Il rinnovo dei punti vendita della distribuzione commerciale

Il rinnovo dei punti vendita della distribuzione commerciale

Roma, 8 novembre 2010

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8 novembre 2010

Il rinnovo dei punti vendita della Distribuzione commerciale: investimenti ed effetti moltiplicativi

 

Sintesi della ricerca ref. per

Confcommercio e Federdistribuzione

Novembre 2010

 

 

 

E’ opinione condivisa dalla comunità accademica e presso il mondo degli affari che la produttività totale, del lavoro e del capitale è influenzata positivamente dall’innovazione. Maggiore produttività implica poi più alti salari, stipendi e redditi d’impresa, i quali ultimi rendono possibili nuovi investimenti. Si tratta di un circuito di crescita che sembra difficile da innescare nel nostro Paese. Da troppo tempo, infatti, il tasso di sviluppo del prodotto interno lordo ristagna, generando presso la pubblica opinione la percezione di un benessere che si riduce progressivamente, anche al di là di quanto testimoniato dai dati statistici.

Il settore dei servizi di mercato vale ormai quasi il 60% del valore aggiunto prodotto. E’ del tutto evidente, quindi, che la spinta alla produttività da esso deve provenire.

Partendo da queste considerazioni di scenario, la ricerca che ref. ha curato per Confcommercio e Federdistribuzione evidenzia l’alto potenziale di attivazione di produzione, valore aggiunto e occupazione implicito in una operazione di ampio respiro sul fronte del rinnovamento dei punti di vendita della distribuzione commerciale, sia la Distribuzione Moderna Organizzata (DMO) sia il dettaglio relazionale (i piccoli negozi di vicinato). Le eventuali politiche pubbliche di agevolazione e di incentivazione agli investimenti possono giocare un ruolo di grande importanza in questo ambito.

L’ammodernamento dei singoli negozi e delle reti distributive, più ancora dell’apertura di nuovi punti vendita, è oggi un elemento strategico per allineare l’offerta del mondo del commercio ai bisogni dei consumatori, e quindi un fattore chiave per sostenere i consumi. Questo punto è sovente trascurato nel dibattito di politica industriale. I mutamenti scio-culturali ed economici modificano le attese e le preferenze dei consumatori. La ricerca di senso, di esperienza e di significati durante gli atti d’acquisto domanda una mutazione del punto di vendita. Le possibilità della tecnologia sono un driver che va sfruttato per rendere il circuito degli scambi tra produttori, distributori e consumatori un processo ad elevata creazione di valore: il consumatore governa questo circuito e deve essere posto al centro di esso.

Proprio nel campo della distribuzione commerciale vi sono una pluralità di fattori che spingono verso politiche di impulso al rinnovamento dei punti di vendita.

Il primo è costituito dal fatto che in non poche regioni si sta giungendo a livelli di elevata penetrazione da parte della DMO. I parametri di offerta di metri quadrati di superfici moderne in molte regioni del Nord sono ormai simili se non superiori a quelli dei Paesi europei più avanzati. Nel complesso del Paese, DMO e dettaglio relazionale (DR), rappresentano un caso virtuoso di offerta articolata e crescente di formule e formati a disposizione dei consumatori.

La seconda considerazione è che si va sempre più diffondendo l’idea che in alcuni territori il livello di antropizzazione, cioè di modifica dell’ambiente naturale da parte delle attività umane, abbia raggiunto livelli di guardia. Non sono pochi gli indizi che questa consapevolezza si vada tramutando in legislazioni di fatto più restrittive circa le nuove autorizzazioni di grandi spazi commerciali.

Infine, rinnovare impianti progettati secondo concezioni tecnologiche oggi superate rappresenta la via immediata per adeguare il parco commerciale alle nuove classi di efficienza energetica. Su questo aspetto le implicazioni sono molto più ampie del mero aspetto tecnologico. In effetti, se il consumo è sempre un atto attraverso cui costruire e comunicare una propria identità di status e socio-culturale, negli elementi che costituiscono tale identità figurerà sempre più un’idea di sostenibilità ambientale, di non spreco.

Non sprecare, recuperare, rinnovare avranno sempre una connotazione �smart� ed entreranno a far parte, più o meno consciamente, dell’immaginario collettivo.

E’ importante incentivare l’efficienza energetica e l’eco-compatibilità degli immobili ad uso abitativo. E’ altrettanto importante curare con attenzione la compatibilità ambientale dell’offerta distributiva.

 

Il parco commerciale della DMO è costituito da circa 20 milioni e mezzo di mq, di cui oltre 14 di GDO operante nel campo alimentare (compresi gli Ipermercati). L’esperienza storica recente, così come registrata anche dalle Associazioni di categoria, mostra un tasso di rinnovo di queste strutture attorno al 7% l’anno. Con un costo di rinnovo al mq. pari a 700 euro per il Food e 600 per il non Food, si ottiene una spesa per rinnovare il parco distributivo della DMO pari a 965 milioni di euro l’anno (tab. 1).

