INAUGURAZIONE ANNO ACCAD. 1999-2000 LINK CAMPUS

INAUGURAZIONE ANNO ACCAD. 1999-2000 LINK CAMPUS

ROMA, 23 NOVEMBRE 1999 (testo integrale)

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24 novembre 1999
Proviamo per un momento ad immaginare lo scenario dell'Italia del 2000, di quel domani cioè che, in gran parte, è già oggi

Proviamo per un momento ad immaginare lo scenario dell'Italia del 2000, di quel domani cioè che, in gran parte, è già oggi.

Perchè possa restare competitivo non solo all'interno dell'area dell'Euro ma anche sui mercati mondiali il nostro paese deve affrontare e risolvere almeno tre ordini di problemi di massima importanza e tra i quali è addirittura difficile stabilire un reale criterio di priorità.

Il primo è il grado di competitività che, in questo contesto, riusciranno a mantenere le nostre imprese.

Non è certo un mistero che oggi questa competitività è scarsa, addirittura inesistente in alcuni settori, troppo precaria in altri.

I motivi - tra i quali sottolineerei anche la mancanza di una sostanziale riforma del sistema-Stato - li conoscete, li conosciamo da tempo tutti, eppure la loro periodica, sempre più frequente enunciazione, i dibattiti che su di essi si svolgono, la serie di moniti che su questo versante vengono espressi anche da autorevoli fonti internazionali quali l'Ocse, il Fondo monetario, le stesse strutture comunitarie non stanno producendo gli effetti desiderati.

Che poi questa insufficiente competitività sia strumentalizzata dal dibattito politico, fin troppo enfatizzata ed esasperata da alcuni, mascherata fin troppo da altri, non modifica l'entità del problema che resta reale, quotidiano, preoccupante.

Questa scarsa competitività ha anche altre cause fin troppo note che, sempre di più intrecciandosi tra loro, fanno quello che un elettricista chiamerebbe un corto circuito: da un lato, un insufficiente processo di liberalizzazione del mercato e delle strutture che, in esso, operano, dall'altro, una pressione fiscale sulle imprese troppo elevata anche perchè non compensata, come avviene, invece, nei paesi che più direttamente competono con noi, da supporti e infrastrutture degni di questo nome.

Ma non sono soltanto questi gli anelli deboli della catena.

Ce ne è un terzo, assai debole anch'esso, assai strutturale anch'esso, che complica ancor più le cose.

Parlo del problema della formazione e, per entrare ancor più nello specifico, dell'assenza, in Italia, di rapporti strutturali tra università e mondo delle imprese.

Recenti statistiche dicono che il 45% dei laureati che esce oggi dalle nostre Università non riesce a trovare, in tempi ragionevolmente brevi, sbocchi adeguati nel mondo del lavoro.

C'è di più: il 60% degli studenti, che decidono di lasciare prima della laurea i corsi universitari, lo fanno perchè avvertono l'impossibilità di trovare, nel mercato del lavoro, un'attività che sia per lo meno affine agli studi che avevano deciso di intraprendere.

É come se i treni formativi procedessero su binari che hanno uno scartamento diverso da quelli del mondo del lavoro: occorre tra gli uni e gli altri un sempre difficile, talvolta impossibile trasbordo. E chi scende dai treni del primo deve fare spesso interminabili soste per prendere i treni del secondo.

Eppure la competizione ha bisogno come il pane di una struttura professionale forte.

Eppure, senza qualificate fondamenta culturali, il mondo delle imprese rischia di avere i piedi di argilla e quindi di essere anche per questo scarsamente competitivo e di non poter realizzare strategie a lungo termine.

L'impresa oggi sa bene che la qualità della risorsa umana può essere, insieme con altri, un fattore importante, forse decisivo per il suo successo.

In Italia - è inutile nasconderlo - lo abbiamo capito tardi. E a farne le spese non sono solo le decine di migliaia di giovani che, uscendo dalle università con un diploma in tasca, si sono trovati nel deserto andando ad infoltire una già larga schiera di disoccupati, ma anche le imprese costrette spesso a ridimensionare programmi ed investimenti non essendo riusciti a trovare nelle strutture formative di questo paese il personale di cui avevano assoluto bisogno.

In molti casi, per supplire a questa carenza, sono andati a cercarsi questi giovani all'estero e questo aggiunge il danno alla beffa.

La verità è che le nostre strutture universitarie, nonostante i progressi compiuti in questi anni, sono ancora anni luce indietro rispetto a quelle che sono ormai diventate le insopprimibili esigenze di un mercato globale, tecnologicamente avanzato, che richiede una preparazione e qualità professionali ben diverse da quelle che sembravano sufficienti solo dieci, quindici anni fa.

La consapevolezza di questa necessità rende necessaria la presenza dell'impresa nei processi formativi.

É già accaduto in altri paesi, deve cominciare ad accadere anche da noi.

Non si tratta di sovrapporre o di confondere i due ruoli che restano assolutamente distinti e autonomi, ma di riconoscere che, senza una reciproca, feconda, continua interazione tra questi due mondi, la formazione , in molte aree professionali, rischia di essere fine a sè stessa, anticamera di quella disoccupazione che oggi purtroppo, in Italia, tocchiamo con mano.

E viene svilita e mortificata anche l'impresa che non riesce a trovare nel mercato sotto casa i giovani che le servono per far fare un salto di qualità alla sua struttura.

Ecco, in sintesi, i motivi per i quali noi oggi siamo qui.

Ecco i motivi che hanno portato alla costituzione della Link University Association che ha già avuto il riconoscimento da parte dello Stato italiano e intende lavorare non solo per promuovere l'immagine di strumento innovativo nei processi di formazione accademica ma intende anche operare come ponte, come ponte reale tra mondo delle imprese e università.

Io credo che sia un esperimento destinato ad avere successo. I giovani non cercano altro, le imprese non cercano altro.

Il mercato, se vuol puntare allo sviluppo e alla competizione, non può avere un obiettivo diverso da questo, cioè quello di fare perno, per la realizzazione dei loro progetti, su quadri professionalmente più qualificati e idonei.

Mi sembra che, con il programma che si è dato, la Link University parta dunque con il piede giusto.

La Link si propone di sostenere un progetto universitario internazionale volto a realizzare una più qualificata diffusione della cultura nazionale e comunitaria ma anche e soprattutto di promuovere un tipo di formazione che consenta ai giovani di assumere responsabilità di gestione nell'organizzazione delle imprese, nelle sempre più complesse aree di marketing, nel settore multimediale e dell'applicazione tecnologica, nel sempre più variegato mondo della finanza.

Solo dando corpo a questo genere di iniziative e solo aprendo le porte alle più ampie esperienze internazionali le nostre imprese possono pensare di farcela conservando le loro peculiarità. E solo così, i giovani di domani, potranno evitare il deserto dei tartari.

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