Incontro con il Presidente Silvio Berlusconi

Incontro con il Presidente Silvio Berlusconi

Consiglio GeneraleRoma, 29 Ottobre 2008

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29 ottobre 2008
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Incontro con il Presidente Silvio Berlusconi

 

Consiglio Generale

 

Roma, 29 Ottobre 2008

 

 

Caro Presidente,

anzitutto, il mio, il nostro ringraziamento per avere accettato l’invito all’incontro con il Consiglio di Confcommercio, cioè con chi rappresenta larga parte di quell’economia dei servizi che oggi contribuisce alla formazione del Pil e dell’occupazione del nostro Paese per ben più del 40%.

E’ un ringraziamento sincero e motivato.

Perché consideriamo questo incontro un tassello importante di una fase di rafforzato confronto tra Governo, forze sociali, sistema bancario, che, sul piano metodologico, ci sembra assolutamente necessario per affrontare con maggiore coesione tanto la crisi del sistema bancario e finanziario, quanto e soprattutto il suo impatto sull’economia reale.

E’ vero, infatti, che il nostro sistema bancario e finanziario, per le sue caratteristiche tradizionalmente più conservative, appare comparativamente più solido rispetto a quello europeo e statunitense.

E’ vero ed è un bene.

Ma i “fondamentali” dell’economia italiana vanno assolutamente tenuti ben presenti sia per leggere correttamente l’impatto della crisi finanziaria sull’economia reale, sia – e soprattutto – per costruire una risposta adeguata alla crisi.

In particolare, uno scenario di marcato rallentamento della crescita su scala globale è destinato ad avere forti ripercussioni sulle caratteristiche di lungo periodo del nostro sistema produttivo.

Tanto sulle “multinazionali tascabili” vocate all’export e fortemente connesse agli andamenti della congiuntura su scala internazionale, quanto sulle imprese che operano sul mercato interno e che si confrontano con una persistente e crescente debolezza dei consumi.

La debolezza della domanda interna, ed in particolare dei consumi delle famiglie, era e resta il vero “tallone d’Achille” dell’economia italiana.

Un “tallone d’Achille” che – insieme ai tanti capitoli dell’agenda della competitività difficile del nostro Paese – motiva, del resto, un divario di crescita, ormai di lungo periodo, rispetto alle medie dell’Unione europea.

Per questo - dopo il tempo delle giuste, delle necessarie risposte urgenti all’emergenza della crisi finanziaria – bisognerà, ora, dedicare straordinaria attenzione ed impegno alla mobilitazione di tutte le politiche e di tutti gli strumenti utili a far ingranare al nostro Paese il passo di marcia di una crescita più robusta e di migliore qualità.

E’ stato, allora, un bene che il Governo abbia varato per tempo, già prima della pausa estiva, un piano triennale di stabilizzazione dei conti pubblici, mantenendo saldo l’obiettivo della riduzione del deficit e del debito pubblico attraverso un impegnativo programma di riduzione delle spese.

Ci ha reso più credibili, più solidi nel confronto con l’onda d’urto della crisi del capitalismo finanziario.

Una credibilità, una solidità che – va ricordato – ha anche consentito all’Italia di svolgere un ruolo di primo piano, affinché l’Europa si muovesse in maniera coordinata, mettendo sul piatto anche le garanzie dell’intervento degli Stati a tutela del risparmio, delle banche e dei prestiti interbancari. 

Bisogna, però, andare avanti, guardando proprio all’impatto della crisi finanziaria sull’economia reale.

Andare avanti in maniera coordinata in Europa. E, cioè e in concreto, non esitando a procedere ad ulteriori riduzioni del costo del denaro e praticando, in generale, una lettura più espansiva del Patto di Stabilità e di Crescita.

Rendendo così agibili sia misure di riduzione della pressione fiscale, sia il finanziamento di investimenti in infrastrutture.

La questione, in altri termini, non è quella di allentare il rigore sui conti pubblici. Sui conti pubblici, sulla spesa corrente e su tanta spesa pubblica improduttiva, bisogna invece essere più che mai rigorosi.

Proprio perché è in questo modo che si legittima, che si rende credibile e produttiva una politica economica più espansiva ed antirecessiva.

Il che, ovviamente, è particolarmente necessario in un’Italia, che nel 2007 – lo ha ricordato l’OCSE qualche giorno fa – si è collocata al sesto posto nella classifica mondiale dei paesi con la maggiore pressione fiscale.

Per queste ragioni, pensiamo che bisogna continuare a lavorare per costruire condizioni di riduzione strutturale della pressione fiscale: controllando, ristrutturando e riqualificando, riducendo la spesa pubblica improduttiva; recuperando evasione ed elusione; integrando il principio del pagare tutti per pagare meno con quello del pagare meno per pagare tutti; attuando un federalismo fiscale all’insegna del principio di responsabilità nella spesa e nella tassazione.

Ma intanto, qui ed ora, è anche il momento di confermare e rafforzare le misure di riduzione del prelievo fiscale su straordinari, premi e sulla redistribuzione degli incrementi di produttività e di verificare la praticabilità di misure di alleggerimento della tassazione sulle tredicesime.

Certo, la detassazione totale delle tredicesime costerebbe tra gli otto ed i nove miliardi di euro. Ma, a fronte di questo costo, oltre 5 miliardi si tradurrebbero in consumi, migliorando il loro andamento tendenziale di un buon mezzo punto.

Siamo gente concreta, caro Presidente.

Concreta ed abituata a far di conto.

Concreta e che non vuole certamente “scassare” i conti pubblici.

Per questo, semplicemente diciamo: verifichiamo, ma non esitiamo a valorizzare ogni margine di manovra disponibile.

Sarebbe davvero un intervento importante: per i lavoratori e le famiglie e per tutte le imprese, produttrici o distributive che esse siano.

Una specifica attenzione andrà inoltre dedicata al tema dei rapporti tra banche e imprese, tra banche e PMI.

Rafforzando il sistema dei consorzi di garanzia fidi e prevedendo, anche per i prestiti erogati per loro tramite, l’attivazione della garanzia “sovrana” dello Stato.

Emergono già, infatti, segnali significativi di difficoltà di accesso al credito, di richieste di rientri anticipati, di inasprimento dei tassi.

E, invece, oggi più che mai è necessaria maggiore collaborazione, maggiore cooperazione tra banca e impresa.

Ed è, infatti, questo il tema che abbiamo iniziato ad istruire sia in occasione dell’incontro con l’ABI della scorsa settimana, così come ci parrebbe utile l’istituzione – lo ripeto – di una cabina di monitoraggio della crisi, che veda la partecipazione dello stesso Esecutivo, delle parti sociali, del sistema bancario.

Insomma, un tavolo di lavoro per verificare e per mettere in campo, oltre gli interventi che ho fin qui ricordato, misure come:

-             la deducibilità per l’acquisto di beni di consumo durevoli, la detassazione degli utili reinvestiti ed i crediti d’imposta sugli investimenti, anche con finalità di efficientamento energetico;

-             gli ammortamenti anticipati;

-             la deducibilità degli oneri finanziari;

-             la riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e la tempestività dei rimborsi fiscali;

-             l’adeguata valutazione dell’impatto della crisi in sede di studi di settore.

Confronto serrato, coesione e responsabilità, dunque, come condizione di metodo per fronteggiare e superare la crisi.

Forse, sono davvero queste le prime regole da condividere dopo una crisi del capitalismo finanziario, che – per dirla con Giulio Tremonti – ci ha fatto scoprire che “abbiamo regole che non ci servono, ma non abbiamo quelle che ci servono”.

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