 

Tab. 1 - Rinnovo storico dei punti di vendita della distribuzione commerciale (DMO e DR): metri quadrati, costi unitari e spesa

mq e numero superfici al 2008; euro al 2010

 

tasso annuale di rinnovo dei mq. (%)

rinnovo annuale (migliaia di mq.)

costo al mq.

spesa (milioni di euro)

DMO Food

7,0

996

700

697

DMO non Food

7,0

446

600

268

totale DMO

7,0

1442

669

965

DR Food

5,0

253

550

139

DR non Food

5,0

1277

600

766

totale DR

5,0

1530

592

905

totale distribuzione commerciale

5,8

2972

629

1870

Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio e ref. su dati MSE.

 

Il parco commerciale del DR è costituito da circa 30 milioni e mezzo di mq, di cui circa l’80% è dedicato a specializzazioni nelle aree non Food. Valutazioni approssimative ma attendibili collocano il tasso di rinnovo del parco commerciale del dettaglio relazionale attorno al 5%. Il costo al metro quadrato del rinnovo va dai 550 euro nell’abito Food ai 600 euro dell’area non Food. Sempre da tab. 2 si evince che gli investimenti del DR annuali rivolti al rinnovo dell’offerta commerciale ammontano a circa 900 milioni di euro.

Nel complesso, la distribuzione commerciale (DMO più DR) rinnova il 5,8% dell’offerta ogni anno, effettuando per questa sola voce una spesa di circa 1,9 miliardi di euro. Considerando frazioni di ricambio costanti in valore assoluto nel tempo, l’offerta commerciale si rinnova completamente in un periodo leggermente superiore ai 17 anni.

 

Per capire quali potenzialità di attivazione hanno questi investimenti in innovazione del punto di vendita è necessario entrare nella composizione di tale spesa. Il costo di rinnovo sottende una struttura caratteristica di acquisti, una sorta di “capitolato� di spesa desumibile incrociando le informazioni contenute in alcune statistiche ufficiali con le valutazioni emerse attraverso interviste a qualificati operatori della DMO.

Emergono strutture caratteristiche del costo di rinnovo per i comparti Food e non Food della DMO abbastanza differenziate. Per il comparto Food, pur interessando un vasto numero di beni, le spese si concentrano tuttavia in direzione di 4 industrie: la prima è costituita dalle Opere murarie, l’installazione di impianti elettrici ed idraulici, con circa il 38%. Seguono le Attrezzature per la refrigerazione, surgelamento, pesatura e confezionamento, con il 25%, le Attrezzature per l’illuminazione (10%), gli Arredamenti (9/%). Nel caso del non Food è molto più elevata la quota degli Arredamenti (26%) e di converso più bassa quella delle Attrezzature, ecc. (3%). Fra le due strutture caratteristiche di costo di rinnovo Food e non Food vi è infine un’analogia importante: l’acquisto di Servizi professionali incide in ambedue i casi attorno al 7%.

L’investimento annuale per rinnovare il parco distributivo della DMO è dunque rivolto in prima battuta ad acquisti indirizzati a queste categorie di industrie. L’impulso economico evidentemente non si ferma qui, ma si propaga all’intero sistema economico. Si ha cioè una attivazione successiva di flussi produttivi a partire da una decisione di spesa iniziale (stimolo diretto che si espande all’indotto).

 

Tab. 2 - Effetto del rinnovo dei punti di vendita della distribuzione commerciale(1)

Variazioni assolute in milioni di euro e unità

 

impulso iniziale (milioni di euro)

valore aggiunto (milioni di euro)

occupati (ULA)

DMO

1.000

750

15.417

DR

900

675

13.875

Totale distribuzione commerciale

1.900

1.425

29.292

Fonte: elaborazioni REF su dati di Contabilità nazionale e sulla Matrice input-output

(1) impulso indirizzato inizialmente a produzione nazionale

 

La dimensione intuitivamente più efficace dell’indotto è quella occupazionale. In altri termini, anche se l’occupazione direttamente attivata da una certa decisione di spesa può apparire limitata, tenendo conto del complesso di beni intermedi necessari, il risultato globale diviene affatto diverso. Nel determinare l’entità dell’effetto occupazionale complessivo intervengono fenomeni come l’intensità di lavoro delle varie produzioni implicate, nonché la loro propensione ad importare quanto necessario.

Diversamente da altri settori, come per esempio quello automobilistico, la produzione attivata dagli investimenti del commercio, sia della DMO che del DR, si rivolge a imprese in larghissima parte italiane. Ad esempio, approssimando a un miliardo di euro l’investimento annuale della DMO per il rinnovo dei punti di vendita,  a fronte di tale cifra iniziale la produzione nazionale attivata è quasi doppia, aggirandosi sui 2 miliardi ed interessando pressoché l’intero sistema economico. Circa 200 milioni vengono indirizzati all’estero verso produzione importata. Il rinnovo dei punti vendita è quindi un’attività di investimento che tende a far uscire dal circuito nazionale una quota contenuta di quanto viene attivato, cioè solo il 10%.

