud-Isole

6.535

6.830

7.530

Italia

10.608

11.182

12.115

Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati Minindustria

 

 

4. Le nuove frontiere del commercio

 

4.1. Globalizzazione e concorrenza

 

Nel corso dell’anno i processi legati alla globalizzazione dei mercati hanno impresso un ritmo frenetico alle strategie di molte grandi imprese che operano in Europa ed ha aumentato le iniziative tese sia a rafforzare le posizioni raggiunte in patria e all’estero, sia a ricercare nuovi mercati di sbocco, con contraccolpi anche in Italia.

 

Tra gli esempi più significativi basta ricordare la strategia di avvicinamento in Europa della multinazionale americana Wal-Mart (circa 300 mila miliardi di lire di fatturato) attraverso l’acquisizione di alcune catene di ipermercati tedesche e della catena inglese ASDA operante nel settore dei supermercati, come anche la fusione a carattere difensivo dei francesi Carrefour e Promodès o l’acquisizione da parte del gruppo tedesco REWE della catena austriaca Billa che gestisce diversi punti vendita nel Nord-Est dell’Italia.

 

 

CONFRONTO TRA I FATTURATI  1998 DELLE PIU’ IMPORTANTI IMPRESE

(Miliardi di Lire)

Italia

(Coop,Rinascente,GS,Esselunga)

35.700

 

 

 

 

Germania

(Metro,Rewe,Edeka/Ava,Aldi)

192.600

 

 

 

 

Francia

(Carrefour,Auchan,Leclerc,Promodès)

190.900 *

 

 

 

 

USA

(Wal-MArt)

228.300

                                 (*) Fatturati 1997

                     Fonte: Elaborazioni Centro studi Confcommercio su fonti varie

 

 

L’esito di questo processo in Italia si sta traducendo in un graduale rafforzamento della presenza straniera (soprattutto francese e tedesca) che nel corso dell’anno si è ulteriormente rafforzata grazie a nuove alleanze ed acquisizioni ed ha aumentato le quote di vendita che hanno raggiunto, secondo la Nielsen, il 45% nel canale iper e il 16% nel canale supermecati.

 

Le risposte da parte di imprese italiane a questo scenario sono state solo azioni a carattere difensivo per far crescere la massa critica, concentrare gli acquisti e aumentare il proprio livello competitivo (l’alleanza Coop -Conad è l’ultimo esempio).

 

Che il sistema è in prodonda trasformazione lo si evince anche dalle operazioni di concentrazione di imprese che interessano la distribuzione. Il Rapporto Mergers &Acquisitions della società KPMG, relativo al 1 semestre 1999, ha rilevato 18 operazioni di concentrazione nel settore di cui per 5 casi la società acquirente è stata un’altra impresa della distribuzione, per 4 casi si è trattato di una società del settore finanziario e per altri 4 casi di privati.

 

Rilevante, per gli effetti sull’organizzazione della filiera, l’attività di concentrazione anche nel comparto produttivo del tessile/abbigliamento con 18 operazioni e nell’industria alimentare con 15 operazioni.

 

 

LE CONCENTRAZIONI IN ITALIA

(numero di acquisizioni)

Settori

1998

1 sem. 1999

Distribuzione comm.

19

18

Alimentare

43

15

Tessile/abbigliamento

25

18

Totale

648

331

Fonte: Elaborazione Centro Studi Confcommercio su dati KPMG

 

 

In un periodo di forte innovazione e riorganizzazione del mercato a livello mondiale si ripropone con forza l’esigenza di favorire le imprese italiane che intendono crescere ed ampliarsi e rimanere sul mercato con una propria specificità.

 

Non vanno sottovalutati, inoltre, i rischi di penalizzazione del comparto produttivo agroalimentare italiano in presenza di una forte tendenza delle multinazionali estere operanti nel nostro Paese a centralizzare gli acquisti dei prodotti da immettere nei punti vendita controllati, rifornendosi su mercati esteri.

 

 

4.2. E-commerce

 

La diversità e non omogeneità di fonti  in un campo ancora in evoluzione a ritmi serrati rende difficile avere un quadro completo della diffusione attuale e delle prospettive del fenomeno Internet e, all'interno di esso, del Commercio elettronico.

