In Umbria "resiste" l'impresa famiglia
In Umbria "resiste" l'impresa famiglia
La crisi finanziaria, che si è scatenata sui mercati mondiali nell’autunno del 2008, ha continuato, per tutto il 2009, ad esercitare il suo influsso sull’economia reale. In Umbria, le imprese del commercio, del turismo e dei servizi hanno avvertito pesantemente i morsi della crisi, aggravata anche da un sistema bancario non all’altezza dell’emergenza, da un livello troppo elevato di tasse, tariffe e contribuzioni (che pesa sempre di più anche sul potere d’acquisto delle famiglie) e da un alto costo della burocrazia amministrativa – ma, sebbene costrette a limare tutti i costi aziendali, non hanno rinunciato a fare investimenti (nel 30% dei casi) ed emerge anche una percentuale di imprenditori (il 23%) che vedono nella crisi un momento ideale o favorevole per svolte determinanti per la propria attività e che quindi pensano o vorrebbero provare ad investire o innovare. Le tensioni sul fronte del lavoro sono mitigate dalla dimensione e struttura delle aziende. L’”impresa – famiglia”, insomma risulta ancora una volta decisiva per consentire, complessivamente, al sistema delle piccole imprese di fronteggiare la crisi, contenendo per quanto è possibile il costo del lavoro. Sono alcuni degli elementi che emergono dal tradizionale Rapporto di fine anno, redatto dalla Confcommercio della provincia di Perugia, e presentato nel corso di una conferenza stampa da Giorgio Mencaroni, presidente della organizzazione. In Umbria, le imprese che hanno da uno a nove addetti sono il 95,15% del totale, una quota che supera, sia pure di poco, il dato medio nazionale e del Centro Italia. E’ grazie a questo esercito di piccole e piccolissime imprese – sostiene Confcommercio – se l’economia umbra continua a reggere. Su queste imprese occorre investire, avendo anche il coraggio di rompere gli schemi consueti e lavorando a modelli di sviluppo innovativi. Anche per dare fiducia alle molte imprese che nel giudicare l’attuale situazione della propria azienda, affermano, nel 35% dei casi, di essere costrette a “navigare a vista”. Secondo l’indagine Confcommercio - condotta su un campione di 300 imprese del commercio, turismo e servizi – il 2009 vede l’aumento delle imprese che si sentono fortemente danneggiate dalla crisi, che passano dal 18% del 2008 al 27% del 2009. Pressoché invariate le percentuali delle aziende il cui danno è minore o nullo. Alto, medio o basso che sia, il danno è comunque evidente per le imprese commerciali, turistiche e dei servizi, e complessivamente un 82% di aziende di sente danneggiata economicamente. Fatturato, investimenti e occupazione sono gli indicatori che confermano il dato della preoccupazione degli imprenditori umbri. E’ salita al 57% (dal 28% del 2005 e dal 55% del 2008) la percentuale di imprenditori che prevedono una diminuzione di fatturato rispetto all’anno precedente. Sono in calo anche gli investimenti, anche se c’è un significativo 30% (era il 40% nel 2007) di imprese che non si sono lasciate scoraggiare dalle difficoltà e che hanno continuato ad investire. Sul fronte del lavoro, le imprese faticano a rinnovare i contratti a termine e le collaborazioni e iniziano ad avvalersi della cassa integrazione in deroga, uno strumento che comunque denuncia tutti i suoi limiti per le piccole imprese e soprattutto per quelle del terziario. Solo l’8% delle imprese intervistate ha potuto effettuare nuovi inserimenti lavorativi (erano il 30% nel 2007). Confcommercio dedica uno spazio specifico dell’indagine di fine anno al rapporto tra imprese e sistema del credito, nodo strategico per il rilancio dell’economia. Il 51% degli imprenditori intervistati ha dichiarato che il sistema bancario non ha fatto il suo dovere per aiutare le imprese a fronteggiare la crisi. Un giudizio confermato dai dati relativi alla reattività del sistema del credito alle esigenze imprenditoriali: rispetto al 2008 aumenta, infatti, sia la piccola quota di chi ritiene le banche flessibili e rapide (dal 10% al 15%), sia, e sono purtroppo la maggioranza, la percentuale di chi giudica il sistema bancario lento e burocratico (dal 50% del 2008 al più pesante 53% del 2009).