Gli effetti di maggiore valenza, che logicamente seguono tale “propagazione�, sono quelli di incremento del valore aggiunto e del connesso contenuto occupazionale. La spesa iniziale per beni finali d’investimento, pari ad un miliardo di euro, si riflette in 750 milioni di valore aggiunto solo attraverso il circuito attivato dalla DMO. L’elasticità del valore aggiunto a questa composizione di spesa è quindi elevata. Allo stesso modo, e sempre con riferimento alla spesa per beni finali d’investimento generata dalla DMO, l’indotto occupazionale complessivo è rilevante, determinandosi in oltre 15.000 unità di lavoro a tempo pieno. Le categorie occupazionali principalmente interessate sono quelle delle Costruzioni e quelle dei Servizi professionali, quindi con un diffuso ventaglio di specializzazioni.

Analogamente, appaiono rilevanti gli effetti moltiplicativi sviluppati dagli investimenti per il rinnovo dei punti di vendita effettuati dal DR (tab. 2). I 900 milioni annui di spesa generano valore aggiunto incrementale pari a 675 milioni di euro che domandano all’intera economia, attraverso i consueti canali di propagazione domanda-produzione sintetizzati dalle tavole intersettoriali, circa 14.000 addetti a tempo pieno (ULA).

Nel complesso, dunque, il consueto rinnovo annuale (medio) dei punti di vendita del commercio al dettaglio, pari al 5,8% dell’offerta commerciale complessiva (tab. 1), determina, a fronte di una domanda di investimenti pari a circa 1,9 miliardi di euro, un valore aggiunto incrementale (Pil) pari a più di 1,4 miliardi di euro con un indotto occupazionale che supera i 29.000 addetti annuali a tempo pieno (tab. 2).

In definitiva, si può affermare che il rinnovo dei punti vendita è una tipologia di spesa per investimento caratterizzata da:

- elevata attivazione di produzione interna;

- alto coinvolgimento di imprese, artigiani e professionisti “locali�;

- forte contenuto occupazionale.

 

Come elemento di raffronto, la spesa di rinnovo dei punti vendita dell’intero comparto del commercio può essere paragonato (tab. 3) a quanto avverrebbe in seguito ad ipotetici “interventi monosettoriali�, cioè a spese di eguale ammontare (poco meno di due miliardi di euro) indirizzate ad un unico settore.

 

Tab. 3 - Effetto di interventi monosettoriali(1)

Variazioni assolute in milioni di euro e unità

 

impulso iniziale (milioni di euro)

valore aggiunto (milioni di euro)

occupati (ULA)

Costruzioni

1.900

1.575

34.580

Commercio

1.900

1.425

29.292

Mobili

1.900

1.269

26.915

Autoveicoli

1.900

1.123

22.078

Computer e macchine per ufficio

1.900

1.121

19.610

Fonte: elaborazioni REF su dati di Contabilità nazionale e sulla Matrice input-output

(1) Impulso indirizzato inizialmente a produzione nazionale

 

 

Nel complesso, l’effetto per il Paese in termini di generazione di valore aggiunto e occupazione incrementali risulta, dunque, ben superiore per il Commercio rispetto al settore dell’Arredamento, a quello delle Automobili, oppure a quello delle Attrezzature informatiche mentre solo il mondo delle Costruzioni, tra quelli presi in esame, presenta risultati superiori.

Per le elevate ripercussioni sul complesso dell’economia, quindi, misure di politica economica tese a dare impulso al rinnovo del parco commerciale meritano una speciale attenzione. E la ricerca di strumenti per aiutare l’uscita dalla crisi verso strade a maggiore sostenibilità complessiva, in particolare sotto il profilo ambientale, potrebbe passare proprio attraverso uno stimolo al rinnovo delle strutture distributive.

L’Italia ha adottato, anche nel recente passato, provvedimenti per incrementare il tasso d’investimento, anche mediante la leva fiscale. Nell’ambito delle misure anti-crisi approvate nel 2009 e i cui effetti si sono esauriti nel giugno 2010, proprio il sostegno agli investimenti assume un’importanza prioritaria nella direzione di migliorare l’efficienza del capitale attraverso l’innovazione e la sostituzione di fattori di produzione obsoleti, con un livello di produttività inadeguato oppure con un grado di efficienza energetica non coerente con le direttive comunitarie.

E’ quindi tempo di riflettere sull’utilità di rifinanziare e di estendere le misure di sostegno agli investimenti. L’estensione dovrebbe riguardare anche altri fattori di produzione (come, per esempio, gli arredi e le vetrine, i computer, il software).

I benefici dell’accumulazione qualificata sono appannaggio dell’intera collettività attraverso il conseguente incremento del prodotto potenziale e quindi di quello effettivo.

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