 

Secondo eStats gli utilizzatori di Internet nel mondo erano nel '98 oltre 95 milioni, e si prevede arrivino a 350 milioni nel 2003. Il giro d'affari del commercio elettronico è stato nel '98 pari a quasi 38 miliardi di dollari, di cui il 25% nel segmento al dettaglio (ossia diretto al consumatore finale); nel 2003 si attende un giro d'affari superiore a 1.240 miliardi di dollari, con un maggior tasso di sviluppo del commercio tra aziende, che dovrebbe raggiungere un peso pari all87% del fatturato, lasciando al commercio al dettaglio solo il 13% del valore totale delle vendite.

 

Secondo alcuni studi le attività legate all'uso di Internet (Internet economy) hanno creato nel solo '98 un milione e 200 mila posti di lavoro.

 

Sotto il profilo della distribuzione territoriale del fenomeno più della metà dell'intero fatturato relativo al commercio elettronico dovrebbe essere registrato nei soli USA sia in termini storici che previsivi.

 

D'altronde la penetrazione del fenomeno Internet negli Stati Uniti è decisamente più consistente: su 267 milioni di abitanti il 18% circa (48 milioni di persone) risultava nel '98 utilizzatore della rete, contro meno di 25 milioni (pari al 6,4%) di europei.

 

Il fatturato del commercio elettronico in Europa è stato, nel '98, pari a 9 mila 600 miliardi di lire, mentre nel 2003 dovrebbe sfiorare i 690 mila miliardi.

 

UTILIZZATORI DELLA RETE E GIRO D'AFFARI DELL'E-COMMERCE

 

Utilizzatori

Fatturato

 

Milioni di persone

Miliardi di dollari

 

1998

2003

1998

2003

Mondo

95

350

38

1.244

U.S.A.

48

n.d.

29

654

Europa

25

n.d.

5

358

Italia (*)

0,8

4,2

0,2

5,7

Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confcommercio su dati eStats eMarket

(*) Databank

 

Anche in Italia il commercio elettronico si sta progressivamente diffondendo, sebbene siamo ancora ad una fase quasi sperimentale. Nel '98 erano stati stimanti (Databank) circa 290 siti per poco meno di 300 miliardi di transazioni. In prospettiva per il 2002 sono attesi circa 4 mila siti attivi per un giro d'affari di oltre 11 mila miliardi di lire.

 

Una recentissima indagine dell'Assintel (le federazione aderente a Confcommercio che rappresenta le imprese che svolgono attività di servizi informatici) ha stimato che il numero di collegamenti Internet del segmento "affari" è stato, nel '98, pari a 246 mila, mentre per il 2002 si prevede che raggiunga il milione e 200 mila unità, pari al 36% delle aziende.

 

Con riferimento alle famiglie il numero dei collegamenti è stato nel '98, secondo la stessa fonte, di 541 mila, cifra che risente della scarsa diffusione dei PC nelle case degli italiani. Infatti, a differenza di altri strumenti tecnologici (si pensi ai telefonini) i computer non hanno avuto finora un massiccio impatto sui consumi: solo un quarto delle famiglie italiane (5 milioni) possiede un PC e solo 1 milione ha anche il modem. Per il 2002, tuttavia le proiezioni stimano che 3 milioni di famiglie (il 15%) avranno un collegamento Internet.

 

Riguardo all’indagine Assintel sulla diffusione dell’e-commerce tra le imprese, si tratta di un campione composto da aziende industriali, del commercio e dei servizi con più di 25 addetti, orientato, per espressa avvertenza degli autori, verso imprese propense agli investimenti in IT.

 

Nell'ultimo anno, ad esempio, la percentuale di imprese con un collegamento ad Internet è passata dal 21% al 34%, con un incremento di oltre il 60%.

 

Dall'indagine emerge che tra le imprese già collegate alla rete alcune stanno sviluppando un progetto di commercio elettronico, che nei casi già realizzati risulta il più delle volte solo di tipo pubblicitario, laddove gli studi più recenti sono maggiormente orientati alla creazione di siti interattivi per gli ordini ed eventualmente anche per il pagamento dei beni on line.

 

I fattori per il successo dell'iniziativa sono risultati soprattutto l'offerta di sicurezza nelle transazioni on line, e la velocità del sito. Importante, anche se in misura minore, curare le relazioni con i visitatori, offrire sul sito contenuti e servizi ed avere un marchio conosciuto.

 

Circa le opportunità di lavoro offerte dal settore, prevale l'opinione di una rimodulazione del personale aziendale nelle diverse figure professionali, anche se una parte delle imprese stima di poter offrire 1-2 posti di lavoro aggiuntivi.

 

 

 

 

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