In Umbria "resiste" l'impresa famiglia

In Umbria "resiste" l'impresa famiglia

Il presidente di Confcommercio Perugia, Giorgio Mencaroni, ha presentato il Rapporto di fine anno. "In Umbria la crisi morde anche il terziario. Riesce a reggere l'impresa-famiglia ed il sistema del credito non è all'altezza".

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10 dicembre 2009
La crisi finanziaria, che si è scatenata sui mercati mondiali nell’autunno del 2008, ha continuato, per tutto il 2009, ad eser

La crisi finanziaria, che si è scatenata sui mercati mondiali nell’autunno del 2008, ha continuato, per tutto il 2009, ad esercitare il suo influsso sull’economia reale. In Umbria, le imprese del commercio, del turismo e dei servizi hanno avvertito pesantemente i morsi della crisi, aggravata anche da un sistema bancario non all’altezza dell’emergenza, da un livello troppo elevato di tasse, tariffe e contribuzioni (che pesa sempre di più anche sul potere d’acquisto delle famiglie) e da un alto costo della burocrazia amministrativa – ma, sebbene costrette a limare tutti i costi aziendali, non hanno rinunciato a fare investimenti (nel 30% dei casi) ed emerge anche una percentuale di imprenditori (il 23%) che vedono nella crisi un momento ideale o favorevole per svolte determinanti per la propria attività e che quindi pensano o vorrebbero provare ad investire o innovare.  Le tensioni sul fronte del lavoro sono mitigate dalla dimensione e struttura delle aziende. L’”impresa – famiglia”, insomma risulta ancora una volta decisiva per consentire, complessivamente, al sistema delle piccole imprese di fronteggiare la crisi, contenendo per quanto è possibile il costo del lavoro. Sono alcuni degli elementi che emergono dal tradizionale Rapporto di fine anno, redatto dalla Confcommercio della provincia di Perugia, e presentato nel corso di una conferenza stampa da Giorgio Mencaroni, presidente della organizzazione. In Umbria, le imprese che hanno da uno a nove addetti sono il 95,15% del totale, una quota che supera, sia pure di poco, il dato medio nazionale e del Centro Italia. E’ grazie a questo esercito di piccole e piccolissime imprese – sostiene Confcommercio – se l’economia umbra continua a reggere. Su queste imprese occorre investire, avendo anche il coraggio di rompere gli schemi consueti e lavorando a modelli di sviluppo innovativi. Anche per dare fiducia alle molte imprese che nel giudicare l’attuale situazione della propria azienda, affermano, nel 35% dei casi, di essere costrette a “navigare a vista”. Secondo l’indagine Confcommercio - condotta su un campione di 300 imprese del commercio, turismo e servizi – il 2009 vede l’aumento delle imprese che si sentono fortemente danneggiate dalla crisi, che passano dal 18% del 2008 al 27% del 2009. Pressoché invariate le percentuali delle aziende il cui danno è minore o nullo. Alto, medio o basso che sia, il danno è comunque evidente per le imprese commerciali, turistiche e dei servizi, e complessivamente un 82% di aziende di sente danneggiata economicamente. Fatturato, investimenti e occupazione sono gli indicatori che confermano il dato della preoccupazione degli imprenditori umbri. E’ salita al 57% (dal 28% del 2005 e dal 55% del 2008) la percentuale di imprenditori che prevedono una diminuzione di fatturato rispetto all’anno precedente. Sono in calo anche gli investimenti, anche se c’è un significativo 30% (era il 40% nel 2007) di imprese che non si sono lasciate scoraggiare dalle difficoltà e che hanno continuato ad investire. Sul fronte del lavoro, le imprese faticano a rinnovare i contratti a termine e le collaborazioni e iniziano ad avvalersi della cassa integrazione in deroga, uno strumento che comunque denuncia tutti i suoi limiti per le piccole imprese e soprattutto per quelle del terziario. Solo l’8% delle imprese intervistate ha potuto effettuare nuovi inserimenti lavorativi (erano il 30% nel 2007). Confcommercio dedica uno spazio specifico dell’indagine di fine anno al rapporto tra imprese e sistema del credito, nodo strategico per il rilancio dell’economia. Il 51% degli imprenditori intervistati ha dichiarato che il sistema bancario non ha fatto il suo dovere per aiutare le imprese a fronteggiare la crisi.  Un giudizio confermato dai dati relativi alla reattività del sistema del credito alle esigenze imprenditoriali: rispetto al 2008 aumenta, infatti, sia la piccola quota di chi ritiene le banche flessibili e rapide (dal 10% al 15%), sia, e sono purtroppo la maggioranza, la percentuale di chi giudica il sistema bancario lento e burocratico (dal 50% del 2008 al più pesante 53% del 2009).  

 

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