Il governo ci ripensa? E' di nuovo allarme-Iva...

Il governo ci ripensa? E' di nuovo allarme-Iva...

La visita in Italia del commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn, sembra aver convinto l'esecutivo a rimangiarsi le promesse di non aumentare l'Iva dal primo ottobre. Le posizioni in campo. Il Tesoro studia un riordino delle aliquote. Brunetta ribadisce: "se a ottobre non si riesce ad evitare l'aumento, il governo cade''.

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18 settembre 2013

E' di nuovo allarme-Iva. Dopo le confortanti dichiarazioni dei giorni scorsi di importanti esponenti della maggioranza e del governo (Brunetta, Fassina e Zanonato per tutti), che auspicavano o addirittura annunciavano a giorni un rinvio dell'aumento dell'aliquota previsto per il prossimo primo ottobre, negli ultimi giorni il panorama si è di nuovo fatto più buio. Già il premier Letta lunedì sera aveva frenato ("è una vicenda molto complicata…"), ma l'arrivo in Italia del commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn, sembra aver del tutto cambiato le carte in tavola. Rehn ha infatti ricordato, sia al Parlamento che al ministro Saccomanni, che le raccomandazioni inviate dalla Commissione europea in occasione della chiusura della procedura di infrazione per deficit eccessivo nei confronti dell'Italia indicavano chiaramente di spostare il carico fiscale dalla produzione ai patrimoni e ai consumi. Non a caso, in un'intervista al Mattino il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, ha affermato: "so bene che non si può bloccare l'aumento dell'Iva all'infinito perché è già previsto, ci sono soldi già spesi". Mentre il ministro Graziano Del Rio ha aggiunto che "le risorse per tutto non ci sono'' anche perché ''l'Italia è osservato speciale e sarebbe molto grave che rientrassimo in procedura di infrazione''. Ovviamente si è subito scatenato un fuoco di fila di reazioni, in gran parte di segno negativo. Da una parte della barricata, quella favorevole all'aumento, si sono schierate al momento solo Cisl (per Bonanni "l'Iva può anche aumentare di un punto a patto che vengano abbassate notevolmente le tasse ai lavoratori e ai pensionati e vengano dimezzate alle imprese che investono"), Uil (Angeletti: "siamo interessati ad una riduzione delle tasse sul lavoro in misura significativa. Ed è solo su questo che per noi si gioca la sopravvivenza del governo") e Confindustria (secondo il vicepresidente Fulvio Conti, "per il rilancio dell'economia reale è molto più urgente e necessario ridurre il costo del lavoro e riequilibrare il carico fiscale in busta paga piuttosto che intervenire sulle tasse sui consumi e, dunque, sull'Iva"). Il presidente di quest'ultima, Giorgio Squinzi, ha rincarato la dose: "abbiamo perso gli ultimi sei mesi a parlare di Ici e di Imu, un preavviso di campagna elettorale. Ed ora parliamo di Iva. Credo invece che sia ora di concentrarsi sui problemi veri dell'economia reale". Ma passiamo ora in rapida rassegna l'elenco di chi si è espresso contro l'innalzamento dell'aliquota dal 21 al 22%. Tra le formazioni politiche è assolutamente compatto il Pdl: tra le tante dichiarazioni segnaliamo quelle del presidente dei senatori, Renato Schifani, secondo il quale "l'aumento dell'Iva porterebbe più danni che vantaggi. Più che seguire i consigli dell'Europa,  è tempo di far prevalere il buon senso sulla logica del rigore", mentre il suo omologo alla Camera, Renato Brunetta, ha invitato Letta a smentire l'aumento e a "onorare" gli impegni presi nell'atto di nascita del Governo. "Saccomanni - ha detto - ha il dovere di
prospettare le coperture per gli impegni presi dal Governo e sui quali il governo ha ottenuto la fiducia. Non mi piacciono i suoi diktat. Quindi  se ad ottobre non si riesce ad evitare l'aumento dell'Iva come ci siamo impegnati, il governo cade''. Non mancano le voci critiche anche nel Pd, con il capogruppo  alla Camera, Roberto Speranza, che parla di ''un duro colpo per le famiglie e le imprese che finirebbe per deprimere ulteriormente i consumi" e con i deputati "renziani" Lorenza Bonaccorsi, David Ermini, Federico Gelli e Ernesto Magorno, secondo i quali "l'aumento, dopo aver reperito risorse per la riduzione parziale dell`Imu sarebbe un duro colpo alle fasce più deboli". Il viceministro dell'Economia, Stefano Fassina, da parte sua, per sbloccare l'impasse propone di rivedere l'intervento sull'Imu: "confermiamo la cancellazione per il 90% dei proprietari e lasciamo contribuire il 10% delle abitazioni di maggior valore. Recuperiamo così due miliardi di euro. Un miliardo lo utilizziamo per rinviare l'aumento dell'Iva; un miliardo lo dedichiamo alla deducibilità dell'Imu per i beni strumentali delle imprese". La Lega, per bocca del capogruppo in commissione Lavoro alla Camera, Massimiliano Fedriga, denuncia che l'innalzamento dell'aliquota "provocherebbe la chiusura di migliaia di esercizi commerciali con un conseguente crollo dell`occupazione". Passando al campo più propriamente economico, da segnalare le prese di posizione di Codacons (''aumentare l'Iva non solo avrebbe effetti nefasti sulle famiglie già sul lastrico, ma sarebbe un suicidio anche al fine di risanare i conti pubblici"), Adusbef e Federconsumatori (''operazione dannosa e controproducente, i cui effetti più gravi peseranno sulle famiglie, determinando un'ulteriore contrazione dei consumi''), Cia (''aumento profondamente sbagliato perché l'innalzamento di un punto percentuale dell'imposta andrebbe a coinvolgere circa il 60-70% dei consumi delle famiglie, con un ulteriore effetto depressivo su imprese e cittadini''), Cgia ("se l'aumento non verrà scongiurato, dal primo ottobre il Paese staccherà gli altri competitor, aggiudicandosi la palma del più tartassato dall'Iva tra i principali Paesi dell'area euro"), Centromarca ("l'aumento avrebbe effetti pesantissimi sull'economia italiana, penalizzerebbe il potere d'acquisto delle famiglie e accelererebbe il calo della domanda interna'') e Unioncamere ("l'aumento - ha detto il presidente Ferruccio Dardanello - inciderebbe in modo negativo sui consumi. Il Paese non ne ha bisogno"). Bruxelles, intanto, sembra lavarsene le mani: sull'eventuale aumento  dell'Iva "spetta al governo decidere", ha affermato Simon O'Connor, portavoce del commissario Rehn. In questo quadro, al Tesoro si lavora su una strada che è già segnata per il 2014, ma può diventare la via d'uscita per intervenire anche sul 2013: il riordino delle aliquote, con il passaggio di fascia di alcune merci fra quelle già previste, 4%, 10% e 21%, e l'armonizzazione dell'imposizione su quei prodotti, come il pane, che subiscono diversi tipi di imposta a seconda dei tipi di commercializzazione.

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